venerdì 22 giugno 2007

giovedì 21 giugno 2007

WILDE



" Un uomo il cui desiderio è essere qualcosa di diverso da sè stesso, un membro del Parlamento, o un droghiere di successo, o un prestigioso procuratore legale, o un giudice, o qualcosa di ugualmente noioso, riesce invariabilmente a diventare ciò che vuole. Questa è la sua punizione. Coloro che vogliono una maschera devono indossarla. "

Oscar Wilde

BILLIE HOLIDAY - fine and mellow 1957

ALLA CORTE DI BILLIE

MICHAEL HEDGES - Because It's There

SEMPLICEMENTE UNICO

mercoledì 20 giugno 2007

STRINGFEVER - Bolero

L'ARTE DELL'ORIGINALITA'

CANTO NOTTURNO DI UN ENTOMOLOGO

Capaci di vivere.
Malgrado la vita.
E’ un’arte difficile,
una disciplina complessa.
Apprendisti fino all’ultimo giorno,
ne cogliamo il senso profondo
poco prima di cessare.
Allora le lacrime e il riso saranno svelati,
lo stupore e l’amore saranno compresi,
l’ardore dei sensi avrà una risposta.
Ricordi entusiastici, racconti fantastici,
ombre opprimenti, pesanti, dolenti.
Tutto avrà un senso evidente.
Sembrerà strano non averci pensato,
sarà impossibile gridarlo alla terra,
che il nostro senso sarà nostro soltanto
e il nostro tempo è ormai passato.
Questa è un’arte che non si tramanda,
sono idee impastate da liquidi umani,
fantasmi viventi nell’anima fonda.
Viviamo la vita per quell’istante,
come falena un attimo prima
di volare nell’aria rovente
sopra la fiamma notturna.


