domenica 22 luglio 2007

REGGIO/GLASS - Koyaanisqatsi

LO SPIRITO DEI LUOGHI

GENIUS LOCI




Secondo la cultura romana in ogni luogo albergava una divinità a tutelarne l’integrità, a sancirne la sacralità e a rivelarne, ove necessario, il senso profondo. Il Genius Loci era lì a ricordare che l’ordine cosmico e le leggi della natura obbedivano ad una forza creatrice superiore che rendeva ogni cosa ed ogni luogo depositari di una parte del sacro mistero della vita ed era lì a custodire la ragione intima e superiore che giustificava l’esistenza e l’essenza di quel luogo. “Deus, in cuius tutela hic locus est” questa era l’invocazione che apriva il rituale dedicato al Genius Loci, un rituale indispensabile per ingraziarsi il nume tutelare e poter intraprendere qualsiasi tipo di attività in un determinato luogo. Non era una forma scaramantica e apotropaica di inaugurare l’attività umana bensì il riconoscimento di una dimensione trascendente a cui dover sottostare e una promessa solenne di non tradire la funzione e il significato autentico di quel luogo.
Dopo più di duemila anni, al di là del primitivo significato magico-religioso, questa figura simbolica continua a rappresentare qualcosa di filosoficamente rilevante per la nostra civiltà; innanzitutto ci ricorda che i luoghi e la natura che in essi si manifesta non sussistono solo a causa di una serie di leggi e di circostanze dettate dal caso, dalla geologia e dall’evoluzione delle specie, quanto soprattutto dalla percezione che noi abbiamo della realtà e dal significato che culturalmente ed emozionalmente vogliamo attribuirle. I luoghi, così come li percepiamo e li definiamo, sono tali in quanto noi li abbiamo classificati in un determinato modo e l’uso che ne facciamo e il godimento che possiamo trarne dipende unicamente dal nostro modo di agire e di fruire. In altre parole non facciamo altro che mettere in pratica un’idea, un’opinione condivisa che esprime una cultura, un modo di essere e di agire basato su bisogni materiali e spirituali. Mai come al giorno d’oggi, i luoghi e gli scenari naturali vengono descritti con termini come: magico, santuario naturale, affascinante, incantevole, straordinario, fatato; una serie di parole che esprimono e trasudano sacralità, stupore trascendente. E’ come se, dopo secoli di cieca barbarie, avessimo riscoperto l’esistenza e l’estrema importanza del Genius Loci, l’indispensabile anello di congiunzione tra l’uomo e la natura, il simbolo e il garante di un patto tra cultura e leggi universali che non può essere infranto, l’unico, vero baluardo contro il delirio d’onnipotenza dell’uomo. Quello che ancora non è maturato è il senso diffuso che deve avere questa consapevolezza, non riusciamo a vedere tutto inserito in un’unica logica: crediamo che vi siano luoghi da rispettare (almeno teoricamente) e luoghi da deturpare impunemente. E’ molto radicata la convinzione che un luogo poco o per niente antropizzato sia il posto ideale per schiamazzare impunemente, praticare giochi di vario genere, gozzovigliare, ed altre amene attività vacanziere: la versione contemporanea dell’antica tradizione della “gita fuoriporta”, che nel passato era collegata a particolari festeggiamenti e pellegrinaggi di tipo religioso. E’ praticamente inesistente la coscienza ecologica in relazione all’inquinamento acustico, per la maggior parte dei vacanzieri è inconcepibile paragonare l’immondizia con lo schiamazzo continuato o col radiolone a tutto volume. Certo è indispensabile sperare che nel futuro le cose cambino e che l’autocoscienza si sviluppi in tutti noi, nel frattempo cerchiamo di sopravvivere e soprattutto teniamo presente che un casinista caciarone adulto è un nemico pubblico, un essere spregevole e pericoloso; evitiamo che ne crescano altri: al bambino caciarone non lesinar lo sganassone. Vi sembra barbarico e poco pedagogico? Può darsi, in realtà sarebbero i genitori a meritare un po’ di calci nel sedere, ma non servirebbe, troppo tardi. Pensiamo alle giovani generazioni: a volte un ceffone può cambiare il destino, perché non provare?

