“Il mio nome è Bond, James Bond”, questa frase è ormai entrata nell’immaginario collettivo come un paradigma da seguire quando ci si presenta per la prima volta ad un interlocutore. Il successo di questo modello non è dovuto solo al personaggio di Ian Fleming, esso rappresenta un modo semplice ed elegante di presentarsi, un modo inequivocabile (visto che il cognome viene ripetuto due volte) e, se vogliamo, anche garbatamente mascolino. La questione è che tutto è perfetto grazie ad un nome che è di per sé perfetto (chissà quanto tempo ci ha messo Fleming nell’inventarlo). Se infatti accantoniamo il nome Bond per sostituirlo con un altro meno fortunato avremo questo risultato: “ Il mio nome è Cantacessi, Ignazio Cantacessi “, è tutta un’altra storia…E’ evidente che, al di là del modello, è proprio il nome a fare la differenza, a determinare il successo della presentazione. Ebbene sì, nella vita anche il nome può svolgere un ruolo determinante, come si può nascere con gli occhi storti, le orecchie a sventola o con un naso esagerato così può accadere che il caso (con un eventuale perversa complicità dei genitori) decida di appiopparci un brutto nome, un nome ridicolo o un nome cacofonico. E siccome l’antica saggezza popolare (nomen omen) così come la più recente linguistica (significante/significato) danno grande importanza alla parola (con le sue implicazioni metafisiche: Logos e Verbo) ne consegue che il nome delle persone (da intendersi come nome proprio e cognome) può rappresentare un bel problema e un notevole handicap.
Chi potrebbe sostenere che se Napoleone Bonaparte si fosse chiamato Gavino Cozzolicchio avrebbe avuto lo stesso identico destino? E se la seducente Josephine Buharnais fosse stata Annette Le Canard (Annina L’Anatra) avrebbe sposato Napoleone? Forse Annette e Gavino si sarebbero ugualmente innamorati, ma sicuramente nel loro destino ci sarebbe stato dell’altro, non so, una cosa tipo commercio all’ingrosso di ostriche o di fois gras.
L’Italia è un paese con una grandissima varietà di cognomi in proporzione al numero di abitanti. Naturalmente in questa gran varietà ve ne sono di veramente particolari che vanno dall’osceno al ridicolo. Troviamo i Cazzone, Cacchione, Ricchioni, Ficarotta, La Vacca, Porcelli, Linsalata, Cipolla, Latrota, Lavopa, Latrippa, Lamorte, Cacatelli, Cocozza, Piscione e tanti altri. Questi piccoli capolavori dell’onomastica familiare che la dicono lunga sulle nobili origini dell’umanità basterebbero da soli a schiantare le più entusiastiche speranze di successo, invece non basta. A questo punto entrano in ballo i genitori, i quali, facendo finta di non ricordare le ingiurie e gli sfottò che li hanno perseguitati fino all’età adulta, si apprestano a crocifiggere i figli con dei nomi propri per nulla adeguati all’orrenda tragedia del cognome. Per questo saranno maledetti per sempre. Infatti non è difficile imbattersi in Eva La Vacca o in Gustavo Latrippa, per non parlare di Serena Lamorte, Libero Latrota, Gaia Cocozza, Omar Loturco, Modesto Ragno. Poveri sventurati vittime dell’imbecillità dei genitori. Per quanto riguarda i nomi propri, la consuetudine del passato che prevedeva che si tramandassero di generazione in generazione è ormai desueta. In passato gli unici nomi che non seguivano questa regola erano quelli attribuiti ai trovatelli, ma di solito la creatività si sbizzarriva nei cognomi (Esposito, Proietti, Diotallevi, Dioguardi, ecc.) ed erano pochi i casi in cui ci si rifaceva ad altre fonti come i miti letterari (particolarmente usato era Edmondo Dantes, il protagonista del Conte di Montecristo, così come Alessandro Manzoni).Da cinquant’anni a questa parte i mezzi di comunicazione di massa (cinema, fotoromanzi e televisione) hanno determinato, fra le altre cose, anche una nuova moda onomastica, infatti sono sempre più frequenti nomi come: Raffaella, Barbara, Romina, Ylenia, Michela, Sara, Simona, Patrick, Jonathan, Samuel, Kevin. Nelle classi sociali più colte, invece, la tendenza è verso nomi italiani ritenuti particolarmente belli: Marco, Roberto, Alessandro, Livio, Fabrizio. Il nome proprio perde la sua funzione storica (il perpetuarsi attraverso le generazioni) per assumerne una di tipo edonistico (il nome “suona” bene ed è alla moda). Nel giro di non molte generazioni spariranno completamente molti nomi propri (Gaetano, Nicola, Domenico, Saverio, Felice, Pasquale, Filippo, Salvatore, Ignazio, Vito, ecc.) e con essi la storia familiare e sociale di cui sono stati testimoni. Niente di grave, la cultura e la società si evolvono in altre direzioni, è già successo in passato. Una sola modesta raccomandazione ai genitori: nella scelta del nome abbiate buon senso, chiamarsi Kevin Perchiazzi o Ylenia Lavermicocca è una tragedia senza rimedio.