Mr. BEAN - Nativity Scene

L'ARTE DELL'IMMAGINAZIONE

THE POLICE - Don't Stand So Close To Me

L'ARTE DELLA CANZONE

HATTORI

L'ARTE DEL COLPIRE

venerdì 15 giugno 2007

ASTOR PIAZZOLLA - Libertango

ASCOLTO ESTATICO

BIALETTI - Carosello

UNA MOKA PER TUTTI

CAFFE' PAULISTA - Carosello

CAFFEINA ALLUCINOGENA

IL TORMENTO E L'ESTASI


Superare l’evento traumatico del risveglio è sempre un’impresa. Indipendentemente dalle condizioni meteorologiche e stagionali, il ritorno alla realtà procura disagio e alimenta uno stato di temporanea confusione mentale. Il rito del primo caffè del mattino assolve dunque alla necessaria funzione di efficiente rientro nel mondo dei vivi e di indispensabile riconnessione della rete neuronale. La fase più critica di questo processo che, per certi aspetti, è molto simile alla nascita, è quel lasso di tempo durante il quale, attoniti, si aspetta che la caffettiera termini il suo delicato lavoro e ci offra il nero elisir di benvenuto nella realtà. Il sottoscritto, per scelta ideologica e adesione spirituale al principio panteistico, usa la caffettiera napoletana che, notoriamente, richiede tempi di preparazione molto più lunghi di quelli della moka. Questa circostanza fa sì che la durata del mio “limbo mentale” quotidiano sia molto maggiore e quindi diventi necessario assumere delle tecniche capaci di far trascorrere nel modo più indolore il tormento spirituale e il torpore mentale che puntualmente si ripresenta giorno dopo giorno. Naturalmente è da scartare a priori il ricorso alla televisione e/o al computer; il motivo è duplice: il forte effetto ipnotico del tubo catodico, che potrebbe facilmente gettarci in uno stato di pericolosa catalessi permanente, e la qualità delle notizie ed informazioni che potremmo ascoltare e vedere, cominciare la giornata con morti ammazzati, la faccia di Prodi o la ricetta di pasta con le sarde, non è molto incoraggiante. Molto utile, invece, è dedicarsi all’osservazione di quanto accade fuori, per strada, se si può godere di un buon panorama, altrimenti dirottare il nostro sguardo bovino (gli occhi sono sempre gonfi al mattino) verso le formiche che pascolano fra le briciole sul pavimento. E’ molto più rilassante di un documentario di National Geographic e, in più, se si vuole, si può interagire amabilmente con i simpatici insetti. Un’altra possibilità consiste nel dedicarsi alla lettura, ma non di giornali o libri, che sono troppo impegnativi per i pochi neuroni attivi in quel momento: molto indicata è la lettura delle etichette di cibi e bevande, anche se il massimo consiste nell’analisi lenta e scrupolosa di uno scontrino di supermercato, di quelli lunghi, con almeno una decina di voci. Se poi abbiamo la forza di leggere ad alta voce e ripetutamente, le parole e i numeri si trasformano in una sorta di cabala beneugurante ripetuta come un mantra ad alto potere energetico. Nel caso fortunato in cui abbiamo un animale domestico, quello è il momento migliore della giornata per intavolare una bella conversazione, tenendo sempre presente che tartarughe