martedì 17 luglio 2007

FRED BUSCAGLIONE - Che notte

RICORDI INDIMENTICABILI

MOZART - Don Giovanni

DRAMMI NOTTURNI

MICHELANGELO ANTONIONI - La Notte

COSA SI FA PER UN BICCHIERE DI VINO

NOTTE



La notte mette dubbi,
il buio dà spazio al suono
del corpo angosciato.
Pensieri ricorrenti,
fantasie,
momenti allucinati.
Sesso della mente,
mondo alla rovescia,
desideri inconfessati.
Un palcoscenico nero
per un teatro privato.
Il freddo improvviso,
il lembo del lenzuolo
è perduto.
Lo smarrimento è lo stesso
della morte inaspettata
che nega il tempo di comprenderla.

martedì 10 luglio 2007

STEVE MARTIN - Hambuuugaaar

UNA QUESTIONE DI PRONUNCIA

COME SONO CADUTO IN BASSO




Il caldo estivo è una vera maledizione. Le alte temperature e il sostenuto tasso d’umidità dell’aria inducono a devastanti effetti vasodilatatori e traspiranti. Con la testa vuota, la pelle umida, l’umore ipocondriaco, si vaga per la casa oscurata, seminudi e desiderosi di un’altra vita, in un altro posto. La realtà che ci circonda ci appare insopportabile, assolata e traspirante stupidità: persino il cibo è visto con sospetto…giacchè va cucinato e per raffreddarsi ci mette un tempo esagerato. Anche il letto è trasfigurato: la placida alcova ora è un disgustoso sudario, “locus terribilis” in cui si materializzano incubi generati da ore insonni e cedimenti improvvisi al torpore. Questo stato di profondo disagio induce ad alcune riflessioni filosofiche inevitabili: dov’è la libertà, il libero arbitrio, l’autonomia di pensiero e di giudizio quando il termometro sfonda il limite dei 30° ? Come è possibile l’etica e la morale quando uccideresti qualcuno pur di smettere di sudare e puzzare? Vogliamo parlare dell’estetica? E’ sufficiente guardarci allo specchio per concludere che un essere in mutande con l’espressione di un orso polare nel deserto del Sahara non è materialmente in grado di produrre alcunché di esteticamente significativo. Dobbiamo quindi dichiarare forfait, ammettere definitivamente che l’estate è la stagione della bestialità, la fase dell’anno in cui il nostro raziocinio tocca i suoi livelli più bassi. Alla luce di tutto questo diventa tutto più logico e comprensibile: le vacanze (meglio non lavorare, si commetterebbero troppi errori), la spensieratezza (è che proprio i pensieri non vengono, nella mente si forma il vuoto pneumatico), l’amore e le avventure (meglio fornicare che sparare cazzate). Insomma tutta la natura si blocca, persino il vostro cane riprende la sua espressione intelligente solo quando si distende a pancia in giù per rinfrescarsi i maroni sul pavimento. Un delirio generale il cui livello è solo determinato dall’efficienza del condizionatore e dalla quantità di docce rinfrescanti a cui poter ricorrere.
Questa regressione antropologica che colpisce tutti indistintamente infonde un torpore mentale simile ad una condizione pre ipnotica, il nostro giudizio è confuso, il livello di sopportazione è talmente dilatato che non ci rendiamo conto che una grassona in tanga o un panciuto cinquantenne in pinocchietto non sono meno orripilanti dell’ecomostro di Punta Perotti. In altre circostanze climatiche invocheremmo la fucilazione immediata. Invece camminiamo immersi nella folla oscena, anzi ci lasciamo trascinare da essa in un allucinato percorso senza fine e senza senso, come il protagonista di “The Man Of The Crowd” di Edgar Allan Poe. Mentre scendiamo le scale della perdizione abbiamo un unico pensiero: evitare il caldo, cercare di soffrire il meno possibile, e quindi sperimentiamo vecchie e nuove pozioni rinfrescanti: dal tamarindo (con imponenti effetti intestinali) alla cedrata, dall’acqua tonica (causa di rutti violenti e incontrollabili) al tè freddo (poliuria e insonnia); proviamo a nutrirci solo di gelati variopinti: pistacchio e fragola, ribes e albicocca, melone e fico d’india, fino a quando non cadremo vinti dal perfido fascino di un panino con la mortadella e un bicchiere di birra gelata. In questo periodo i luoghi come le rosticcerie, le friggitorie e le pizzerie diventano simili alle fumerie d’oppio: puzzolenti rifugi in cui dimenticare se stessi, sicure promesse di temporaneo estraniamento, un percorso ai confini della realtà che intraprendiamo guidati da calamari e totani fritti. Al mattino, prima che la morsa del caldo ci abbia nuovamente trasformati in Mr. Hyde, avviliti, ci chiediamo:”come ho fatto a cadere così in basso?”, ma l’ora del perfido incantesimo è suonata, dalle ascelle, appena lavate, si alza in sottile odore spiacevole che in pochi minuti diventa nauseabondo, la pelle di tutto il corpo è appiccicosa. Lenti e molli come meduse cominciamo a vagare nell’afoso e micidiale labirinto dell’estate.

