mercoledì 31 dicembre 2008

FELICE ANDREASI - La moglie bruciata (1972)

PRATICHE DI FINE ANNO.

LUCIO DALLA - L'Anno Che Verrà (1978)

CANZONI DI FINE ANNO.
DISPERATE SPERANZE.

PETER SELLERS - Oltre Il Giardino

RIFLESSIONI DI FINE ANNO.
LA VITA E' UNO STATO MENTALE.

ALEX DE GRASSI - Greensleeves

CANZONI DI FINE ANNO.
IL SUONO MAGICO DELLA 39 STRING HARP GUITAR.

WOODY ALLEN - Tutto Quello Che Avreste Voluto Sapere Sul Sesso E Non Avete Mai Osato Chiedere

PRESTAZIONI DI FINE ANNO.

ORNELLA VANONI - Ma Mì

CANZONI DI FINE ANNO.
IL FASCINO DELLA SCOMPARSA "MALA" MILANESE.

WOODY ALLEN - Amore E Guerra

INTERROGATIVI DI FINE ANNO.

FERNANDEL - Le Tango Corse

CANZONI DI FINE ANNO.
UN TANGO "RILASSATO", SECONDO LE ABITUDINI DELLA GENTE CORSA.

martedì 30 dicembre 2008

lunedì 29 dicembre 2008

ONE MORE TIME


Ancora una volta è giunta la fine dell'anno. Ancora una volta è il momento di nuove speranze e ottimistiche previsioni sul proprio futuro (pare che su quello della collettività spirerà ancora il vento gelido della crisi economica). Ancora una volta ci sottoporremo al classico rituale gastronomico-apotropaico della notte di San Silvestro. Cenone, giochi, balli, botti, mutande rosse, urla, brindisi a ripetizione e rutti devastanti ci garantiranno un anno meraviglioso.
Gli amanti dello sci godono sin d'ora per le piste innevate, la polenta e salsiccie e grappa alla spina. I più giovani, appena iniziate le feste scolastiche, si sono dedicati con maggior cura e passione allo sfracelllamento con l'auto, poveracci e reietti di varie nazionalità non vedono l'ora di arrivare in Italia per vivere nei cartoni, chiedere l'elemosina e spacciare droga. Il nuovo leader dell'opposizione al centro-destra è un ex poliziotto, ex magistrato dalle manette facili e convinto sostenitore dello stato di diritto, dove il diritto è quello di una casta di intoccabili toghe nere con tanta voglia di comandare su tutto e su tutti. Il nuovo anno vedrà, ancora una volta, l'unico stato realmente democratico nelle terre d'Oriente accusato di violenze e massacri, poichè la storia ci insegna che gli ebrei devono solo subire. La Chiesa Cattolica Romana continua a ricordarci che un pò tutti devono subire: vite spezzate rimaste appese ad un sottile filo elettrico, omosessuali, separati e divorziati, umanità che muore di stenti e di malattie curabili, donne che non hanno il diritto di disporre del proprio corpo. Un altro grande paradosso di fine anno, che ci ritroveremo anche nel prossimo, riguarda gli stati d'Occidente che "salvano" l'economia mondiale: con i soldi di tutti si ripara alle ruberie di un'elite di mafiosi bancarottieri, non solo, questi cialtroni non pagheranno mai per quello che hanno fatto. Se mai ce ne fosse stato bisogno, ora è davanti a tutti la miseria dell'economia di mercato (ovvero del capitalismo) e le menzogne sull'unica società possibile. Ma noi continuiamo disperatamente a sperare con grattini, lotterie, enalotto e affini.
Ancora una volta, ormai posseduti dall'ingordigia festaiola, la sera del 31 Dicembre ci abbufferemo in compagnia della TV, con la scusa che solo la televisione dà l'ora esatta. In realtà vorremmo essere là, dall'altra parte del video, a festeggiare con la tettona di turno e l'ultimo deficiente di successo per abbuffarci di luoghi comuni, di vecchie e nuove bugie, per esibire sorrisi porcellanati e abbronzature approssimative.
Ancora una volta ci abbandoneremo ad entusiasmi stantii, a falsi ottimismi, ad allegria autoimposta. Qualcuno potrebbe osservare che almeno la speranza andrebbe mantenuta viva; certo, la speranza di rimanere in salute, di conservare gli affetti, di poter vivere dignitosamente, di non perdere il diritto al sorriso e alla libertà di esprimere le proprie idee.
Tutto il resto è retorica, menzogna, trionfo dell'ipocrisia. One more time.

MICHAEL FRANKS - Your Secret's Safe With Me

L'ARTE DEL SILENZIO

BAMBOO ORCHESTRA DAL GHANA

ORCHESTRE DAL MONDO 6

ORCHESTRA ITALIANA DI CHITARRE E MANDOLINI

ORCHESTRE DAL MONDO 5

MARIMBA ORCHESTRA DAL GUATEMALA

ORCHESTRE DAL MONDO 4

ORCHESTRA MARIACHI DAL MESSICO

ORCHESTRE DAL MONDO 3

ORCHESTRA DI GAMELAN A BALI

ORCHESTRE DAL MONDO 2

venerdì 26 dicembre 2008

mercoledì 24 dicembre 2008

martedì 23 dicembre 2008

ANTONELLO VENDITTI - Regali Di Natale

NATALE PORTA CONSIGLIO

SIMONE SCHETTINO - Natale

ARRIVA ANCHE QUEST'ANNO.

