“Il mondo pone ogni iniziativa di fronte a un’alternativa; quella della riuscita o del fallimento, della vittoria o della sconfitta. Io affermo un’altra logica: contraddittoriamente, io sono al tempo stesso felice e infelice: per me, “riuscire” o “fallire” hanno soltanto un significato contingente, effimero (ciò che non toglie che le mie pene e i miei desideri siano violenti); quello che, sordamente e ostinatamente, mi anima non è affatto calcolato: io accetto e affermo, fuori del vero e del falso, fuori di ciò che è riuscito e di ciò che è fallito; non mi pongo alcuna finalità, vivo secondo il caso (a riprova che le figure del mio discorso mi vengono per combinazione). Se misurato all’avventura (cosa che mi capita), non ne esco né vincitore né vinto: sono tragico.
(Mi si dice: questa specie d’amore non dà frutti. Ma come poter valutare ciò che fruttifica? Perché ciò che dà frutti è un Bene? Perché durare è meglio che bruciare? “
“Un koan buddistico dice: “Il maestro tiene a lungo sott’acqua la testa del discepolo; poco a poco le bollicine d’aria si diradano; all’ultimo momento, il maestro tira fuori il discepolo e lo rianima: quando desidererai la verità come hai desiderato l’aria, allora saprai cos’è.”
L’assenza dell’altro mi tiene la testa sott’acqua; poco a poco, io soffoco, la mia aria si fa più rarefatta: ed è attraverso quest’asfissia che io ricostituisco la mia “verità” e preparo l’Intrattabile dell’amore.”
“Che cosa penso dell’amore? – In fondo, non penso niente. Certo, vorrei sapere che cos’è, ma vivendolo dal di dentro, lo vedo in quanto esistenza, non in quanto essenza.(…)E così, se anche continuassi a discettare sull’amore per un anno intero, potrei solamente sperare di riuscire ad afferrarne il concetto “per la coda”: flashes, formule, espressioni a effetto sparse nel copioso fluire dell’Immaginario; io mi trovo nel posto sbagliato dell’amore, che è poi il suo punto più in vista; dice un proverbio cinese:”il punto più in ombra, si trova sempre sotto la lampada.”
Roland Barthes, Frammenti Di Un Discorso Amoroso.
Andando con la memoria alle letture filosofiche, rammento l’atopos socratico; ovvero quando l’essere amato viene riconosciuto come inqualificabile, originale e imprevedibile. Questo status genera una crisi del linguaggio: è impossibile parlarne, qualsiasi attributo è insufficiente, goffo, imbarazzante: l’essere amato è inqualificabile. Questa originalità, in realtà, non è da ricercare tanto nella persona quanto nella relazione che ci lega a lei. E’ il nostro rapporto ad essere originale (atopos), non stereotipato, imprevedibile, stimolante. Anche di esso non si può parlare, è oltre ogni tipo di discorso. Questa impotenza amorosa si rivela nel continuo desiderio di capire l’essere amato, ma non c’è risposta: a ogni progresso fatto nella comprensione di un aspetto si aggiunge la scoperta di una nuova dimensione sconosciuta. Questo continuo e ostinato adoprarsi per una persona impenetrabile assume l’aspetto di religione. Voler dedicare la vita a risolvere un enigma irrisolvibile corrisponde a consacrare quell’enigma come dio. E tanto più si ama, tanto meno si comprende: forse il segreto dell’altro non esiste, esiste il mio bisogno di cercare in lui la mia immagine riflessa, è mistica ricerca dell’illuminazione, è cognizione dell’inconoscibile.
L’altro, l’essere amato, definisce noi stessi, nel suo corpo è la nostra esperienza extracorporea, le sue sembianze ci dimostrano strani misteriosi rapporti tra le percezioni sensoriali e la metafisica, possiamo “sentire” il flusso di una forza scorrere fra i nostri corpi e le nostre menti. Tutto ciò è indicibile e indimostrabile, qualsiasi tipo di discorso è assolutamente insufficiente; solo una formula, una parola-frase è ammessa, è come il condensato di un grido continuo: io ti amo.
Pretendere di andare oltre, di dire di più, è blasfemo.
(Mi si dice: questa specie d’amore non dà frutti. Ma come poter valutare ciò che fruttifica? Perché ciò che dà frutti è un Bene? Perché durare è meglio che bruciare? “
“Un koan buddistico dice: “Il maestro tiene a lungo sott’acqua la testa del discepolo; poco a poco le bollicine d’aria si diradano; all’ultimo momento, il maestro tira fuori il discepolo e lo rianima: quando desidererai la verità come hai desiderato l’aria, allora saprai cos’è.”
