BAROQUE HARP
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" Il racconto intelligente della sconfitta è la sottile vittoria del vinto. " Nicolas Gomez Davila
Scrivere è una provocazione, una visione fortunatamente falsa della realtà che ci situa al di sopra di ciò che è e di ciò che sembra essere. Rivaleggiare con Dio e persino superarlo con la sola virtù del linguaggio, ecco l’impresa dello scrittore, esemplare ambiguo, lacerato e infatuato che, uscito dalla sua condizione naturale, si è abbandonato ad una vertigine superba, sempre sconcertante, talvolta odiosa. Niente di più miserevole della parola, eppure grazie ad essa ci si apre a sensazioni di felicità, a una dilatazione estrema in cui si è totalmente soli, senza il minimo senso di oppressione. Il supremo raggiunto con il vocabolo, con il simbolo stesso della fragilità. Curiosamente, lo si può raggiungere anche con l’ironia, purché questa, spingendo al limite la sua opera di demolizione, dispensi brividi di un dio alla rovescia. Le parole come agenti di un’estasi capovolta… Tutto ciò che è veramente intenso ha i caratteri del paradiso e dell’inferno, con questa differenza, che il primo possiamo solo intravederlo, mentre il secondo, abbiamo la ventura di percepirlo e, più ancora, di sentirlo. Esiste un vantaggio ancora più notevole, di cui lo scrittore ha il monopolio: quello di sbarazzarsi dei propri pericoli. Mi chiedo cosa sarei diventato senza la facoltà di riempire delle pagine. Scrivere significa disfarsi dei propri rimorsi e dei propri rancori, vomitare i propri segreti. Lo scrittore è uno squilibrato che si serve di quelle funzioni che sono le parole per guarirsi. Su quanti malesseri, su quanti accessi sinistri ho trionfato grazie a questi rimedi insostanziali!
3 commenti:
...fantastica questa sonata del grande j.s.bach in una veste inusuale quella per flauto, arpa e violoncello, non la conoscevo ancora in questa trascrizione. Nel sentirla non si può fare a meno di paragonare i suoni dell'arpa a quelli messi in onda durante gli intervalli della RAI. Un caro saluto. Piero
Erano altri tempi...Tempi in cui anche le pause e gli intervalli avevano un senso (e non può essere un caso che siano rimasti nella memoria di chi li ha visti). Ora tutto ciò è impensabile: la velocità e la frenesia dell'immagine e del suono si spiega non solo con argomenti economico-pubblicitari ma anche, e io direi soprattutto, con un gigantesco "horror vacui" che imperversa nella nostra società.Abbiamo paura del vuoto, della pausa di riflessione, perchè temiamo di pensare alla stupidità e alla volgarità imperante.
Grazie, a presto.
...sono d'accordo con te: quello che ci manca è il silenzio e la preghiera o, se così posso esprimermi, il silenzio della preghiera che ci parla attraverso una Presenza con cui dobbiamo fare i conti. Il silenzio è un luogo privilegiato della preghiera. A tal proposito ricordo un film che ebbe un grande successo cinematografico "Il grande silenzio" ambientato in un monastero certosino dove la parola in tutta la durata del film era stata bandita dai quei luoghi. Ne scaturisce che L'uomo ha fame di silenzio per poter nutrire l'anima e stare in pace con se stessi. A presto Piero.
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