NANNI MORETTI - La messa è finita

VIVERE, RICORDARE, CAPIRSI.

venerdì 19 dicembre 2008

MARIA CARTA - Ninnia a Gesus

Quando nasce Gesù
le pupille divine
distribuiscono perle fini
teneramente

Uno specchio lucente
dona grazie alla sua fronte
e tutto l'orizzonte
è splendente

Mostrati felice
piangere è inutile
dormi, non piangere tanto,
anima mia

Era questa la gioia
che attendevi nascendo
con tristezza dando dolore
alla madre tua?

TESTO DI MONS.BONAVENTURA LICHERI, 1760 CIRCA.

BULGARIAN KABA GAIDA

IL FASCINO DELLA ZAMPOGNA BULGARA

HECTOR SOTO - Charango - Cuerdas De Plata

SUONI DELL'ALTRO MONDO

PIPPO DI STEFANO - Marranzano Live

SUONI ANCESTRALI

ANTONIO VIVALDI - Concerto per Ottavino: Largo

PICCOLO E' BELLO

mercoledì 17 dicembre 2008

EDUARDO - Natale in casa Cupiello

BUONI PROPOSITI

LIBERA - Gaudete

IMMENSA LETIZIA?

JETHRO TULL - Living In The Past

VOGLIA DI PASSATO

White Red

LE CONSEGUENZE DEL NATALE

CRAPPY XMAS

REGALI DI NATALE

domenica 14 dicembre 2008

PSALLENTES - Gregorian Chant

UNA GRANDE TRADIZIONE IN VIA DI ESTINZIONE

ISLAMIC CALL

OGNUNO COL PROPRIO DIO

ARETHA FRANKLIN - I Say A Little Prayer

PICCOLA GRANDE PREGHIERA

STANLEY KUBRICK - Full Metal Jacket

LA PREGHIERA DELL'ASSASSINO

PREGHIERA SIOUX

ORIZZONTI INTERIORI

JOHN HOUSTON - Orson Welles: Moby Dick

GIONA FOREVER

SERMONE GOSPEL (Harold Bradley)

SUNDAY MORNING IN USA

J.S.BACH - Concerto for Two Violins in D minor

RICREAZIONE DI ANIMA E CORPO

sabato 13 dicembre 2008

giovedì 11 dicembre 2008

SUPERSIZE ME

PATATINE ARTIFICIALI?

NO PELLICCIA!!!

BARBARIE

FELICE ANDREASI - I ministri

ANTROPOLOGIA DELLA POLITICA

ANTONELLO VENDITTI - In Questo Mondo Di Ladri

IL PIACERE DELL'ONESTA'

LA FAMIGLIA: Fuje (1998)

NON IMPORTA DOVE

mercoledì 3 dicembre 2008

GIUSEPPE GIACOBAZZI

SIAMO TROPPO DIVERSI

KELLY JOYCE - Rendez Vous

IL FASCINO DEL CHARLESTON

martedì 2 dicembre 2008

giovedì 27 novembre 2008

MINA - Amor mio (1971)

BELLA CANZONE SU UNA FREGATURA IMMINENTE

PAOLO MIGONE - Vita da Single

PAROLE SU CUI RIFLETTERE

mercoledì 26 novembre 2008

mercoledì 19 novembre 2008

JOAN BAEZ - House of The Rising Sun

STORIE DA CANTARE

INTI ILLIMANI - Es Mi Tierra

NON SI PUO' IMPEDIRE AL CERVELLO DI PENSARE E AL CUORE DI CANTARE

domenica 16 novembre 2008

ALESSANDRO BERGONZONI - Predisporsi Al Micidiale

IL DELIRIO DELL'UOMO CONTEMPORANEO

sabato 15 novembre 2008

giovedì 13 novembre 2008

PUBBLICITA' 4

AMORE CONIUGALE

PUBBLICITA' 3

CONOSCERE LE LINGUE

PUBBLICITA' 2

TUTTI INSIEME APPASSIONATAMENTE

PUBBLICITA' 1

MAI ALL'ORA DEL TE'

venerdì 7 novembre 2008

RAVI SHANKAR - Raga Rangeela Piloo

MUSICA COLTA

RAMEAU - Rondeau des Indes Galantes

LA MUSICA DEL POTERE E IL POTERE DELLA MUSICA

CARLOS SANTANA - Oye Como Va

LA CLASSE NON E' ACQUA

giovedì 6 novembre 2008

LAWRENCE FERLINGHETTI - La lunga strada

OBLITERARE IL BIGLIETTO PRIMA DI SALIRE IN CARROZZA.