e pesci rossi sono caratterialmente poco loquaci, ma ottimi ascoltatori. E’ sconsigliabile sfruttare il tempo di attesa dedicandosi al consueto rito evacuatorio, giacchè esso richiede capacità di concentrazione, efficienza muscolare e coordinamento respiratorio: il rischio di rimanere bloccati sulla tazza con le gambe che formicolano è molto alto. Altra cosa da non fare assolutamente è guardarsi nello specchio: pare che sia statisticamente provato che gli attacchi cardiaci di primo mattino siano imputabili a questa causa.
In un modo o nell’altro il tempo è passato e ora siamo pronti a sorbire la quotidiana magica pozione. La caffettiera napoletana produce una bevanda metafisica: per comprenderlo è sufficiente pensare al suo funzionamento. L’acqua bollente scende dall’alto verso il basso, attraversando, con la grazia simile alla pioggia, la capsula che contiene la polvere profumata. Come da fertile terra fecondata, sgorga, lento, libero e fragrante, un rivolo di liquida felicità. Il tormento dell’ansiosa attesa è cessato, ora possiamo cogliere l’estasi visionaria che lautamente ci ripagherà di tanta sofferenza. Respirando le calde, profumate volute di fumo è possibile percepire il soffio della vita che ci attraversa dolcemente, gustando a piccoli sorsi la scura bevanda, comprendiamo la grazia del creato e sentiamo di farne parte in armonico equilibrio. Ancora una volta il primo grande rito della giornata si è concluso felicemente e noi siamo in grado di affrontare le dure prove della vita. Grazie ad esso ci siamo impossessati dello zen dell’istante, possiamo cogliere gli aspetti più nascosti della complessa realtà che ci circonda. Se qualcosa non dovesse funzionare, provare a (nell’ordine): cambiare marca di caffè, cambiare caffettiera, cambiare moglie.

giovedì 14 giugno 2007

RALPH TOWNER

ILLUMINAZIONI. CAPITOLO TERZO

MILES DAVIS - So What

ILLUMINAZIONI. CAPITOLO SECONDO

RICHARD WAGNER - Die Walküre.

ILLUMINAZIONI. CAPITOLO PRIMO

mercoledì 13 giugno 2007

LUCIANO DE CRESCENZO - Così Parlò Bellavista

SOFFRIRE LA CONDIZIONE UMANA

MASSIMO TROISI - Scusate il Ritardo

SOFFRIRE D'AMORE

ORIANA



" Il niente è da preferirsi al soffrire? Io perfino nelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi al niente. "

Oriana Fallaci

martedì 12 giugno 2007

THE TWILIGHT ZONE

ESSERE DIVERSI

ALIENO


Estraneo alla mia casa.
Come nato da un seme spurio,
preferisco storie apocrife,
fatti contraddetti,
lati oscuri e impietosi.
Declamo l’impronunciabile,
amo il grottesco celato,
gusto il sapore del vento,
ascolto il suono dei colori.
Solo Amore e Conoscenza
percorrono liberi i miei tubi di sangue.
Occhi profondi e parole non dette
sono per me la risposta.
Sento il peso del pensiero millenario
e della violenza primordiale.
Sono un naufrago genetico,
una collezione vivente di geni strampalati,
una wunder kammer imbarazzante.
Osservo ogni giorno la vita
per la prima e ultima volta.
Alieno, cerco uno sguardo da incrociare
in cui poter riflettere la mia solitudine,
quegli occhi, finalmente, saranno
la mia casa.