lunedì 9 luglio 2007

PINO DANIELE - Putesse essere allero

"PUSTEGGIA" VIRTUALE

VITTORIO GASSMAN - Gassman legge il menù

AFFABULARE E ASSAGGIARE

PIZZA


Servendo
di sera
la pizza.
Tintinnio di vetri,
vociare d’avventori,
lista iperbolica
di promesse in vendita.
La fame solitaria
acuisce il dolore,
l’attesa del cibo,
malinconica e assorta,
racconta il disagio
di una vita qualunque.
Pizza.
Laica eucaristia,
comunione di anima e corpo.
Il mare di fronte
è un immenso lavacro
che riflette tremulo
la luna benedicente.

giovedì 5 luglio 2007

GIUNI RUSSO - Un'estate al mare

STILE BALNEARE

BRUNO MARTINO - E la Chiamano Estate

IL PROFUMO DEL MARE, NON LO SENTO PIU'

ESTATE


L’Estate è la stagione dell’anno in cui meglio si possono osservare i livelli di coglioneria nazionale.
Il vero grande protagonista di questa stagione è solo uno: il mare e i suoi annessi e connessi. Nella mente ormai definitivamente sconvolta di ogni italiano, quei pochi neuroni ancora funzionanti galleggiano sull’acqua di mare, se potessimo scoperchiare il cranio italico medio lo spettacolo sarebbe lo stesso di una scatoletta di tonno al naturale. Non si venga a dire che si tratta di amore per la natura perché allora sarebbe un amore davvero bizzarro: sono gesti d’amore i rifiuti di ogni genere abbandonati sulle spiagge? Né si venga a raccontare che è un bisogno irrefrenabile di relax dopo tanti mesi di vita stressante: è rilassante affrontare file interminabili di auto che si muovono a passo d’uomo? E’ rilassante farsi arrostire cervello e frattaglie schiacciati da una folla vociante, maleducata e spesso orripilante? E’ rilassante bagnarsi in acque pullulanti di colibatteri, mucillagine e meduse schifose? A meno che non si sia malati di mente o appena usciti dopo vent’anni di galera, la risposta è sicuramente negativa. Allora ci dev’essere qualcos’altro, un sottile e perfido meccanismo che spinge milioni di persone a convincersi che questo comportamento è naturale, che queste pratiche siano assolutamente indispensabili e assolutamente divertenti.
Cominciamo col dire che la vacanza (sia essa weekend o soggiorno più lungo) è uno status symbol, è un obbligo sociale, è una forma di integrazione ai modelli dominanti di comportamento. La vacanza è un modo per alimentare la propria autostima, il proprio bisogno di sentirsi pieni di risorse e di avere una sufficiente certezza per il futuro più prossimo. La vacanza rappresenta l’illusione più convincente di aver trascorso un anno applicati al duro lavoro: solo chi ha lavorato duramente sente il vero e irrinunciabile bisogno di un meritato riposo. La vacanza materializza le fantasie più diverse e i desideri più profondi: una vita gaudente e trasgressiva, disponibilità economica, la libera gestione del proprio tempo, un momento della vita in cui si può essere liberamente “se stessi”.
