Il nostro carattere, le opinioni, il modo di vedere la vita e di relazionarci con il prossimo determinano le nostre “frontiere interiori”: situazioni, circostanze, frequentazioni e modi di vivere che riconosciamo come incompatibili col nostro modo di essere e che cerchiamo di evitare nel modo più assoluto. Quando capita, e succede senz’altro, di non poter evitare tutto ciò a causa di motivi che giudichiamo ben più seri ed importanti, decidiamo di fare il passo fatidico e varchiamo la linea della “frontiera” con coraggio misto a disagio, attenti a non fare passi troppo lunghi e cercando di mantenerci il più vicino possibile al confine, in modo da poter operare, se è il caso, una opportuna ritirata strategica. I motivi che possono spingerci a queste pericolose (per il nostro equilibrio interiore) incursioni “oltre confine” sono di solito riconducibili all’affettività, all’opportunità legata al lavoro e/o al successo personale, a necessità di tipo economico e ad uno stato alterato della coscienza. Lo stato psicologico che accompagna il percorso attraverso questi luoghi nemici e pericolosi è comparabile a quello di colui che, naufragato su un’isola solitaria, si avventura nella giungla alla ricerca di acqua e cibo. Naturalmente, affinché si possano raggiungere gli effetti desiderati, è indispensabile affrontare queste situazioni con una convincente naturalezza attivando tutte le nostre capacità di dissimulazione e di positiva predisposizione, altrimenti correremmo il rischio di ottenere risultati assolutamente opposti a quelli auspicati. Una tattica che si rivela sempre vincente consiste in un approccio umoristico (dosato ed equilibrato, soprattutto se ci troviamo a partecipare ad eventi tipo funerali o conferenze sulla fame nel mondo), riuscire, cioè, a leggere quegli aspetti verso i quali proviamo avversione o intolleranza con gli occhi divertiti di un osservatore acuto della commedia umana e dei suoi lati più grotteschi. Tutto ciò ci mette nella condizione di essere brillanti e di imbastire conversazioni piacevoli che mettono in evidenza una molto apprezzata simpatia e sempre ammirata lievità di giudizio. Non c’è nulla che dia più successo del far sentire un imbecille una persona intelligente e interessante.
Fin qui abbiamo esaminato gli aspetti più utilitaristici, e se vogliamo più cinici, della questione. Dobbiamo ora considerare una eventualità che si manifesta molto più spesso di quanto non si pensi: che in questa situazione “limite” in cui ci siamo cacciati per i vari motivi di cui sopra, cominciamo a trovarci autenticamente a nostro agio. Lentamente scopriamo che esistono gli imbecilli simpatici, addirittura i falsi imbecilli, per non parlare della scoperta di alcune nostre inconsapevoli risorse relative alla capacità di adeguarci alle circostanze più avverse senza dover rinunciare a pezzi importanti della nostra personalità. Con un certo stupore ci rendiamo conto che i limiti che ci eravamo posti non sono fissi e immutabili e che, a questo punto, è necessario spostarli in avanti allargando l’area della nostra coscienza. Ci scopriamo più indulgenti, più tolleranti. In generale, la vita ci sembra, più che un faticoso percorso in salita, un enorme campo da gioco in cui la partita può sempre diventare vincente, fino all’ultimo secondo di gioco. L’unico problema è che non ci è dato di sapere quanto tempo durerà la partita e quindi ci tocca giocare ogni minuto come fosse l’ultimo. Questa consapevolezza ci deve infondere la capacità di essere sempre pronti a spostare le nostre “frontiere interiori” e ci deve convincere che dietro ogni pretesa coerenza si può nascondere il demone della presunzione, dell’accidia affettiva, del rifiuto di conoscersi del tutto e di ammettere le proprie inevitabili contraddizioni. Essere guardiani intransigenti dei propri “confini” è un comportamento molto pericoloso che può portare a veri propri deliri di onnipotenza e/o a considerarsi vittime predestinate della cattiveria e dell’incomprensione. La negatività delle esperienze passate non giustifica niente, se non quello che è accaduto; quando il passato incomincia ad insinuarsi subdolamente nel presente e addirittura nel futuro dobbiamo preoccuparci: o siamo affetti dalla “sindrome dello sfigato” o siamo talmente egocentrici e presuntuosi da pensare che le nostre vicende siano delle “gesta epiche” di cui parlerà e scriverà tutta la posterità. E’ necessario ridimensionarsi, siamo soggetti alla casualità, all’efficienza del nostro organismo e alla nostra capacità di sopportazione, e poi potrebbe sempre accadere di incontrare la persona dei nostri sogni mentre balliamo la lambada per digerire una pizza calabrese mangiata con rabbia nel locale “Edelweiss” a Bari Palese: una baita tirolese sulle rive di un lurido mare Adriatico.