STING - Englishman in New York

SENTIRSI DIVERSI

lunedì 11 giugno 2007

GLENN GOULD - Goldberg Variations 1-7

LE FRONTIERE DELLA PERFEZIONE

STANLEY KUBRICK - The Shining

LE FRONTIERE DELL'ORRORE

STANLEY JORDAN - Cousin Mary

LE FRONTIERE DELLA TECNICA

FRONTIERE INTERIORI


Il nostro carattere, le opinioni, il modo di vedere la vita e di relazionarci con il prossimo determinano le nostre “frontiere interiori”: situazioni, circostanze, frequentazioni e modi di vivere che riconosciamo come incompatibili col nostro modo di essere e che cerchiamo di evitare nel modo più assoluto. Quando capita, e succede senz’altro, di non poter evitare tutto ciò a causa di motivi che giudichiamo ben più seri ed importanti, decidiamo di fare il passo fatidico e varchiamo la linea della “frontiera” con coraggio misto a disagio, attenti a non fare passi troppo lunghi e cercando di mantenerci il più vicino possibile al confine, in modo da poter operare, se è il caso, una opportuna ritirata strategica. I motivi che possono spingerci a queste pericolose (per il nostro equilibrio interiore) incursioni “oltre confine” sono di solito riconducibili all’affettività, all’opportunità legata al lavoro e/o al successo personale, a necessità di tipo economico e ad uno stato alterato della coscienza. Lo stato psicologico che accompagna il percorso attraverso questi luoghi nemici e pericolosi è comparabile a quello di colui che, naufragato su un’isola solitaria, si avventura nella giungla alla ricerca di acqua e cibo. Naturalmente, affinché si possano raggiungere gli effetti desiderati, è indispensabile affrontare queste situazioni con una convincente naturalezza attivando tutte le nostre capacità di dissimulazione e di positiva predisposizione, altrimenti correremmo il rischio di ottenere risultati assolutamente opposti a quelli auspicati. Una tattica che si rivela sempre vincente consiste in un approccio umoristico (dosato ed equilibrato, soprattutto se ci troviamo a partecipare ad eventi tipo funerali o conferenze sulla fame nel mondo), riuscire, cioè, a leggere quegli aspetti verso i quali proviamo avversione o intolleranza con gli occhi divertiti di un osservatore acuto della commedia umana e dei suoi lati più grotteschi. Tutto ciò ci mette nella condizione di essere brillanti e di imbastire conversazioni piacevoli che mettono in evidenza una molto apprezzata simpatia e sempre ammirata lievità di giudizio. Non c’è nulla che dia più successo del far sentire un imbecille una persona intelligente e interessante.
Fin qui abbiamo esaminato gli aspetti più utilitaristici, e se vogliamo più cinici, della questione. Dobbiamo ora considerare una eventualità che si manifesta molto più spesso di quanto non si pensi: che in questa situazione “limite” in cui ci siamo cacciati per i vari motivi di cui sopra, cominciamo a trovarci autenticamente a nostro agio. Lentamente scopriamo che esistono gli imbecilli simpatici, addirittura i falsi imbecilli, per non parlare della scoperta di alcune nostre inconsapevoli risorse relative alla capacità di adeguarci alle circostanze più avverse senza dover rinunciare a pezzi importanti della nostra personalità. Con un certo stupore ci rendiamo conto che i limiti che ci eravamo posti non sono fissi e immutabili e che, a questo punto, è necessario spostarli in avanti allargando l’area della nostra coscienza. Ci scopriamo più indulgenti, più tolleranti. In generale, la vita ci sembra, più che un faticoso percorso in salita, un enorme campo da gioco in cui la partita può sempre diventare vincente, fino all’ultimo secondo di gioco. L’unico problema è che non ci è dato di sapere quanto tempo durerà la partita e quindi ci tocca giocare ogni minuto come fosse l’ultimo. Questa consapevolezza ci deve infondere la capacità di essere sempre pronti a spostare le nostre “frontiere interiori” e ci deve convincere che dietro ogni pretesa coerenza si può nascondere il demone della presunzione, dell’accidia affettiva, del rifiuto di conoscersi del tutto e di ammettere le proprie inevitabili contraddizioni. Essere guardiani intransigenti dei propri “confini” è un comportamento molto pericoloso che può portare a veri propri deliri di onnipotenza e/o a considerarsi vittime predestinate della cattiveria e dell’incomprensione. La negatività delle esperienze passate non giustifica niente, se non quello che è accaduto; quando il passato incomincia ad insinuarsi subdolamente nel presente e addirittura nel futuro dobbiamo preoccuparci: o siamo affetti dalla “sindrome dello sfigato” o siamo talmente egocentrici e presuntuosi da pensare che le nostre vicende siano delle “gesta epiche” di cui parlerà e scriverà tutta la posterità. E’ necessario ridimensionarsi, siamo soggetti alla casualità, all’efficienza del nostro organismo e alla nostra capacità di sopportazione, e poi potrebbe sempre accadere di incontrare la persona dei nostri sogni mentre balliamo la lambada per digerire una pizza calabrese mangiata con rabbia nel locale “Edelweiss” a Bari Palese: una baita tirolese sulle rive di un lurido mare Adriatico.

