Il 2006 è stato un anno molto particolare per il cinema: cadevano, contemporaneamente, il centesimo anniversario della nascita e il trentesimo della morte di Luchino Visconti (1906-1976).
Nessun mezzo di comunicazione di massa si è preoccupato di rendere omaggio a uno dei più grandi maestri del cinema mondiale. La televisione (il mezzo più indicato per questo tipo di commemorazione) era troppo occupata con il duello politico-elettorale fra la “mortadella” e il “cavaliere mascarato”, con il gossip più trucido, con gli scandali calcistici e con le fiction da paese sudamericano. I palinsesti ribollivano di fetenzie di ogni genere per rincorrere gli ascolti e fare incetta pubblicitaria, non c’era tempo né spazio da dedicare all’arte.
Bisogna anche dire che Visconti non è mai stato molto gradito all’establishment: snob, omosessuale e decadente, per la sinistra; marxista e omosessuale, per la destra. I suoi film hanno sempre spiazzato la modesta e faziosa critica cinematografica italiana, alla continua ricerca di schemi e stereotipi stilistici in cui inserire il cinema nazionale per poi osannare spudoratamente quello estero. La filmografia di Luchino Visconti è costellata di grandi capolavori non sempre subito riconosciuti dal pubblico ma che, cresciuti nel tempo, sono diventati delle pietre miliari assolute della tecnica e dell’arte cinematografica. Il genio e l’arte di Luchino Visconti sono assolutamente trasversali rispetto ai generi e alle influenze stilistiche che ha sperimentato; la sua è arte suprema del “mettere in scena”, del rappresentare, l’arte del “racconto visionario” quale è il cinema. A cominciare con Ossessione (1943) per proseguire con La Terra Trema (1948), Bellissima (1951), Senso (1954), Le Notti Bianche (1957), Rocco e i suoi Fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), Vaghe Stelle dell’Orsa (1965), Lo Straniero (1967), La Caduta degli Dei (1969), Morte a Venezia (1971), Ludwig (1973), Gruppo di Famiglia in un Interno (1974), L’Innocente (1976), egli attraversa la letteratura, la storia, l’amore, i problemi sociali ed esistenziali, con una sensibilità ed un occhio unici, inimitabili, assolutamente originali. Luchino Visconti ha anche firmato regie teatrali e d’opera che sono nella storia e sono ancora oggetto di studio. Visconti è stato colui che ha scoperto le grandi doti drammatiche di Maria Callas, è stato il maestro di Francesco Rosi e Franco Zeffirelli, ha lanciato grandi artisti come Alain Delon e Claudia Cardinale, ha riproposto il melodramma come “opera totale”. La sua meticolosa attenzione per i più minimi particolari ha insegnato che la finzione è il doppio della realtà: la rappresentazione non è imitazione, ma realtà possibile, realtà ipotetica, materializzazione dell’idea e del sogno.
Luchino Visconti è un gigante della cultura, ma è scomodo perché pone interrogativi e tocca le coscienze; a lui, a questo gigante, il potere preferisce i nanetti dello spettacolo volgare e ignorante portabandiera della sottocultura del pettegolezzo e delle chiacchiere da caffè. La celebrazione quotidiana dell’oscenità non può interrompersi, non sarebbe serio.
Nessun mezzo di comunicazione di massa si è preoccupato di rendere omaggio a uno dei più grandi maestri del cinema mondiale. La televisione (il mezzo più indicato per questo tipo di commemorazione) era troppo occupata con il duello politico-elettorale fra la “mortadella” e il “cavaliere mascarato”, con il gossip più trucido, con gli scandali calcistici e con le fiction da paese sudamericano. I palinsesti ribollivano di fetenzie di ogni genere per rincorrere gli ascolti e fare incetta pubblicitaria, non c’era tempo né spazio da dedicare all’arte.
Bisogna anche dire che Visconti non è mai stato molto gradito all’establishment: snob, omosessuale e decadente, per la sinistra; marxista e omosessuale, per la destra. I suoi film hanno sempre spiazzato la modesta e faziosa critica cinematografica italiana, alla continua ricerca di schemi e stereotipi stilistici in cui inserire il cinema nazionale per poi osannare spudoratamente quello estero. La filmografia di Luchino Visconti è costellata di grandi capolavori non sempre subito riconosciuti dal pubblico ma che, cresciuti nel tempo, sono diventati delle pietre miliari assolute della tecnica e dell’arte cinematografica. Il genio e l’arte di Luchino Visconti sono assolutamente trasversali rispetto ai generi e alle influenze stilistiche che ha sperimentato; la sua è arte suprema del “mettere in scena”, del rappresentare, l’arte del “racconto visionario” quale è il cinema. A cominciare con Ossessione (1943) per proseguire con La Terra Trema (1948), Bellissima (1951), Senso (1954), Le Notti Bianche (1957), Rocco e i suoi Fratelli (1960), Il Gattopardo (1963), Vaghe Stelle dell’Orsa (1965), Lo Straniero (1967), La Caduta degli Dei (1969), Morte a Venezia (1971), Ludwig (1973), Gruppo di Famiglia in un Interno (1974), L’Innocente (1976), egli attraversa la letteratura, la storia, l’amore, i problemi sociali ed esistenziali, con una sensibilità ed un occhio unici, inimitabili, assolutamente originali. Luchino Visconti ha anche firmato regie teatrali e d’opera che sono nella storia e sono ancora oggetto di studio. Visconti è stato colui che ha scoperto le grandi doti drammatiche di Maria Callas, è stato il maestro di Francesco Rosi e Franco Zeffirelli, ha lanciato grandi artisti come Alain Delon e Claudia Cardinale, ha riproposto il melodramma come “opera totale”. La sua meticolosa attenzione per i più minimi particolari ha insegnato che la finzione è il doppio della realtà: la rappresentazione non è imitazione, ma realtà possibile, realtà ipotetica, materializzazione dell’idea e del sogno.
Luchino Visconti è un gigante della cultura, ma è scomodo perché pone interrogativi e tocca le coscienze; a lui, a questo gigante, il potere preferisce i nanetti dello spettacolo volgare e ignorante portabandiera della sottocultura del pettegolezzo e delle chiacchiere da caffè. La celebrazione quotidiana dell’oscenità non può interrompersi, non sarebbe serio.
3 commenti:
Non pensi che, alla fine, ognuno finisca per avere quello che merita?
non sono sicuro di aver colto correttamente il senso del commento precedente; comunque in linea di massima sono daccordo, alla fin fine mi fa piacere che gente come Visconti e Antonioni (solo per dirne due a caso) rimanga bene o male di nicchia. E' la selezione naturale:)
Caro amico,
autori come Visconti o Antonioni occupano nella storia del cinema mondiale gli stessi posti che occupano nella letteratura italiana Manzoni e Pirandello. Il problema è che le loro opere occupano raramente i palinsesti televisivi nostrani. Quindi il loro "essere di nicchia" è più dovuto alla scarsa conoscenza di quei film che non ad una effettivo poco interesse da parte del pubblico.
Grazie per il commento, a presto.
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