ASSOLUTAMENTE UNICA
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" Il racconto intelligente della sconfitta è la sottile vittoria del vinto. " Nicolas Gomez Davila
Scrivere è una provocazione, una visione fortunatamente falsa della realtà che ci situa al di sopra di ciò che è e di ciò che sembra essere. Rivaleggiare con Dio e persino superarlo con la sola virtù del linguaggio, ecco l’impresa dello scrittore, esemplare ambiguo, lacerato e infatuato che, uscito dalla sua condizione naturale, si è abbandonato ad una vertigine superba, sempre sconcertante, talvolta odiosa. Niente di più miserevole della parola, eppure grazie ad essa ci si apre a sensazioni di felicità, a una dilatazione estrema in cui si è totalmente soli, senza il minimo senso di oppressione. Il supremo raggiunto con il vocabolo, con il simbolo stesso della fragilità. Curiosamente, lo si può raggiungere anche con l’ironia, purché questa, spingendo al limite la sua opera di demolizione, dispensi brividi di un dio alla rovescia. Le parole come agenti di un’estasi capovolta… Tutto ciò che è veramente intenso ha i caratteri del paradiso e dell’inferno, con questa differenza, che il primo possiamo solo intravederlo, mentre il secondo, abbiamo la ventura di percepirlo e, più ancora, di sentirlo. Esiste un vantaggio ancora più notevole, di cui lo scrittore ha il monopolio: quello di sbarazzarsi dei propri pericoli. Mi chiedo cosa sarei diventato senza la facoltà di riempire delle pagine. Scrivere significa disfarsi dei propri rimorsi e dei propri rancori, vomitare i propri segreti. Lo scrittore è uno squilibrato che si serve di quelle funzioni che sono le parole per guarirsi. Su quanti malesseri, su quanti accessi sinistri ho trionfato grazie a questi rimedi insostanziali!
4 commenti:
ecco ci risiamo...è come trovarmi davanti ad una di quelle mostre moderne..dove mi chiedo xchè per apprezzare un buco nella tela mi devo fare tutto un ragionamento e passami l'gnorante battuta (xchè so che il mio ragionamento sicuramente è da ignorante)..seghe mentali... scusatemi ma io preferisco i canti inuit senza manipolazioni...perdono!!! :)
Nelle arti ogni giudizio ha un senso. In questo caso non si tratta di musica inuit quanto di musica contemporanea eseguita utilizzando la tecnica vocale inuit.
quindi è da apprezzare per i suoi virtuosismi??? come nel 700...x intenderci? nn so io intendo arte qualcosa che mi da emozione...questa magari è bravura nel saper utilizzare delle tecniche degli strumenti quale la voce! ...aiutami a capire.grazie
Non parlerei tanto di virtuosismo quanto di una tecnica particolare finalizzata a nuove esperienze espressive. La tecnica belcantistica, alla quale ti riferisci, non è vuoto virtuosismo bensì rappresenta il contributo personale del cantante in una forma definita dal'autore (una sorta di improvvisazione)e la sua efficacia artistica è collegata alla capacità dell'intervento vocale di fondersi intimamente alla dimensione emozionale della musica. Si tratta di una tecnica espressiva che deriva dalla famosa "teoria degli affetti" elaborata in teatro e musica dalla cultura barocca.Naturalmente se tutto ciò non ti colpisce e non ti emoziona significa solo che il tuo gusto personale e la tua cultura musicale sono orientati verso altre dimensioni, oppure potrebbe darsi che non hai molto approfondito l'ascolto e che quindi questa musica ti risulti piuttosto estranea.
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