JOHN SURMAN - Bedruthan Steps

LA SOLITUDINE DEL POETA.

mercoledì 5 novembre 2008

domenica 2 novembre 2008

CARMELO BENE - La Morte

LA MORTE NON CI RIGUARDA.

CINICO TV - Tirone e il 2 Novembre

GIORNO DI FESTA.

DALLA /MORANDI - Vita

LA VITA NON E' UN TELEFILM.

RAINER MARIA RILKE - Esperienza della morte

SOLO LA VITA PUO' RAPPRESENTARE LA MORTE.

ANTONELLO VENDITTI - Che Fantastica Storia E' La Vita

OTTIMISMO FILOSOFICO.

LISA GERRARD - Sanvean

RICORDARE CON TENEREZZA.

UNA SERA DI NOVEMBRE

STROFE DISPERATE

venerdì 31 ottobre 2008

JAN SVANKMAJER - J.S. Bach Fantasia in G Minor (1965)

LIBERARE LO SPIRITO.

GIOELE DIX - Targhetta FFSS

ANALIZZARE LA REALTA'.

I PADRONI DEL PENSIERO


In questi giorni stampa, telegiornali e programmi televisivi di approfondimento sono impegnati a dibattere sulle varie manifestazioni di protesta contro il decreto sulla scuola primaria del ministro della Pubblica Istruzione Gelmini. Questo decreto viene definito dall’opposizione e dai manifestanti come una vera e propria riforma. Sia chiaro, il suddetto decreto non è una riforma bensì un provvedimento legislativo che modifica alcuni aspetti dell’attuale assetto della scuola primaria. Non vengono modificati i programmi d’insegnamento né tantomeno il curriculum studiorum. Viene reintrodotto il sistema di valutazione numerico (i voti), l’uso del grembiulino, una maggiore considerazione della valutazione della condotta e la figura del maestro unico che sarà comunque affiancata dal docente di inglese e da quello di religione, sono previsti anche accorpamenti di plessi scolastici di piccole dimensioni allo scopo di razionalizzare e risparmiare sulle spese. Solo un fesso o un demagogo d’accatto potrebbe sostenere che questa è una riforma scolastica. Gli effetti più rilevanti di questi provvedimenti saranno un blocco delle nuove assunzioni poiché non sono previsti licenziamenti. Alcuni sostengono che questo nuovo assetto porterà alla scomparsa in molte scuole del tempo prolungato, ma la cosa non è ancora molto chiara. Chi patirà per questa nuova situazione? Sicuramente tutti coloro che contavano (docenti e personale ATA) di entrare a far parte in pianta stabile del carrozzone scuola e tutti quei genitori che contavano sul servizio di baby sitting gratuito fornito dal tempo prolungato. Per questi motivi è legittimo che precari e futuri precari siano preoccupati così come è comprensibile che molti genitori siano arrabbiati. I genitori italiani in tanti anni di partecipazione alla gestione scolastica (dall’introduzione dei decreti delegati) hanno saputo dimostrare solo un sempre più crescente astio nei confronti del personale docente accusato di incompetenza e vessazioni nei confronti dei propri pargoli affetti da citrullesca infingardaggine, coccolati, viziati e maleducati. Molti di questi ex bambini prodigio ora frequentano le scuole superiori e l’università e, nel tempo, hanno maturato insieme ad una perniciosa ignoranza una granitica supponenza e, soprattutto, un piacere profondo per l’omologazione. Questi giovani beoti hanno toccato il cielo con un dito quando genitori, professori, sindacalisti, e masanielli vari li hanno voluti coinvolgere nella loro battaglia corporativa. E sì, perché siccome nella prossima finanziaria (non nel decreto Gelmini) sono previsti tagli e risparmi di spesa anche nel comparto istruzione , è accaduto che baroni, baronetti, capibastone, presidi, sindacalisti e impiegati specialisti in cruciverba, si siano preoccupati del loro destino e del loro potere. Vogliono far credere agli studenti che nell’università attuale ci sia spazio per i giovani meritevoli, che i concorsi per ricercatori e docenti siano trasparenti, che il nepotismo più becero non esista, che non vi sono corsi di laurea inutili e grotteschi, che la ricerca seria sia la pratica più diffusa. Così ci tocca assistere al penoso spettacolo di una sinistra alleata con la conservazione e col corporativismo al solo scopo di muovere greggi di studenti, precari, genitori e fannulloni contro il governo Berlusconi. Forse alcuni hanno dimenticato che, anni fa, il Partito Radicale (componente attiva del Partito Democratico) promosse un referendum a favore del ripristino del maestro unico, forse alcuni dimenticano che la politica dei sindacati nella scuola è storicamente basata sull’aumento delle assunzioni in cambio di miti pretese salariali. La scuola italiana è fatta di docenti mal pagati e squalificati, di amministrativi che leggono il giornale, di bidelli che non fanno più neanche le pulizie, di assistenti di laboratorio alle prese col piccolo chimico, di presidi occupati a distribuire prebende senza rendere conto a nessuno. In tutto questo contesto nauseante ci tocca sentire le interviste a studenti che pare abbiano imparato un copione a memoria e che, di fatto, difendono ad oltranza una scuola che fa schifo. Qualche mentecatto ha il coraggio di parlare di un nuovo ’68, invece è il triste trionfo del pensiero unico, è la sconfitta del coraggio della critica e dell’autodeterminazione, assistiamo alla mistificazione eretta a sistema. Eppure di argomenti seri contro questo governo ce ne sarebbero a bizzeffe: conflitto di interessi mai risolto (grazie Prodi), il pericolosissimo risveglio del mostro nucleare (non ci fu un referendum che vietò la costruzione di centrali nucleari?), il rispetto della Costituzione (i tre poteri dello Stato vi sembrano autonomi?), il controllo della finanza e il potere delle banche. E via andare. È disarmante vedere studenti che invece di lottare contro i privilegi, contro il nepotismo e contro l’omologazione, sfilano accanto a furbi demagoghi e vecchi marpioni decisi a non cedere nulla del loro potere, a genitori rincoglioniti preoccupati di dover pagare una baby sitter. È una gran bella soddisfazione manifestare con la benedizione di mamma e papà accanto al preside e ai professori. Trent’anni fa si gridava “Immaginazione al potere”, ora si pratica il potere dell’omologazione.
E dopo il corteo tutti a festeggiare Halloween: dolcetto o scherzetto?