Storicamente la vacanza risale alla cultura romana, quando d’estate era opportuno sottrarsi ai miasmi della città trasformata dal caldo in una fogna a cielo aperto. Inoltre vi era una necessità di carattere economico: trasferirsi nelle “villae”, poste al centro del latifondo, per controllare le operazioni del raccolto di cereali e frutta che rappresentavano le riserve alimentari della famiglia. In questo contesto si inseriva il concetto di “otium”, del tempo cioè dedicato alla lettura, alla scrittura,alla conversazione e alla riflessione. Insomma un concetto “alto” del tempo di sospensione degli affari e della politica, in cui ci si dedicava all’agricoltura (che insieme alla guerra era l’unica attività veramente degna di un uomo) alle lettere e alla filosofia. L’aspetto conviviale e godereccio era assolutamente in secondo piano, era solo un modo per passare alcune serate con gli amici.
L’attuale “otium” italico è invece all’insegna dell’edonismo più sfrenato: le uniche attività consentite sono abbuffarsi, ubriacarsi, lasciare che i propri figli si dedichino liberamente a rompere le balle al resto dell’umanità, ballare, cazzeggiare, ostentare con arroganza la propria imbecillità. Tutto ciò nello scenario di spiagge, lidi, villaggi turistici, lungomare e promenade serale. Ci si sposta da una località all’altra perché lì fanno un gelato eccezionale oppure per andare ad abbuffarsi alla sagra del polpo, alla festa del panino tipico, al festival della birra bavarese da bere a litri su mezzo chilo di grasso a forma di wurstel. L’estate è il campionato del rutto più fragoroso, delle flatulenze più micidiali, della corsa del dissenterico. I rari momenti di soddisfazione più autentica sono quelli in cui si può raccontare con toni superbi di essersi ingozzati all’inverosimile e di aver pagato pochissimo. L’importante è sorvolare sul fatto che il giorno dopo è trascorso seduti sulla tazza del gabinetto, sudati, puzzolenti, tremanti, pensando con nostalgia alla minestrina della mamma. Quelle acque e quei lidi una volta teatro di tanta storia e bellezza sono ora un immenso gabinetto pubblico nel quale sfilano con grottesca sicumera uomini e donne felici di essere lì, di interpretare quella parte in una commedia di grande successo. L’estate prossima si replica.

mercoledì 4 luglio 2007

LUNA





Sole della notte
Illumini l’esistenza
Solo tu proietti l’ombra dell’anima.
La tua luce glauca rischiara la tenebra dolente
I tuoi raggi complici di amanti e assassini
illuminano pietosi le miserie di ognuno.
Astro compassionevole
Indispensabile conforto
di vite neglette,
di segreti terribili,
di pianto soffocato.
Confido nell’algido tuo abbraccio,
non abbandonarmi all’apocalisse
del buio.

STING - Sister Moon (Mystery Edition)

A CHI AMA LA NOTTE

martedì 3 luglio 2007

EPITTETO




"non sono i fatti in sé che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti. Per esempio, la morte non è nulla di terribile (perché altrimenti sarebbe sembrata tale anche a Socrate): ma il giudizio che la vuole terribile, ecco, questo è terribile. Di conseguenza, quando subiamo un impedimento, siamo turbati o afflitti, non dobbiamo mai accusare nessun altro tranne noi stessi, ossia i nostri giudizi. Incolpare gli altri dei propri mali è tipico di chi non ha educazione filosofica; chi l'ha intrapresa incolpa sé stesso; chi l'ha completata non incolpa né gli altri né se stesso"

Epitteto

domenica 1 luglio 2007

Laurindo Almeida with The Modern Jazz Quartet

NELL'ATTESA, VOGLIATE GRADIRE...

Mission: Impossible Opening Montage 1

APPENA TERMINO LA MIA MISSIONE, TORNERO' A SCRIVERE.