L’assenza dell’altro mi tiene la testa sott’acqua; poco a poco, io soffoco, la mia aria si fa più rarefatta: ed è attraverso quest’asfissia che io ricostituisco la mia “verità” e preparo l’Intrattabile dell’amore.”
“Che cosa penso dell’amore? – In fondo, non penso niente. Certo, vorrei sapere che cos’è, ma vivendolo dal di dentro, lo vedo in quanto esistenza, non in quanto essenza.(…)E così, se anche continuassi a discettare sull’amore per un anno intero, potrei solamente sperare di riuscire ad afferrarne il concetto “per la coda”: flashes, formule, espressioni a effetto sparse nel copioso fluire dell’Immaginario; io mi trovo nel posto sbagliato dell’amore, che è poi il suo punto più in vista; dice un proverbio cinese:”il punto più in ombra, si trova sempre sotto la lampada.”
Roland Barthes, Frammenti Di Un Discorso Amoroso.
Andando con la memoria alle letture filosofiche, rammento l’atopos socratico; ovvero quando l’essere amato viene riconosciuto come inqualificabile, originale e imprevedibile. Questo status genera una crisi del linguaggio: è impossibile parlarne, qualsiasi attributo è insufficiente, goffo, imbarazzante: l’essere amato è inqualificabile. Questa originalità, in realtà, non è da ricercare tanto nella persona quanto nella relazione che ci lega a lei. E’ il nostro rapporto ad essere originale (atopos), non stereotipato, imprevedibile, stimolante. Anche di esso non si può parlare, è oltre ogni tipo di discorso. Questa impotenza amorosa si rivela nel continuo desiderio di capire l’essere amato, ma non c’è risposta: a ogni progresso fatto nella comprensione di un aspetto si aggiunge la scoperta di una nuova dimensione sconosciuta. Questo continuo e ostinato adoprarsi per una persona impenetrabile assume l’aspetto di religione. Voler dedicare la vita a risolvere un enigma irrisolvibile corrisponde a consacrare quell’enigma come dio. E tanto più si ama, tanto meno si comprende: forse il segreto dell’altro non esiste, esiste il mio bisogno di cercare in lui la mia immagine riflessa, è mistica ricerca dell’illuminazione, è cognizione dell’inconoscibile.
L’altro, l’essere amato, definisce noi stessi, nel suo corpo è la nostra esperienza extracorporea, le sue sembianze ci dimostrano strani misteriosi rapporti tra le percezioni sensoriali e la metafisica, possiamo “sentire” il flusso di una forza scorrere fra i nostri corpi e le nostre menti. Tutto ciò è indicibile e indimostrabile, qualsiasi tipo di discorso è assolutamente insufficiente; solo una formula, una parola-frase è ammessa, è come il condensato di un grido continuo: io ti amo.
Pretendere di andare oltre, di dire di più, è blasfemo.
2 commenti:
L’amore uomo-donna non ha tempo , pertanto non è necessario sapere quanto tempo deve durare, l’importante è averlo trovato, averlo vissuto e aver raccolto l’essenza dell’anima di una persona che con il suo corpo e la sua mente ha voluto condividere una magia , quello che tu chiami “mistica ricerca dell’illuminazione” da una parte e dall’altra trasmissione di “ percezioni sensoriali “.
E’ difficile riconoscere l’amore, bisogna sempre riflettere su questo sentimento al tempo stesso nobile ma pericoloso.
L’infatuazione, la sbandata fanno spesso confondere le idee, pensi di aver trovato la persona da amare o che ti possa amare ed invece non è così.
Ma per chi ama veramente è idillio dei sentimenti è vivere una favola, è condivisione di vita è tutto di tutto per entrambi.
Sussurrare “TI AMO” ad una persona mi è capitato poche volte , preferisco una frase molto significativa e sicuramente altrettanto importante: “Ti Voglio Bene”, proprio a indicare che l’amore può finire mentre il bene rimane per tutta la vita.Buona Notte.
Eppure anche il bene, al contrario di quello che suggerisce "stellediunanotte", può finire. O nascondersi, eclissarsi. Ci sono torti fatti o subiti che allontanano perfino il bene, che accecano gli occhi della memoria, che seppelliscono anche i ricordi più belli.
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