Chi potrebbe sostenere che se Napoleone Bonaparte si fosse chiamato Gavino Cozzolicchio avrebbe avuto lo stesso identico destino? E se la seducente Josephine Buharnais fosse stata Annette Le Canard (Annina L’Anatra) avrebbe sposato Napoleone? Forse Annette e Gavino si sarebbero ugualmente innamorati, ma sicuramente nel loro destino ci sarebbe stato dell’altro, non so, una cosa tipo commercio all’ingrosso di ostriche o di fois gras.
L’Italia è un paese con una grandissima varietà di cognomi in proporzione al numero di abitanti. Naturalmente in questa gran varietà ve ne sono di veramente particolari che vanno dall’osceno al ridicolo. Troviamo i Cazzone, Cacchione, Ricchioni, Ficarotta, La Vacca, Porcelli, Linsalata, Cipolla, Latrota, Lavopa, Latrippa, Lamorte, Cacatelli, Cocozza, Piscione e tanti altri. Questi piccoli capolavori dell’onomastica familiare che la dicono lunga sulle nobili origini dell’umanità basterebbero da soli a schiantare le più entusiastiche speranze di successo, invece non basta. A questo punto entrano in ballo i genitori, i quali, facendo finta di non ricordare le ingiurie e gli sfottò che li hanno perseguitati fino all’età adulta, si apprestano a crocifiggere i figli con dei nomi propri per nulla adeguati all’orrenda tragedia del cognome. Per questo saranno maledetti per sempre. Infatti non è difficile imbattersi in Eva La Vacca o in Gustavo Latrippa, per non parlare di Serena Lamorte, Libero Latrota, Gaia Cocozza, Omar Loturco, Modesto Ragno. Poveri sventurati vittime dell’imbecillità dei genitori. Per quanto riguarda i nomi propri, la consuetudine del passato che prevedeva che si tramandassero di generazione in generazione è ormai desueta. In passato gli unici nomi che non seguivano questa regola erano quelli attribuiti ai trovatelli, ma di solito la creatività si sbizzarriva nei cognomi (Esposito, Proietti, Diotallevi, Dioguardi, ecc.) ed erano pochi i casi in cui ci si rifaceva ad altre fonti come i miti letterari (particolarmente usato era Edmondo Dantes, il protagonista del Conte di Montecristo, così come Alessandro Manzoni).Da cinquant’anni a questa parte i mezzi di comunicazione di massa (cinema, fotoromanzi e televisione) hanno determinato, fra le altre cose, anche una nuova moda onomastica, infatti sono sempre più frequenti nomi come: Raffaella, Barbara, Romina, Ylenia, Michela, Sara, Simona, Patrick, Jonathan, Samuel, Kevin. Nelle classi sociali più colte, invece, la tendenza è verso nomi italiani ritenuti particolarmente belli: Marco, Roberto, Alessandro, Livio, Fabrizio. Il nome proprio perde la sua funzione storica (il perpetuarsi attraverso le generazioni) per assumerne una di tipo edonistico (il nome “suona” bene ed è alla moda). Nel giro di non molte generazioni spariranno completamente molti nomi propri (Gaetano, Nicola, Domenico, Saverio, Felice, Pasquale, Filippo, Salvatore, Ignazio, Vito, ecc.) e con essi la storia familiare e sociale di cui sono stati testimoni. Niente di grave, la cultura e la società si evolvono in altre direzioni, è già successo in passato. Una sola modesta raccomandazione ai genitori: nella scelta del nome abbiate buon senso, chiamarsi Kevin Perchiazzi o Ylenia Lavermicocca è una tragedia senza rimedio.
1 commento:
Oppure come Kevin Gafforio, o Nicholas Donno.
A me è toccato il nome di mia nonna: una vera mostruosità che ho sapientemente camuffato con Nicoletta, Nita per gli intimi.
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