martedì 28 ottobre 2008

STANLEY KUBRICK - Arancia Meccanica

GIOVENTU' COMUNE.

LIKE ORDINARY PEOPLE DO - 1931

COSI' FAN TUTTI.

APPUNTAMENTO AL BAR TROPICANA. Seconda Puntata.


“Non capisco come mai capitino tutte a me…” diceva sconsolato mentre il suo amico Piero dava l’assalto ad una granita di caffè con panna. “Vedi Onofrio…tu non sei sfortunato….tu sei scemo!!” sentenziò Piero senza trattenere minimamente la profonda libidine che gli procurava leccare la panna adagiata in cima all’enorme bicchiere. Avvicinò la sedia al tavolino, appoggiò su di esso il calice della liturgia pagana che stava celebrando e, a bassa voce, disse:”Le donne in chat sono diverse…si sentono protette dal mezzo e possono dar sfogo a tutto quello che desiderano…di solito sono più aggressive, più dirette, tendono a ridicolizzare..che dico…ad umiliare il gonzo di turno”, mentre Piero parlava, Onofrio fissava un pezzo di panna che ciondolava instabile sulla punta del suo naso e pensava quanto fosse patetico star lì a sentire pontificare una specie di clown con due divorzi alle spalle, i capelli tinti e i calzoni a pinocchietto. No, Piero non era il suo uomo, ci voleva il consiglio di un amico serio con una grande esperienza. Non ebbe bisogno di consultare la rubrica, solo uno poteva aiutarlo: Pino. Nell’autoscuola di Pino si erano susseguite generazioni di giovani donne decise a perdere la loro illibatezza nonché di casalinghe disperate desiderose di verificare la propria avvenenza e di sperimentare una rinnovata passione per il sesso. Pino era un vero sacerdote del culto fallico: discreto ma disponibile ad ogni tipo di sperimentazione, era preceduto da una grande fama sulla qualità e sulla durata dei suoi uffici. Conosceva le donne con la perizia del ginecologo e la sottigliezza dello psicoterapeuta. Comprese subito le perplessità di Onofrio e, senza indugio, sentenziò:”Mostrati sempre per quello che sei”. Onofrio, sbalordito, era ancora lì che contemplava la purezza cristallina di quella frase quando fu investito da un’altra:”Non devi piacere, devi interessare”. Ma fu la terza, ed ultima sentenza, che lo colpì con la violenza di un uppercut:”Non devi parlare, devi ascoltare”. Fu allora che la sua mente si aprì magicamente, cominciava a vederci chiaro, a sapere come e quando fare, a pensare che era un’impresa possibile. La sera stessa decise la morte di Spleen e la distruzione di quelle ridicole fotografie: ora nasceva Fabio1960, corredato da una bella foto in giacca e cravatta scattata l’anno prima durante la festa di un amico. Già la mattina successiva aveva agganciato tale Begonia25 in un forum sul giardinaggio e pensava che forse le cose avevano imboccato la strada giusta. All’ora di pranzo era ancora incollato al monitor mentre mangiava una insalata in scatola, era all’erta come una sentinella. All’improvviso un trillo lo fece sobbalzare mandandogli di traverso un chicco di mais….si sentiva strozzare, con un colpo di tosse riuscì a liberarsi schizzando sul monitor il chicco, pezzi di tonno e di olive masticate…era nel caos…sobbalzò dalla sedia versandosi addosso parte del piatto ma, nonostante tutto, rispose subito alla chiamata. Era Begonia25:”Ciao, disturbo?”, in piedi, davanti alla scrivania, digitava febbrilmente:”Ma no…tu non disturbi mai..”, “Sai Fabio, sto finendo di leggere un libro bellissimo di Hermann Hesse, Siddharta, lo conosci?”e lui mentendo spudoratamente”Eccome! E’ uno dei miei libri preferiti….” La risposta lo congelò:”Magnifico!! Allora più tardi, appena lo finisco, ci sentiamo e ne parliamo un po’. A dopo ciao”. Pensando al pasticcio in cui si era cacciato, non rispose neanche al saluto e si lasciò andare pesantemente sulla sedia rompendo il piatto che vi aveva appoggiato un momento prima e spalmandosi sul sedere il resto di quella schifosissima insalata. La cosa non lo sconvolse più di tanto, spazzolò alla buona i calzoni, indossò la giacca e uscì di casa. Doveva far presto, la libreria giù all’angolo poteva chiudere da un momento all’altro. Fu fortunato, trovò il libro e constatò che non erano molte pagine, sarebbe riuscito a leggerlo in poco tempo. Rientrando a casa notò che il negozio di fronte era aperto, una specie di piccolo supermarket per animali domestici, e ricordò che Eusebio (il suo pappagallino affetto da autismo aviare) era senza mangime. Il negozio era pieno di cani nervosi in attesa della toilette. Con difficoltà riuscì ad arrivare al bancone e mentre stava per fare l’ordinazione gli accadde qualcosa di mostruoso: un Labrador e un Husky erano incollati sulla sua patta dei jeans Valentino che leccavano morbosamente come se avesse nelle mutande un osso buco…alle sue spalle un Collie lo stava quasi sodomizzando col suo muso lungo e appuntito. Altri cani, più indietro, abbaiavano per reclamare la loro porzione di calzoni al gusto tonno in insalata in scatola. I proprietari dei cani e il negoziante lo fissavano con disgusto. Senza parlare guadagnò in fretta l’uscita…troppo in fretta per riuscire ad evitare un monumentale catabolita canino appena depositato da un Rotweiler affetto da colite post-toilette. La sua scarpa Tod’s destra era irriconoscibile e per la prima volta Onofrio bestemmiò contro Buddha, contro Eusebio e contro Diego Della Valle che, per risparmiare, invece delle suole incolla sotto le scarpe minuscoli gommini neri. (Continua)