giovedì 7 giugno 2007

SANTANA - Samba pa ti

BALLI DISPERATI D'AMORE

GIUFFRE' / FENECH - La signora gioca bene a scopa?

ONORE AL MERITO

BARBRA STREISAND - The Way We Were (1975)

LA CANZONE

COME ERAVAMO - The Way We Were

APPARIZIONE DAL PASSATO

COME ERAVAMO


Indipendentemente dalla nostra età, quando ripensiamo alle stagioni della vita trascorse siamo assaliti da una sorta di malinconica indulgenza. Rivediamo gli anni e le esperienze passate con animo venato dal rimpianto di non aver capito che allora eravamo felici e sicuramente molto più spensierati di quanto non lo siamo ora. E’ un meccanismo curioso questo, perché rimangono impressi nella memoria i momenti più belli e contemporaneamente vengono rimossi, o comunque molto attenuati, quelli spiacevoli e dolorosi. Dimentichiamo la rabbia profonda di dover dipendere da una famiglia opprimente e poco comprensiva, dimentichiamo il fortissimo desiderio di diventare adulti e indipendenti, dimentichiamo terrificanti notti masturbatorie, dimentichiamo quegli interminabili attimi di puro terrore che precedevano le interrogazioni e che nessun film horror sarà mai capace di riprodurre. Dimentichiamo persino quella vulcanica energia impiegata a gridare la voglia di cambiare le cose, il diritto di pretendere una società migliore, il desiderio furente di frantumare vuote convenzioni e grandi ipocrisie. Ricordando come vestivamo e come portavamo i capelli, ci abbandoniamo alle note della musica di quegli anni e agli sguardi del primo amore sbocciato ad una festa, ballando e fumando fuori al balcone. La nostra indulgenza è talmente forte da scatenare vere e proprie allucinazioni, scambiamo le devastanti scariche ormonali giovanili con l’amore, confondiamo il bisogno disperato di conoscere il corpo e l’anima dell’altro sesso con romanticherie alla Giulietta e Romeo. Soprattutto non ricordiamo il caos totale che dimorava dentro di noi, quella sorda, dolorosa sensazione di alienazione che è tipica di chi non è ancora adulto, ma non più ragazzino. E che dire poi degli sventurati affetti da deturpante acne giovanile o dei disperati e disperate che scoprivano di essere brutti e indesiderabili ? Piccole grandi tragedie, sofferenze infinite, pensieri di morte annegati nel mare delle vacanze estive, grande rabbia e voglia di vendetta.
Riusciamo a rimuovere tutto questo enorme disagio perché il vero grande rimpianto è quello che riguarda la nostra età, non ci rassegniamo al fatto che la clessidra non si ferma mai, i suoi granelli di minuti secondi scorrono in continuazione, anche quando dormiamo. Il nostro desiderio maggiore è quello di avere davanti a noi un orizzonte temporale illimitato, come quando eravamo giovani. Ora, che riteniamo di avere le idee chiare, che sappiamo quel che vogliamo realmente, che abbiamo imparato a muoverci in questa pericolosa e vischiosa società, ora ci accorgiamo che l’orizzonte non è più libero, si cominciano a intravedere le bandiere, gli striscioni e la folla anonima che attende all’arrivo. Una gara singolare questa, in cui vince chi arriva per ultimo. Veniamo presi dall’ansia e incominciamo a rallentare l’andatura, a guardarci indietro a ripensare alle tappe intermedie che abbiamo superato con incosciente voglia di andare sempre più avanti, nel più breve tempo possibile. Insieme a questo ripensamento malinconico del passato si forma una insana, forte invidia per i giovani d’oggi: noi eravamo molto meglio, ci si ripete e si afferma in ogni circostanza. Ancora una volta l’allucinazione sovrasta e cancella la realtà, non vogliamo ammettere che la maggioranza di noi ripeteva babbionescamente frasi fatte da altri e slogan francamente demenziali, leggeva libri e vedeva films che non capiva, ci si rifaceva la bocca andando in massa al primo spettacolo, quello canicolare, di tutti i films con Edwige Fenech (che Dio la benedica). Quando ripenso a quegli anni e a come eravamo non posso fare a meno di dire che eravamo messi piuttosto male. Uno solo era il vero autentico punto di riferimento di centinaia di migliaia di poveri giovani disperati e onanisti incalliti, una sola la figura consolatoria e comprensiva dei nostri drammi profondi, dovrebbero darle un’ onorificenza per indubbi meriti sociali. Che dico? Non basta… Edwige Fenech senatrice a vita! Sarebbe una grande soddisfazione per tutti noi e forse un’occasione unica per sperare nel ricongiungimento del cittadino con l’istituzione.

mercoledì 6 giugno 2007

GENE KRUPA / BUDDY RICH -Drum battle

DUE GRANDI FILOSOFI

MONTY PYTHON - The Meaning Of Life

IL SENSO DELLA VITA?

