Quali sono le cose indispensabili per vivere? Fino a non molto tempo fa la risposta sarebbe stata abbastanza facile: un tetto sulla testa, tre pasti quotidiani e almeno un giorno su sette in cui potersi dedicare a qualcosa di rilassante o divertente. Ora le cose sono cambiate e la società in cui viviamo ci impone ritmi veloci, modelli complessi e nuove necessità da soddisfare. Vivere senza un mezzo di trasporto autonomo non è impossibile ma è estremamente disagevole, non accedere all’informazione quotidiana diventa pericoloso perché quotidiani sono i mutamenti delle regole e delle leggi, non disporre di un telefono cellulare esclude dai rapporti sociali e complica moltissimo quelli lavorativi, non avere e/o non saper usare un personal computer limita drasticamente ogni nostra possibilità di vivere e lavorare secondo i ritmi attuali, non avere un conto in banca è praticamente impossibile se abbiamo a che fare con assegni da incassare. Anche se ci limitiamo solo a queste poche cose la faccenda si complica parecchio, perché avere un’auto comporta il pagamento di tasse e obblighi (patente, revisione), ci obbliga ad avere a che fare con le meravigliose categorie degli assicuratori, dei meccanici ed elettrauto, per non parlare dei signori carrozzieri. Dobbiamo ricorrere ai tecnici dei computers e di telefonia mobile, alla nobile stirpe di Nosferatu: i bancari, a quegli strani agghiaccianti incroci fra i giocatori di tre carte e mignotte incallite quali i commercialisti, a quegli squali ottusi e assassini degli amministratori di condominio. Non solo tutto è maledettamente complicato quanto, soprattutto, ci troviamo ad essere assediati da persone, enti e società nati per fregarci spudoratamente. A questo scenario da “giungla d’asfalto” dobbiamo aggiungere l’insidia incombente dello Stato, il quale non è organizzato per proteggerci e difenderci bensì per sospettare, indagare e spiare: uno Stato sospettoso e maligno organizzato in una burocrazia elefantiaca e scansafatiche, uno Stato cialtrone e arrogante pronto a colpire senza pietà.
Tutte queste cose e queste pratiche che sono indispensabili creano tensioni e pulsioni che molto facilmente sono il bersaglio prediletto del condizionamento consumistico: è più che legittimo che dopo aver profumatamente pagato un commercialista per avervi fatto pagare le tasse senza neanche la piccola soddisfazione di avervi fatto legalmente risparmiare qualcosa, siate presi da un raptus compulsivo a divorare quantità esagerate i frutti di mare nella speranza che per un’oscura legge di transfert sia il commercialista a beccarsi una solenne gastroenterite. Non diventa assolutamente indispensabile fare un debituccio per andare in vacanza dopo che avete letto che i parlamentari si sono ancora una volta aumentati lo stipendio? Non è logico e indispensabile caricarsi di rate secolari per un televisore al plasma grande quanto un tavolo da ping pong perché vostro cugino, che fa l’usciere all’università, ha comprato un fuoristrada da urlo per andare alla sagra della castagna? Non è indispensabile il mutuo che avete acceso per consentire a vostra moglie di frequentare un centro benessere esclusivo in cui può tradirvi con la massima discrezione? E i figli? Come la mettiamo con la palestra, la danza, il pianoforte, i cellulari, il motorino e la paghetta?
Se non ci fossero queste cose la vita sarebbe assolutamente insopportabile, aumenterebbe la depressione, la tossicodipendenza, l’alcolismo e il consumo improprio della Nutella. Dopo una settimana passata a fare la fila alla posta, alla banca, al comune, all’inps e al supermercato non vediamo l’ora che arrivi il sabato e allora col sorriso sulle labbra andremo in indispensabile pellegrinaggio al ristorante “State Freschi” dove pagheremo cento euro per un antipasto di mare approssimativo, uno spaghetto ai gusci di vongole, una spigola d’allevamento carbonizzata, due palle di gelato al gusto passion fruit e una bottiglia di bianco similtavernello, il caffè e l’amaro sono offerti dalla casa.
“A ogni uomo spettano di diritto soddisfazioni intense come i suoi dolori.”
Rex Stout
2 commenti:
Hai descritto in maniera molto elegante la nostra società del consumo, mi ci vedo in perfetta sintonia, tranne che per il ristorante alla domenica. Buona Giornata.
I tempi sono cambiati molto velocemente.Ed è vero che, dopo aver dovuto subire qualcosa di tanto spiacevole quanto necessario, sentiamo il bisogno di gratificarci. In maniera consumistica, va da sè. Purtroppo, anche se in parte, mi ci riconosco.
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