domenica 26 ottobre 2008

sabato 25 ottobre 2008

Why Study Latin?

IMPARARE L'INGLESE PER SCOPRIRE CHE E' PIU' IMPORTANTE IMPARARE IL LATINO.
DEDICATO A MELISENDA.

BACH - Little Fugue

ASCOLTARE E VEDERE UNA FUGA.
EFFICACE CONTRIBUTO ALLA COMPRENSIONE DELLA FORMA MUSICALE.

GLENN GOULD - Bach - Art of fugue - Contrapunctus01

UNA PROVA INDISCUTIBILE DELL'ESISTENZA DI DIO.
DEDICATO A PIERO.

mercoledì 22 ottobre 2008

GIACOBAZZI - L'appuntamento

LA PATACCA

APPUNTAMENTO AL BAR TROPICANA


“Lavorare in banca per trent’anni dedicando la maggior parte del tempo libero alla madre vedova e inferma è un’impresa ammirevole….”, pensava Onofrio mentre stringeva mani e ricambiava baci ed abbracci al capezzale della madre defunta. Figlio unico, non aveva mai conosciuto il padre né aveva altri parenti prossimi in grado di fargli sentire il senso di appartenenza ad una famiglia. Subito dopo il suo diploma in ragioneria la madre si era ammalata, e quel morbo subdolo e spietato, che l’aveva lentamente e dolorosamente portata alla morte, lo aveva costretto a occuparsi di lei per così tanti anni. Ora era tutto finito. Onofrio era triste ma non affranto dal dolore, la morte della madre era un evento ormai atteso da molto tempo, se non altro per mettere fine alle tante sofferenze patite troppo a lungo. Il malato cronico grave, molto spesso, subisce una lenta metamorfosi caratteriale: diventa egoista, capriccioso, invidioso della salute altrui, cinico e cattivo. Il dolore e la pena, paragonabile a quella dell’innocente condannato a morte, sono condizioni che non possono essere sopportate a lungo senza inevitabili conseguenze. Onofrio lo sapeva e aveva affrontato il triste destino della madre con pazienza e rassegnata abnegazione a quello che riteneva essere il suo dovere di figlio. La liberazione era giunta a quarantanove anni, e solo ora reputava di poter pensare a se stesso. Aveva preso una settimana di ferie per poter adempiere alle esequie e soprattutto per poter riflettere serenamente sulla sua vita futura. Pensava che ora doveva impegnarsi per formare una famiglia, trovare una donna con cui condividere la vita e, possibilmente, avere dei figli. Aveva saputo di alcuni suoi colleghi che attraverso le chat avevano conosciuto la donna giusta e si erano sposati, lo stesso suo amico Giulio aveva conosciuto via internet una giovane moldava con la quale ora conviveva felicemente. Dopo due notti passate a curiosare fra le chat, i forum e i siti di incontri, Onofrio decise che era giunto il momento di lanciarsi nell’avventura cibernetica che avrebbe segnato per sempre la sua vita. La ricerca di un nickname appropriato era stata laboriosa, aveva anche scattato diversi autoritratti fra i quali scegliere il più adeguato alla circostanza: mezzobusto con camicia jeans sbottonata quanto basta per far intravedere il petto villoso e capelli alla moda con frangia napoleonica. Lo sguardo che vaga lontano era l’espressione più giusta per uno che si firma Spleen, un condensato di romanticismo e poetica malinconia. Gettato l’amo nel mare virtuale delle chat, egli attese fiducioso di pescare la donna giusta. Le prime ad abboccare furono Pippicalzelunghe, Porcamasincera, Fiorediloto