Per la maggior parte della gente, anche per coloro che non soffrono di meteopatia conclamata, il cattivo tempo è fonte di disagio psicologico. Naturalmente escludiamo da queste considerazioni gli agricoltori, i venditori di ombrelli e impermeabili, ma soprattutto coloro che per svariati motivi non possono uscire di casa e vedono nella buriana una sottile vendetta privata. La pioggia è una tremenda nemica dei pedoni, di ciclisti e motociclisti, ma anche chi usa l’automobile sa che la pioggia fa triplicare il traffico e rende mitica la ricerca di un parcheggio. Ma, al di là di queste concrete considerazioni, esiste qualcos’altro che turba profondamente i pensieri e l’umore ogni qualvolta capita di subire il cattivo tempo. Potrebbe trattarsi di un atavico terrore che risale fino al Diluvio Universale, il quale certamente non è stato un bel momento nella storia dell’umanità. Potrebbe trattarsi di una particolare sensibilità del corpo umano alla bassa pressione atmosferica con conseguente riflesso psicologico. Ma potrebbe anche essere l’innato desiderio dell’uomo di dominare la natura con conseguente frustrazione quando si trova costretto a subirla. In ogni caso, indipendentemente dalle cause, una giornata di pioggia produce effetti molto fastidiosi e, in certi casi, devastanti. Ci si sveglia ipocondriaci, con un gran desiderio di rimanere a letto, sotto le coperte. Le abluzioni del mattino perdono la loro funzione energetica, la camera da bagno è fredda, inospitale, l’acqua dei rubinetti sembra che arrivi direttamente dalla nuvola che incombe sulla nostra casa mentre piccoli brividi salgono rapidamente dal fondo schiena su per la colonna vertebrale. È indispensabile rivedere completamente l’abbigliamento, un evento catastrofico: le donne hanno bisogno di molto più tempo del previsto, gli uomini no, perché comunque il risultato sarà un disgustoso abbinamento cromatico. Un altro stravolgimento è il menu del pranzo: il grigio pessimismo cosmico che sta invadendo la nostra povera anima non può sopportare altro che non sia una squallida minestrina. In questo caso il diminutivo non ha valore affettivo o quantitativo (ovvero la buona minestra che adorano i fanciulli o una piccola minestra) ma esclusivamente riduttivo: un misero surrogato di minestra, quel piatto in cui affogano disperate trafile di pastina dal nome fiabesco (stelline, semini,anellini, quadrettini) in una pozzanghera torbida di brodo artificiale. Ebbene sì, la minestrina è una forma di autopunizione, una specie di penitenza scaramantica: prima la prendiamo prima il cattivo tempo cesserà di torturare le nostre latitudini. Un altro “topos” del meteopatico è l’aspirina. Naturalmente viene assunta nelle sue forme più disparate: compressa, compressa sub linguale, compressa effervescente, bustina e supposta; nelle sue varie versioni commerciali, e relative diverse concentrazioni. Il potere curativo dell’acido acetilsalicilico è però limitato al senso di disagio fisico, non è sufficiente a debellare il pessimismo cosmico che mantiene l’umore a livelli bassissimi. Il problema principale del meteopatico è che in lui sopravvive l’archetipo della divinità che parla e comunica attraverso gli elementi della natura. Egli vive inconsciamente il cattivo tempo come una punizione divina al proprio comportamento e a quello della comunità di appartenenza. Egli arriva a toccare livelli maniacali quando non può fare a meno di vivere senza le previsioni del tempo sia sui giornali che in televisione, la meteorologia è la nuova dimensione oracolare in grado di rivelare il livello di apprezzamento divino sulla sua vita. Il meteopatico ama l’estate, il sole, il caldo, la sua meta d’elezione è il mare, il suo sogno proibito è una villa alle Mauritius, il cibo preferito è la grigliata di pesce e crostacei, le notti afose e l’ipersudorazione sono indispensabili corollari al teorema dell’estate permanente. Si può guarire dalla meteopatia? Sì, è possibile, attivando diverse tecniche: adottare come colonna sonora della propria vita la celeberrima “Singing in the Rain”; praticare la dieta “Delikatessen Storm” che consiste nel mangiare specialità ogni volta che il tempo si fa cattivo; organizzare con il proprio partner ameni giochetti piccanti tipo “Passioni nella Pozzanghera” o “Tsunami dei Sensi”; avere sempre sul proprio comodino libri come “Cime Tempestose”. La terapia sarà completa dopo una settimana a Trieste durante la Bora. Solo allora saremo in grado di udire le fiabe che racconta il ticchettio delle gocce di pioggia sui vetri.
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1 commento:
Allora sono una meteopatica DOC. Ma più che la pioggia mi disturba la neve. E tanto. In questi giorni nei quali sento manifestazioni di giubilo ovunque, io sono semplicemente tetra.
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