venerdì 7 dicembre 2007

LA LINEA D'OMBRA

La nostra vita, le nostre scelte, i nostri comportamenti, riflettono le nostre idee e i nostri convincimenti; in altre parole, tutto quello che facciamo si basa sulla convinzione che è giusto e buono e che è fondato su ottime e robuste ragioni. La consapevolezza di avere ragione dei propri valori ed opinioni costituisce la spinta, il motore, delle nostre azioni, del nostro stile di vita. La nostra cultura e il nostro giudizio sono quindi alla base di tutto quello che facciamo e della quantità e qualità dei rapporti che andiamo costruendo con il prossimo. Che si tratti di rapporti affettivi, lavorativi, sociali o altro, in ogni caso, normalmente, abbiamo la certezza di avere ragione nel viverli così come li viviamo. Avere ragione è la convinzione sulla quale basiamo la nostra esistenza e quanto più questa convinzione è condivisa con altri, tanto più è radicata e profonda in noi. La causa principale di rapporti conflittuali con il prossimo consiste proprio nello scontro fra due o più ragioni. In sostanza, siamo portati, naturalmente, a ritenere che le nostre ragioni siano valide anche per gli altri e che il nostro punto di vista sia “esatto”, ovvero estendibile al resto dell’umanità. Fortunatamente, se siamo capaci di esercitare con equilibrio il nostro raziocinio, attiviamo anche quella caratteristica che viene definita “comprensione” e “immedesimazione”, cioè quella serie di processi mentali ed affettivi che ci mettono in condizione di estraniarci per un certo tempo e provare a condividere il punto di vista e il sentire dell’altro. Questo processo, anche se limitato, rappresenta l’unica nostra possibilità di instaurare un rapporto dialettico realmente produttivo, il cui esito positivo è non solo la reciproca comprensione, ma anche il superamento delle reciproche barriere culturali, caratteriali ed affettive. Tutto ciò, quasi sempre, costa molta fatica, richiede molto impegno e pazienza, nonché un notevole impiego di tempo e noi, sempre di più, non siamo propensi a “regalare” il nostro tempo e il nostro impegno. Così sfoderiamo le armi del conflitto e ci lanciamo nella lotta all’ultimo sangue: mors tua, vita mea. Le nostre ragioni diventano la bandiera per la quale siamo disposti al massacro e alla morte. È come se nel nostro animo vi fosse una zona illuminata, quella della razionalità e del buon senso e un’altra buia, in cui prevale un animalesco istinto di conservazione e una cieca aggressività. Il problema è tutto lì: come e quando attraversare quella linea d’ombra che divide il nostro animo. Le due motivazioni principali per cui una persona decide di attraversare la linea d’ombra sono l’arroganza, la certezza assoluta di essere dalla parte della ragione, e il rifiuto del compromesso, vedere nella parziale accettazione dell’altro una perniciosa forma di debolezza. In ogni caso la scelta della nostra parte buia comporta delle conseguenze che si riflettono anche contro di noi, è come se indossassimo un’armatura: da una parte siamo protetti dagli attacchi dell’avversario, ma dall’altra siamo molto impacciati nei movimenti. Diventiamo statici, bloccati sulla nostra posizione, siamo impediti persino alla fuga, a cambiare idea sulla necessità dello scontro. Rimaniamo fermi, imbottiti delle nostre ragioni, ad affrontare il nemico, come dei pupi siciliani. E l’esperienza? Possibile che la vita passata, gli anni, la consapevolezza di quanto abbiamo già vissuto, non servano a determinare un comportamento riflessivo e ponderato? Forse la risposta consiste nel fatto che al giorno d’oggi siamo assuefatti, grazie ai mezzi di comunicazione di massa, a sentirci raccontare una gran quantità di stronzate e ci troviamo in grande difficoltà nel distinguerle dalle menzogne. E mentre la menzogna merita di essere combattuta con ogni mezzo, alla stronzata dobbiamo solo dedicare la derisione che emerge dalla sua stessa affermazione. La menzogna, in quanto doppio della verità, merita di essere svelata, la stronzata va solo evidenziata irridendone l’autore. Quindi la capacità di distinguere una menzogna da una stronzata restringe molto le circostanze in cui ci troviamo a decidere se oltrepassare la linea d’ombra. E’ opportuno rispolverare la ridefinizione del “problema di Orwell” operata da Noam Chomsky: la manipolazione delle notizie (ovvero le stronzate) da parte dei media è tanto più efficace quanto più riescono ad inscenare un pluralismo di opinioni e punti di vista assolutamente simulati e non corrispondenti alla realtà dei fatti. Viviamo in una società in cui trionfa la stronzata (giornali, televisione, internet) e non essere in grado di riconoscerla potrebbe crearci molti problemi oltre al fatto di poter addirittura diventarne dei divulgatori. Varcare la linea d’ombra per entrare nell’agone delle fesserie fa di noi un totale imbecille e trasforma le nostre ragioni in un mucchio di letame. Gli “opinionisti” televisivi vengono pagati per dire stronzate, dirle gratis è grottesco.

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