e Ostricaostica: tutte donne sull’orlo di una crisi di nervi alla disperata ricerca di una figura maschile estremamente improbabile: una sorta di incrocio fra Nembo Kid, il marchese De Sade e San Francesco d’Assisi. Donne consumate dal tradimento, da figli stile pargoli Addams, da astinenza sessuale allucinogena e da morbo da acquisto compulsivo. L’inizio non era certo confortante. Onofrio non aveva troppe pretese sebbene, in cuor suo, coltivasse un ideale di donna comprensiva delle cattive abitudini di uno scapolo di lungo corso, che fosse senza figli e ancora in età fertile. Si rendeva conto di non essere certo un giovincello ma la stabilità del suo lavoro e un cospicuo gruzzolo, messo da parte in tanti anni di economie, potevano certo bilanciare efficacemente il problema della sua età. Non aveva pregiudizi di alcun genere ma non era molto sicuro della sincerità delle tante giovani donne straniere in cerca di marito. A modo suo, Onofrio era un romantico, sognava una tenera storia d’amore, un incontro che gli avrebbe procurato il batticuore e la febbre del desiderio, quella condizione di catalessi del raziocinio, di pura, semplice e selvaggia emozione. Questo sogno lo spingeva a perseverare nella ricerca e a cimentarsi in improbabili conversazioni nel mare magno della rete. Il suo problema più grosso era iniziare una conversazione, egli pensava che un buon inizio lo avrebbe messo al riparo da equivoci su quelle che erano le sue intenzioni, così andò elaborando un discorsetto di apertura che aveva il compito di rompere il ghiaccio e di fare da autopresentazione:”Salve! Spero di non disturbare, ma sono stato colpito dal tuo nick…forse la mia ricerca è giunta ad una svolta..”.Utilizzò questo pistolotto per una dozzina di volte collezionando risposte tipo:”Ma chi sei?Che vuoi?”, oppure:”A belli capelli chi t’ha fatto la messa in piega sul petto?”, fino a toccare il fondo con:”Stammi a sentire don Rimorchio, qui chi deve svoltare sei tu..puzzi di fasullo”. Era talmente confuso e disperato da non capire che l’unica risposta positiva l’aveva ricevuta da una tipa, tale Topapelosa, che voleva vendergli uno stock di mutandine e calze usate più dieci foto dei suoi piedi con unghie smaltate. Aveva sbagliato tutto. (Continua)

domenica 19 ottobre 2008

PRIMA DELL'ALBA (1995)

POTREBBE ESSERE ANCHE COSI'.

venerdì 17 ottobre 2008

giovedì 16 ottobre 2008

WALTER CHIARI - Cortesia Ferroviaria

FRAMMENTI D'UMANITA'

BETTIE PAGE - The Bondage Queen

FRAMMENTI DI PERVERSIONE

PERO' MI VUOLE BENE

FRAMMENTI D'AMORE CONIUGALE

BRIO BLU

FRAMMENTI DI GENIO

ROGER RABBIT

FRAMMENTI DI CARTONE

FRANCO e CICCIO - Mia e Pia

FRAMMENTI DEL DISCORSO AMOROSO

venerdì 10 ottobre 2008

TOTO' e MACARIO - Toto' Sexy [1963]

TENGO FAMIGLIA

WILLY COYOTE

NELLA VITA CI VUOLE FORTUNA

NUOVA COMPAGNIA DI CANTO POPOLARE - La rumba degli scugnizzi

IL GENIO DI RAFFAELE VIVIANI

COCHI e RENATO - a scuola

LA SCUOLA DEL PROSSIMO FUTURO

RENATO RASCEL - Indifferenza Tango

NESSUNO SI ACCORGE DI NOI

giovedì 9 ottobre 2008

mercoledì 8 ottobre 2008

CARMELO BENE - La Cultura

RIFLESSIONI IMPORTANTI

STING - Brand New Day

ABBIAMO BISOGNO DI MIRACOLI

LUCIO DALLA - Le Rondini (1990)