Fin qui abbiamo esaminato gli aspetti più utilitaristici, e se vogliamo più cinici, della questione. Dobbiamo ora considerare una eventualità che si manifesta molto più spesso di quanto non si pensi: che in questa situazione “limite” in cui ci siamo cacciati per i vari motivi di cui sopra, cominciamo a trovarci autenticamente a nostro agio. Lentamente scopriamo che esistono gli imbecilli simpatici, addirittura i falsi imbecilli, per non parlare della scoperta di alcune nostre inconsapevoli risorse relative alla capacità di adeguarci alle circostanze più avverse senza dover rinunciare a pezzi importanti della nostra personalità. Con un certo stupore ci rendiamo conto che i limiti che ci eravamo posti non sono fissi e immutabili e che, a questo punto, è necessario spostarli in avanti allargando l’area della nostra coscienza. Ci scopriamo più indulgenti, più tolleranti. In generale, la vita ci sembra, più che un faticoso percorso in salita, un enorme campo da gioco in cui la partita può sempre diventare vincente, fino all’ultimo secondo di gioco. L’unico problema è che non ci è dato di sapere quanto tempo durerà la partita e quindi ci tocca giocare ogni minuto come fosse l’ultimo. Questa consapevolezza ci deve infondere la capacità di essere sempre pronti a spostare le nostre “frontiere interiori” e ci deve convincere che dietro ogni pretesa coerenza si può nascondere il demone della presunzione, dell’accidia affettiva, del rifiuto di conoscersi del tutto e di ammettere le proprie inevitabili contraddizioni. Essere guardiani intransigenti dei propri “confini” è un comportamento molto pericoloso che può portare a veri propri deliri di onnipotenza e/o a considerarsi vittime predestinate della cattiveria e dell’incomprensione. La negatività delle esperienze passate non giustifica niente, se non quello che è accaduto; quando il passato incomincia ad insinuarsi subdolamente nel presente e addirittura nel futuro dobbiamo preoccuparci: o siamo affetti dalla “sindrome dello sfigato” o siamo talmente egocentrici e presuntuosi da pensare che le nostre vicende siano delle “gesta epiche” di cui parlerà e scriverà tutta la posterità. E’ necessario ridimensionarsi, siamo soggetti alla casualità, all’efficienza del nostro organismo e alla nostra capacità di sopportazione, e poi potrebbe sempre accadere di incontrare la persona dei nostri sogni mentre balliamo la lambada per digerire una pizza calabrese mangiata con rabbia nel locale “Edelweiss” a Bari Palese: una baita tirolese sulle rive di un lurido mare Adriatico.
1 commento:
Chissà perchè...meglio che non lo scriva, potrei sembrare paranoica. Hai ragione, comunque: spostare i nostri confini interiori sta a noi, e non è nemmeno così difficile. Personalmente agisco sotto stress, ma poi, generalmente, mi accorgo e che mi ero preoccupata per nulla. Quanto alle esperienze negative del passato, "Cantami, o Diva, della franchide Dyo"...
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