giovedì 7 giugno 2007

COME ERAVAMO


Indipendentemente dalla nostra età, quando ripensiamo alle stagioni della vita trascorse siamo assaliti da una sorta di malinconica indulgenza. Rivediamo gli anni e le esperienze passate con animo venato dal rimpianto di non aver capito che allora eravamo felici e sicuramente molto più spensierati di quanto non lo siamo ora. E’ un meccanismo curioso questo, perché rimangono impressi nella memoria i momenti più belli e contemporaneamente vengono rimossi, o comunque molto attenuati, quelli spiacevoli e dolorosi. Dimentichiamo la rabbia profonda di dover dipendere da una famiglia opprimente e poco comprensiva, dimentichiamo il fortissimo desiderio di diventare adulti e indipendenti, dimentichiamo terrificanti notti masturbatorie, dimentichiamo quegli interminabili attimi di puro terrore che precedevano le interrogazioni e che nessun film horror sarà mai capace di riprodurre. Dimentichiamo persino quella vulcanica energia impiegata a gridare la voglia di cambiare le cose, il diritto di pretendere una società migliore, il desiderio furente di frantumare vuote convenzioni e grandi ipocrisie. Ricordando come vestivamo e come portavamo i capelli, ci abbandoniamo alle note della musica di quegli anni e agli sguardi del primo amore sbocciato ad una festa, ballando e fumando fuori al balcone. La nostra indulgenza è talmente forte da scatenare vere e proprie allucinazioni, scambiamo le devastanti scariche ormonali giovanili con l’amore, confondiamo il bisogno disperato di conoscere il corpo e l’anima dell’altro sesso con romanticherie alla Giulietta e Romeo. Soprattutto non ricordiamo il caos totale che dimorava dentro di noi, quella sorda, dolorosa sensazione di alienazione che è tipica di chi non è ancora adulto, ma non più ragazzino. E che dire poi degli sventurati affetti da deturpante acne giovanile o dei disperati e disperate che scoprivano di essere brutti e indesiderabili ? Piccole grandi tragedie, sofferenze infinite, pensieri di morte annegati nel mare delle vacanze estive, grande rabbia e voglia di vendetta.
Riusciamo a rimuovere tutto questo enorme disagio perché il vero grande rimpianto è quello che riguarda la nostra età, non ci rassegniamo al fatto che la clessidra non si ferma mai, i suoi granelli di minuti secondi scorrono in continuazione, anche quando dormiamo. Il nostro desiderio maggiore è quello di avere davanti a noi un orizzonte temporale illimitato, come quando eravamo giovani. Ora, che riteniamo di avere le idee chiare, che sappiamo quel che vogliamo realmente, che abbiamo imparato a muoverci in questa pericolosa e vischiosa società, ora ci accorgiamo che l’orizzonte non è più libero, si cominciano a intravedere le bandiere, gli striscioni e la folla anonima che attende all’arrivo. Una gara singolare questa, in cui vince chi arriva per ultimo. Veniamo presi dall’ansia e incominciamo a rallentare l’andatura, a guardarci indietro a ripensare alle tappe intermedie che abbiamo superato con incosciente voglia di andare sempre più avanti, nel più breve tempo possibile. Insieme a questo ripensamento malinconico del passato si forma una insana, forte invidia per i giovani d’oggi: noi eravamo molto meglio, ci si ripete e si afferma in ogni circostanza. Ancora una volta l’allucinazione sovrasta e cancella la realtà, non vogliamo ammettere che la maggioranza di noi ripeteva babbionescamente frasi fatte da altri e slogan francamente demenziali, leggeva libri e vedeva films che non capiva, ci si rifaceva la bocca andando in massa al primo spettacolo, quello canicolare, di tutti i films con Edwige Fenech (che Dio la benedica). Quando ripenso a quegli anni e a come eravamo non posso fare a meno di dire che eravamo messi piuttosto male. Uno solo era il vero autentico punto di riferimento di centinaia di migliaia di poveri giovani disperati e onanisti incalliti, una sola la figura consolatoria e comprensiva dei nostri drammi profondi, dovrebbero darle un’ onorificenza per indubbi meriti sociali. Che dico? Non basta… Edwige Fenech senatrice a vita! Sarebbe una grande soddisfazione per tutti noi e forse un’occasione unica per sperare nel ricongiungimento del cittadino con l’istituzione.

2 commenti:

Dyo ha detto...

Hai proprio ragione. Arrivati al "giro di boa", come scrive qualcuno, ci si rende conto che, forse, la maggior parte di strada è stata già percorsa. Si pensa al passato come all'età dell'oro sapendo bene che, di quell'età, si rimpiange quasi solo il fatto che si era più giovani. E le liti con i genitori, le ribellioni, le prime batoste sentimentali, i complessi per i brufoli o per la ciccia diventano ricordi dolcissimi. Tutto è più dolce della brutta sensazione che dà il tempo che passa. E non c'è rimedio. Penso non consolerebbe nemmeno la Fenech senatrice. ;-)

Anonimo ha detto...

"Edwige Fenech senatrice a vita! Sarebbe una grande soddisfazione per tutti noi e forse un’occasione unica per sperare nel ricongiungimento del cittadino con l’istituzione" .....solito discorso maschilista, come se la gonnella di una donna possa bastare a salvare i valori della patria.Adriana