ARRIVEDERCI RONDINI

martedì 7 ottobre 2008

lunedì 6 ottobre 2008

domenica 5 ottobre 2008

lunedì 29 settembre 2008

CILLUZZO




Cilluzzo apparteneva a quella folta umanità che non ha alcun motivo di sorridere alla vita.
Ultimo di otto figli, viveva in una famiglia così povera che ogni sera, riuniti intorno al desco, il padre ringraziava Iddio per il pane con cui potevano accompagnare un’insipida brodaglia calda che non potendo essere chiamata “minestra”,accezione riservata solo al pasto della domenica, era detta, a bassa voce, “piatto”. La malasorte di Cilluzzo non si esauriva alle sue condizioni familiari, egli era nato “male” (così dicevano tutti) ovvero non era nato sano: non era in grado di camminare normalmente, non parlava normalmente e, soprattutto, il suo cervello non era in grado di cogliere la triste complessità della vita, Cilluzzo era spastico. Aveva vissuto un’infanzia grama, senza giocattoli, senza giochi con i coetanei, era sempre attaccato alla veste scura della madre la quale se lo portava sempre appresso, come quelle cagne randagie anziane, con le mammelle avvizzite dai troppi allattamenti, che non hanno più la forza né il coraggio di allontanare il proprio ultimo cucciolo. Dal mese di ottobre fino a marzo inoltrato la madre se lo portava a raccogliere le olive di cascola. Tutto infagottato di stracci, veniva lasciato solo sotto un grande albero d’ulivo ai limiti dello spiazzo dove si accendeva il fuoco per combattere il freddo e sotto la cui cenere si facevano appassire le olive della misera colazione. In quelle interminabili e fredde ore d’attesa, Cilluzzo fissava il cielo incantato dai volteggi delle gazze, delle ghiandaie e delle tortore. Aveva imparato a masticare le foglie acidule della portulaca, quelle profumate della ruca e i fiori gialli della cicoria selvatica. Faceva amicizia con i burberi gechi nascosti nelle cavità dei tronchi e con le curiose lucertole verdi e gialle che correndo facevano frusciare le foglie secche sul terreno. Persino il cane del massaro, incattivito dalla catena e dal cibo scarso, lo annusava e gli leccava le manine con sincera accondiscendenza, sentiva che Cilluzzo non era parte degli umani che tanto odiava, era un altro vivente sventurato alla mercè di furbi e spietati. Un momento gioioso della vita del piccolo Cilluzzo era quando si saliva sul terrazzo per sciorinare il bucato. Quel grande spazio bianco di calce e inondato dal sole abbacinante era per lui una cosa bellissima. Poi mano a mano che le lenzuola venivano stese incominciava lo spettacolo del teatro delle ombre proiettate sui candidi teli profumati di alloro.
Nonostante la miseria e il fisico gracile Cilluzzo cresceva e, giunto all’età di sei anni, il padre, che non si era neanche posto la questione se fosse il caso di provare a mandarlo a scuola, decise di affidarlo a compare Vitino, un vecchio bracciante anchilosato dall’artrosi che campava intrecciando cesti, cestini e sporte con i giovani polloni d’ulivo. Compare Vitino era un brav’uomo intristito dalla morte della moglie, dalla mancanza di figli e dalle ossa doloranti; a volte il tormento era insopportabile e l’unico rimedio che conosceva, e sul quale non lesinava mai, era il vino. Ben presto la tristezza di Cilluzzo per il distacco dalla madre fu lenita da una grossa fetta di pane e pomodoro che trovava ogni mattina quando arrivava a casa del vecchio. Dopo la colazione Cilluzzo, con la lentezza del pensiero e del corpo che lo governava, disponeva fuori sul marciapiede i cesti da vendere, si sedeva per terra e aspettava i clienti. Nel frattempo compare Vitino cucinava e riassettava la povera casa invocando l’anima santa della moglie e bestemmiando contro la propria genealogia. A metà mattina, quando il sole valicava il palazzo di fronte illuminando e riscaldando la misera casa-bottega, come una lumaca dopo la pioggia, compare Vitino usciva fuori per sedersi a lavorare. Cilluzzo era affascinato dalla velocità e dalla precisione di quelle mani grandi e grinzose, seguiva ogni movimento ma poi la mente incominciava a fantasticare, quei ramoscelli intrecciati gli ricordavano i nidi incastonati sugli alberi, il cielo e le nuvole. Cosicché, nonostante gli sforzi del vecchio di cercare di istruire il bambino nell’arte dell’intreccio, Cilluzzo non riusciva ad apprendere nulla e compare Vitino, dopo ogni tentativo, inforcava una bestemmia e rientrava in casa a tracannare un bicchiere di vino. In realtà al vecchio poco importava se Cilluzzo imparava il mestiere, aveva deciso di prendere in casa quel bambino “alla buono” (come si usava dire di coloro che, per motivi diversi, non erano in grado di provvedere a se stessi) per avere un’anima accanto che alleviasse il dolore dei morsi famelici della solitudine; i suoi amici erano tutti morti consumati dalla fatica e annichiliti dalla disperazione. Nell’angolo