mercoledì 6 giugno 2007

TUTTO IL SENSO DELLA VITA


Il senso della vita. Quanto più si legge, si approfondisce e si riflette, tanto più ci si rende conto che è stato già detto e scritto tutto. Non facciamo altro che riproporci interrogativi ed affrontare dilemmi che sono sempre gli stessi; nonostante il progresso scientifico allarghi l’area delle nostre conoscenze, alla fin fine ci troviamo di fronte alle stesse questioni senza riuscire a darci una risposta plausibile o perlomeno sufficiente. Così c’è chi si ostina a perseguire il suo scopo divorando libri e avventurandosi in dibattiti sempre più complessi e chi, invece, getta subito la spugna accantonando la questione per dedicarsi a cose che non spiegano nulla ma, almeno, rendono la vita più sopportabile. Resta un mistero come una serata in discoteca o una giornata sulla riviera romagnola rendano la vita più sopportabile, ma sui gusti individuali non si deve sindacare poiché la perversione umana non ha limiti, basta vedere chi siede in parlamento per convincersene.
L’uomo occidentale (ma ora questa cultura è diffusa a livello planetario) è ingabbiato nella ferrea logica del principio causa-effetto e nella convinzione che esista sempre la Verità; egli è sicuro che esista una realtà oggettiva, un “fuori dal sé” oggettivamente configurato e valido per tutti. Questa visione aristotelica della realtà porta inevitabilmente a pensare che anche il senso della vita, il suo significato profondo, sia valido per tutti, per tutta l’umanità. Nonostante Einstein ci abbia dimostrato che le nostre percezioni sono relative e che persino la realtà è illusoria, continuiamo a masticare falsi luoghi comuni del tipo: “la matematica non è un’opinione” o “fatti incontrovertibili”. Ancora una volta emerge prepotente il delirio di onnipotenza che alberga in ciascuno di noi; la pretesa di comprendere e di manipolare ogni cosa è condensata nella famosa frase “volere è potere”, che in realtà è una bestemmia, tanto spesso inculcata alle giovani generazioni senza riflettere sulle pericolose implicazioni che essa comporta. Ci illudiamo che il superuomo determinato e volitivo possa fare ciò che vuole, fino a quando un cancro alla prostata o un camionista ubriaco non avranno deciso che debba soccombere. In realtà la nostra vita assomiglia molto a quei piccoli formicai, creati con lavoro alacre in un paio di giorni e completamente distrutti dalla scarpa distratta ed egoista di un umano frettoloso. Come possiamo pensare di poter trovare risposte certe quando è sufficiente una delusione d’amore a gettarci nella disperazione più cupa e a sconvolgere le nostre certezze, costruite in anni di vita ed esperienze? E che dire quando le sublimi architetture del nostro pensiero vengono messe in crisi, fino a sentire un senso di morte imminente, a causa di una cozza avariata? Per non parlare di quelle dolci, tremende domande che può fare solo un bambino e alle quali non sappiamo rispondere.
Le uniche volte in cui ci sembra di aver colto il senso della vita è stato quando lo abbiamo “sentito”, lo abbiamo percepito per pochi istanti senza alcuna mediazione razionale guardando negli occhi la persona amata, contemplando un paesaggio o gustando un bicchiere di vino. Abbiamo avuto la fortuna di cogliere un istante prezioso e inaspettato di illuminazione perché lo abbiamo vissuto senza la pretesa di comprenderlo e non saremo mai capaci di descriverlo compiutamente. E’ la gioia infinita del precario stupore, è un dono unico della vita intensamente vissuta, in ogni suo istante. Forse questa parabola zen riesce a darne il senso più profondo:
“ Un uomo che camminava per un campo si imbattè in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto a un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando, l’uomo guardò giù, dove, in fondo all’abisso, un’altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L’uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola. Com’era dolce!

2 commenti:

Dyo ha detto...

La fragola dovrebbe rappresentare il simbolo del "carpere diem". Bellissimo post, come sempre, profondo e ironico, amaramente ironico, al tempo stesso. Ne condivido lo spirito: il senso della vita lo cogliamo, per caso e per poco, senza alcun contributo del raziocinio. Il resto son seghe mentali.

Anonimo ha detto...

Leggerti è un piacevole attimo.Grazie. Danielik.