sabato 26 gennaio 2008

TEMPESTE INTERIORI


Quali sono le cause delle devastanti tempeste interiori , di quegli tsunami endogeni così dirompenti da minacciare seriamente la nostra esistenza? Perché in certi momenti della nostra vita ci sembra di morire quando siamo attraversati da una misteriosa energia così potente da tagliarci in due? Cos’è quell’impulso irrefrenabile che ci spinge a uno svuotamento immediato della nostra personalità?
Le risposte possono essere diverse e articolate ma una cosa è certa: siamo entrati in contatto con qualcosa di estremamente pericoloso. Che si tratti di un’enorme zuppa di legumi misti o una ricca porzione di lampascioni (meglio lampagioli) fritti, il risultato non cambia: abbiamo un problema.
La nostra esistenza, che Blaise Pascal ha paragonato a quella di una canna pensante si trasforma mostruosamente in un tubo di gas metano o, meglio, in un otre invaso da tremende turbolenze gassose alla costante ricerca di una via d’uscita. In questi momenti tutto il nostro “esprit de finesse” (rimanendo in ambiente pascaliano) che abbiamo così abilmente esercitato nella scelta e nella degustazione di un vassoio di carciofi alla giudia, va a farsi benedire. Ci sentiamo trasformati in una sagoma da incubo, come nel Dottor Jekill e Mister Hyde, il nostro corpo muta il suo aspetto: il ventre diventa teso come la pelle di un tamburo emettendo orrendi e imbarazzanti borborigmi, la sudorazione è diffusa e abbondante, il volto si irrigidisce, le gambe diventano pesanti e sono in grado solo di fare piccoli, ridicoli, passetti. Il respiro è corto, compare una spaventosa sensazione che delle mani invisibili si divertano ad annodare il nostro intestino secondo le vecchie usanze della marineria. E’ statisticamente provato che accidenti di questo genere accadono quasi sempre quando non si è soli, non si è a casa propria, non esiste un giardino o un luogo appartato nel raggio di tre chilometri. E’ inoltre statisticamente confermato che l’unica toilette disponibile sia molto frequentata e non acusticamente isolata. L’angoscia, la disperazione e il dolore cominciano a procurare strane allucinazioni e idee molto pericolose, come quella di allontanarsi con la scusa di sgranchirsi le gambe e cercare l’angolo più remoto dove poter alleggerire la pressione interna in modo discreto e silenzioso. Questa è una pessima idea. Prima di tutto perché non conosciamo la vera natura del mostro che è in noi, non ci è dato di sapere se si tratta di (mutuando la terminologia geologica) un soffione, di un geyser o addirittura di un vulcano. Corriamo il serio rischio di trovarci in un batter d’occhio nella tragica situazione di non poterci più sedere e di avere incollato sul nostro di dietro il naso del cane del padrone di casa. Meglio fingere un infarto e farsi portar via dall’ambulanza. L’unica cosa da fare, invece, è guadagnare subito la toilette fingendo di essere in preda ad un attacco di tosse convulsa. Attenzione però, i colpi di tosse procurano una contrazione diaframmatica che può, a sua volta, far perdere il controllo della situazione, meglio non esagerare.
Una volta chiusi nella toilette potremo tossire all’impazzata in modo da coprire altre sonorità particolarmente imbarazzanti. Ma non dobbiamo illuderci, non finisce qui purtroppo. Abbiamo solo momentaneamente neutralizzato il primo attacco, fra non molto ne seguiranno degli altri e noi non possiamo passare la serata nella toilette a tossire continuamente. E’ necessario organizzare una dignitosa ritirata prima che possa venire il peggio. Andando via, è importante non lasciarsi convincere a bere il bicchiere della staffa, potrebbe essere fatale. Anche un semplice caffè può innescare una reazione a catena incontrollabile, a questo punto potrebbe accadere che la toilette venga occupata da un collega di sventura e non rimanga altro che uscire sul balcone con la scusa dell’ultima sigaretta. Se fuori non c’è nessuno potremo cimentarci in qualche scorreggia di alleggerimento, in caso contrario bisogna stare molto attenti: trovare un posto a favore di vento, valutare bene la temperatura esterna (se l’alito fuma, fumerebbe anche qualcos’altro), non appoggiare le terga a superfici che potrebbero rivelarsi degli ottimi conduttori acustici (legno, metallo). In questi momenti particolari siamo in grado di cogliere il senso più autentico dell’esistenza, solo ora abbiamo la piena consapevolezza delle miserie umane e di come il nostro raziocinio sia limitato di fronte alla potenza della natura. Poche molecole di gas sono sufficienti a trasformarci in animali in pena. Sul balcone, immobili, con gli occhi liquidi e lo sguardo nel nulla siamo concentrati sui nostri moti intestinali, lei, bella e raggiante, ci ha raggiunti confidando in un intimo scambio di dolci promesse. E’ la triste metafora della nostra esistenza: progettiamo e organizziamo per veder tutto per aria al minimo soffio di vento.

1 commento:

Dyo ha detto...

Grazie. Grazie con tutto il cuore, perchè ho riso con le lacrime. Oggi.