più buio della casa riposavano i suoi fantasmi illuminati dalla luce fioca di un lumino ad olio: santini, fotografie commemorative di defunti, l’unica foto del suo matrimonio, immagini che, immerse nel silenzio, urlavano contro una vita avara di gioie, fatta di sudore, fame e lacrime. L’irruzione, seppure discreta, di Cilluzzo in quella specie di antro fatto di desolazione, solitudine e cupa rassegnazione aveva ridato senso alla vita del vecchio bracciante. Passarono dieci anni finchè giunse il giorno in cui compare Vitino sentì che stava morendo. Quella mattina rimase a letto senza parlare fissando l’angolo buio dei suoi ricordi. Cilluzzo capiva quello sguardo, quegli occhi dilatati dall’angoscia, fissi a voler fermare nella memoria quelle ultime immagini della vita. Strinse quella mano grinzosa fra le sue e per qualche istante si guardarono negli occhi, compare Vitino sorrise, chiuse gli occhi e morì. Nel silenzio della stanza Cilluzzo sentiva il suo cuore battere forte e capì cosa vuol dire rimanere soli.
Passò un’ora e Cilluzzo lentamente lasciò quella mano senza vita e uscì fuori. Si fermò sull’uscio a guardare un gruppetto di piccioni che violentemente si divideva le briciole di una tovaglia sbattuta; in quella frenesia di pennuti che beccavano il marciapiedi rimase colpito da un piccione ammalato con una zampa mozza, il povero animale, lento e senza forze, guardava gli altri mangiare senza riuscire a nutrirsi: immobile, muoveva solo la testa per seguire i veloci movimenti e gli scontri dei piccioni sani. Per la prima volta, Cilluzzo pensò alla sua condizione mentre il petto gli si gonfiava di triste disperazione. Pensò che anche il padre e la madre avrebbero, un giorno o l’altro, fatto la fine di compare Vitino e che lui sarebbe rimasto solo. Sarebbe morto di fame come il piccione ammalato. Quando rientrò a casa sua si udivano gli ultimi rintocchi di mezzogiorno e mentre il resto della famiglia si precipitava a casa del morto e alla parrocchia, Cilluzzo ,con difficoltà, salì sul grande terrazzo. Il sole meridiano avvampava l’aria e sbiancava ogni cosa, le lenzuola stese ad asciugare riflettevano la luce come specchi ustori, sul bordo di un comignolo una gazza gracchiava imprecando contro i raggi violenti del sole allo zenit. Cilluzzo, esausto, si sedette sul muretto del terrazzo con le gambe a penzoloni nel vuoto. All’orizzonte, sotto le nuvole bianche, si stendeva una striscia blu, il mare. Non aveva mai visto il mare da vicino. Tante altre erano le cose che non aveva mai visto e non aveva mai fatto, a sedici anni Cilluzzo era ancora un bambino, un bambino con gli occhi tristi di chi non riesce a vedere il futuro e soffre del presente. Le gambe sospese nell’aria gli davano un senso di leggerezza, aveva la sensazione di essere libero da quella pesante armatura che gli impediva di muoversi normalmente, anche i pensieri gli sembravano più veloci e precisi. L’aria era il suo elemento vitale, si sentiva un uccello costretto a vivere in un corpo umano. In un istante si convinse che sarebbe stato capace di volare e senza incertezze si lasciò andar giù. Volò per tre piani andando a cadere su un enorme mucchio di bucce di mandorle, al centro dell’atrio su cui si affacciava il suo palazzo.
Riprese i sensi e pianse in silenzio, molto lentamente si rimise in piedi e si diresse verso la casa di compare Vitino, alla ricerca della sua famiglia. All’imbocco della corta strada il padre lo attendeva. Per la prima volta lo abbracciò e gli diede il braccio accompagnandolo dentro la casa-bottega. Il letto era stato spostato al centro della stanza per poter accogliere meglio coloro che giungevano per l’estremo saluto. Il padre fece sedere Cilluzzo in un angolo e guardandolo negli occhi disse: “il parroco mi ha detto che la buonanima già cinque anni fa gli consegnò la carta del testamento, ha lasciato tutto a te. La casa e l’orto. Anche un libretto di soldi. Ciccillo…è tutto tuo”. Ma lo sguardo di Cilluzzo era altrove, fissava la fila di cesti e di sporte rimaste appese al muro, la mente riprese a correre fra le chiome degli alberi e i nidi di gazze e ghiandaie. Vecchie e bizzoche sedute intorno alla salma pregavano ad alta voce, Cilluzzo si alzò e afferrò un cestino, quella sensazione tattile gli portò alla memoria le mani di compare Vitino che intrecciavano l’ulivo. No…si era sbagliato a pensare di essere un uccello. Egli risentì dentro di sé le parole del vecchio pronunciate qualche giorno prima:”non essere triste, siamo tutti disgraziati, faremo tutti la fine di queste sporte, sfondate e mangiate dai tarli. Tu no, tu guardi il cielo perché ci vedi qualcosa che noi non possiamo vedere”. Cilluzzo uscì fuori col cestino in mano, il sole tramontava rosseggiando inseguito dalle rondini, alzò la mano e salutò il grande disco arancione.

domenica 28 settembre 2008