CAPAREZZA - Tutto ciò che c'è

NIENTE DI NUOVO

TUTTO IL SENSO DELLA VITA


Il senso della vita. Quanto più si legge, si approfondisce e si riflette, tanto più ci si rende conto che è stato già detto e scritto tutto. Non facciamo altro che riproporci interrogativi ed affrontare dilemmi che sono sempre gli stessi; nonostante il progresso scientifico allarghi l’area delle nostre conoscenze, alla fin fine ci troviamo di fronte alle stesse questioni senza riuscire a darci una risposta plausibile o perlomeno sufficiente. Così c’è chi si ostina a perseguire il suo scopo divorando libri e avventurandosi in dibattiti sempre più complessi e chi, invece, getta subito la spugna accantonando la questione per dedicarsi a cose che non spiegano nulla ma, almeno, rendono la vita più sopportabile. Resta un mistero come una serata in discoteca o una giornata sulla riviera romagnola rendano la vita più sopportabile, ma sui gusti individuali non si deve sindacare poiché la perversione umana non ha limiti, basta vedere chi siede in parlamento per convincersene.
L’uomo occidentale (ma ora questa cultura è diffusa a livello planetario) è ingabbiato nella ferrea logica del principio causa-effetto e nella convinzione che esista sempre la Verità; egli è sicuro che esista una realtà oggettiva, un “fuori dal sé” oggettivamente configurato e valido per tutti. Questa visione aristotelica della realtà porta inevitabilmente a pensare che anche il senso della vita, il suo significato profondo, sia valido per tutti, per tutta l’umanità. Nonostante Einstein ci abbia dimostrato che le nostre percezioni sono relative e che persino la realtà è illusoria, continuiamo a masticare falsi luoghi comuni del tipo: “la matematica non è un’opinione” o “fatti incontrovertibili”. Ancora una volta emerge prepotente il delirio di onnipotenza che alberga in ciascuno di noi; la pretesa di comprendere e di manipolare ogni cosa è condensata nella famosa frase “volere è potere”, che in realtà è una bestemmia, tanto spesso inculcata alle giovani generazioni senza riflettere sulle pericolose implicazioni che essa comporta. Ci illudiamo che il superuomo determinato e volitivo possa fare ciò che vuole, fino a quando un cancro alla prostata o un camionista ubriaco non avranno deciso che debba soccombere. In realtà la nostra vita assomiglia molto a quei piccoli formicai, creati con lavoro alacre in un paio di giorni e completamente distrutti dalla scarpa distratta ed egoista di un umano frettoloso. Come possiamo pensare di poter trovare risposte certe quando è sufficiente una delusione d’amore a gettarci nella disperazione più cupa e a sconvolgere le nostre certezze, costruite in anni di vita ed esperienze? E che dire quando le sublimi architetture del nostro pensiero vengono messe in crisi, fino a sentire un senso di morte imminente, a causa di una cozza avariata? Per non parlare di quelle dolci, tremende domande che può fare solo un bambino e alle quali non sappiamo rispondere.
Le uniche volte in cui ci sembra di aver colto il senso della vita è stato quando lo abbiamo “sentito”, lo abbiamo percepito per pochi istanti senza alcuna mediazione razionale guardando negli occhi la persona amata, contemplando un paesaggio o gustando un bicchiere di vino. Abbiamo avuto la fortuna di cogliere un istante prezioso e inaspettato di illuminazione perché lo abbiamo vissuto senza la pretesa di comprenderlo e non saremo mai capaci di descriverlo compiutamente. E’ la gioia infinita del precario stupore, è un dono unico della vita intensamente vissuta, in ogni suo istante. Forse questa parabola zen riesce a darne il senso più profondo:
“ Un uomo che camminava per un campo si imbattè in una tigre. Si mise a correre, tallonato dalla tigre. Giunto a un precipizio, si afferrò alla radice di una vite selvatica e si lasciò penzolare oltre l’orlo. La tigre lo fiutava dall’alto. Tremando, l’uomo guardò giù, dove, in fondo all’abisso, un’altra tigre lo aspettava per divorarlo. Soltanto la vite lo reggeva. Due topi, uno bianco e uno nero, cominciarono a rosicchiare pian piano la vite. L’uomo scorse accanto a sé una bellissima fragola. Afferrandosi alla vite con una mano sola, con l’altra spiccò la fragola. Com’era dolce!

