martedì 25 settembre 2007

DOVE SEI?


Il 7 Settembre 1987 venne ratificato un accordo fra tredici paesi europei per l’adozione e lo sviluppo del sistema GSM (Global System for Mobile communications), lo standard che ha portato alla successiva immediata mondializzazione del telefono cellulare. In vent’anni il sistema di comunicazione e i modi di comunicare a distanza sono radicalmente mutati. Fino ad allora il telefono era un accessorio, un servizio dell’abitazione o del luogo di lavoro, equivalente ad altri servizi come l’energia elettrica, il gas, l’acqua, ecc. Il telefono era legato al luogo in cui era stato installato, le frasi di rito erano:”Pronto, casa Vattelapesca?”, oppure “pronto, ditta Panzana?”. Il senso profondo della comunicazione telefonica era spiegato con la metafora per cui telefonare significava recarsi virtualmente in un determinato luogo per rintracciare e comunicare con una determinata persona. Il telefono cellulare ha sovvertito questo concetto, trasferendo l’dea di telefono dal luogo alla persona. Il telefono non è più stato un servizio del luogo bensì un’appendice del corpo umano. Possedere un telefono cellulare corrisponde all’esser muniti di un orecchio e di una bocca formidabili, in grado di ascoltare e parlare con chiunque a qualsiasi distanza e in qualsiasi luogo ci si trovi. Il numero telefonico cellulare non corrisponde più ad un indirizzo stradale, esso si identifica con una persona in carne e ossa, come le macabre numerazioni sui polsi dei deportati o le nere cifre stampate sulle casacche dei detenuti: ogni volta che quel numero viene chiamato siamo obbligati a rispondere “presente!”. E poiché il nostro cervello, quando ci impegniamo in una comunicazione a distanza, ha bisogno di immaginare visivamente l’interlocutore, accade che inevitabilmente una delle prime domande sia: “dove sei?”. Mentre con un telefono fisso l’immaginazione aveva un campo piuttosto ristretto d’esercizio (al massimo si poteva immaginare l’interlocutore nudo e insaponato, colto nel bel mezzo di una doccia), ora il telefono cellulare apre i nostri orizzonti visionari. L’interlocutore potrebbe essere dappertutto, impegnato in qualsiasi tipo di attività: dalla rapina a mano armata (“Scusa sono in banca per un prelievo, ti chiamo dopo.”), al gabinetto dell’ufficio a fare la cacca (“Scusa sono in riunione, ci sentiamo più tardi.”), sul ciglio della scogliera un attimo prima di buttarsi giù (“Scusa, ho un impegno improrogabile, non preoccuparti ti chiamo io.”). I grandi vantaggi di questa tecnologia sono fuori dubbio (salvare vite umane, ordinare una pizza mentre si rientra a casa, criptare il proprio numero e fare telefonate oscene alla moglie del capufficio), ma è anche vero che si diventa dipendenti dagli altri, si è costretti a render conto di quei sacri momenti in cui si ha bisogno di un po’ di solitudine o di privacy e si spegne il cellulare. Una breve considerazione a parte la meritano i bambini provvisti di cellulare. Il problema nasce a causa di quei genitori scriteriati che pensano di legare i propri figli con una sorta di guinzaglio telematico e che finiscono, invece, con l’introdurre precocemente i propri pargoli nell’universo dell’idiozia a distanza, del cazzeggio a pagamento, dell’alfabetizzazione a un linguaggio regressivo (quello degli sms) da mentecatti.
Impossibile non citare quelle anime perse che usano il cellulare con microfono ed auricolare: li vedi camminare per strada assorti in un’animata conversazione con nessuno, ridono, gesticolano, alzano la voce, sembrano degli schizofrenici in libera uscita. Inutile ricordare che l’uso in pubblico del cellulare comporta che chi sta lì vicino per caso o per necessità ascolti la conversazione suo malgrado: ebbene nell’almeno 80% dei casi si tratta di emerite cazzate, discorsi assolutamente inutili,chiacchiere a pagamento.
Questo sinistro strumento che da una parte ha frantumato i limiti dello spazio e dall’altro ci frantuma quotidianamente i maroni è estremamente pericoloso quanto estremamente utile. Chi pensa di poterlo usare in modo equilibrato, sbaglia: ci sarà sempre un imbecille o un rompiballe che avrà il nostro numero.

2 commenti:

Dyo ha detto...

Ah, quanto è vero.
Mio figlio ha avuto il telefonino in prima media: serviva a me, più che altro, per bypassare suo padre, quando erano insieme. Adesso lo usa, ma con mnoderazione. Credo, almeno.

Anonimo ha detto...

Quanti, dimenticano il tuo numero!!!!