lunedì 4 giugno 2007

TOTO' - MISERIA E NOBILTA' - scena spaghetti

MEZZOGIORNO VISIONARIO

CAROSELLO carne montana -gringo- 1966

MEZZOGIORNO DI CUOCO

FRED ZINNEMANN - High Noon - Intro

MEZZOGIORNO DI FUOCO

DEMONI MERIDIANI


Non tutti sanno che nella cultura classica e nella mitologia antica il mezzogiorno è l’ora magica per antonomasia. A mezzogiorno il sole è alla metà esatta del suo cammino, da quel momento inizierà la sua parabola discendente, esso si trova allo zenit e produce l’ombra più corta; il mezzogiorno è il momento più caldo della giornata, quello in cui cessa ogni movimento dell’aria, quello in cui gli animali si riparano all’ombra dei raggi del sole, in silenzio. Per molto tempo il mezzogiorno è stato il solo istante oggettivamente identificabile attraverso la brevità dell’ombra prodotta: esso è un’ora di passaggio e rappresenta un terribile momento critico. Poiché l’ombra ha da sempre rappresentato, analogicamente, l’anima, il momento in cui l’ombra è al suo minimo di lunghezza costituisce un pericolo grave di perdita, di perdizione. A mezzogiorno, nel mondo antico, si sacrificava per i defunti, questa era l’ora dedicata a loro ed era l’ora in cui era loro possibile effettuare incursioni nel mondo dei vivi. A mezzogiorno il lavoro era sospeso, così come gli affari e la politica; gli animali al pascolo riposavano in luoghi ombrosi, i templi erano chiusi. Tuttora i cimiteri chiudono a quell’ora. Mezzogiorno non era solo l’ora dei morti ma anche l’ora della morte, in quel silenzio e in quell’immobilità della natura i raggi del sole cessavano di essere benefici per manifestare il massimo della loro potenza devastatrice e disseccante. Era l’ora delle Sirene e delle cicale, il cui canto induce all’accidia che precorre la morte; l’ora in cui Ninfe, Satiri e Demoni, hanno libero accesso al mondo degli umani; l’ora in cui sogni, incubi e visioni possono colpire coloro che stanchi e accalorati cedono al sonno. Sono passati tremila anni, il cristianesimo ha sepolto questa mitologia attraverso il binomio Luce-Bene che si oppone a quello Tenebra-Male, eppure i demoni meridiani ci sono ancora, hanno assunto nuove forme, ma continuano a perseguitarci.
Per quanto riguarda la categoria dei demoni urbani è vitale tenersi alla larga da: “demonium furgonatus”, un’orribile creatura che gira per le strade su un furgone variopinto strombazzando in continuazione, a mezzogiorno preciso suonerà alla vostra porta offrendovi cibi maledetti tipo vaschette di gelato dai colori fosforescenti, pizze, crocchette e patatine surgelate ad altissimo potere allucinogeno con digestione garantita entro le 48 ore e diarrea entro le 72.
Segue il “demonium typographicus”, busserà per consegnarvi tremende maledizioni contenute in fogli colorati: attratti dalle diciture “offerta speciale” e “vendita promozionale” sarete risucchiati in un vortice di smanie perverse, sentirete un irrefrenabile bisogno di acquistare parabole satellitari e confezioni di carta igienica per un reggimento.
In estate, sulla spiaggia, non potrete evitare l’incontro con i demoni marini: “nympha obesa”, una creatura raccapricciante di sesso femminile, con età apparente tra i trenta e i sessant’anni, capelli di colore variabile tra il nero corvino, il rosso fuoco e il biondo platinato. Riccamente inanellata, catenina alla caviglia, piccolo tatuaggio (solitamente una farfalla) sul deltoide o sulla spalla, costume da bagno in due pezzi ridottissimi, un imponente pannicolo adiposo ventrale più o meno cascante in base all’età. Come se non bastasse la visione orripilante, si avvicinerà per chiedervi di accenderle una sigaretta mostrando una protesi dentale da squalo bianco, da quel momento smetterete di fumare. Per le vittime di sesso femminile c’è il “demonium priapeus”, un essere viscido iperabbronzato, brizzolato, petto villoso e mega orologio scuba in acciaio, occhiali da sole alla moda e costume da bagno con prominenza pubica esagerata, roba da un chilo di carne a riposo.
Sceglie le sue vittime offrendo ricci di mare puliti e acquistati alla bancarella più vicina.
Infine rimane il più pernicioso, il “demonium puerulus”, sotto le sembianze di un bambino grassottello si cela un crudelissimo spirito del male; urla, movimenti inconsulti da indemoniato, corse frenetiche calpestando tutto e tutti (voi sarete i primi), con la sua mitragliatrice ad acqua trasformerà il vostro giornale preferito in una poltiglia più schifosa di una medusa morta. Non c’è scampo, l’unico rimedio è fuggire immediatamente.
Preferite una passeggiata in città? Attenti ai demoni subdoli, a mezzogiorno in punto si materializzerà di fronte a voi il “demonium ethilicus”, assumendo le sembianze di un vecchio amico vi costringerà a bere un cocktail micidiale (circa 40 gradi) con obbligo di panzerottini a temperatura di fusione e piccole ostriche putrefatte. Ubriaco e futuro dissenterico, tornerete a casa promettendo a voi stessi che d’ora in poi a mezzogiorno si va a letto.