mercoledì 29 agosto 2007

PIGRO


“ La pigrizia è il rifiuto di fare non soltanto ciò che annoia, ma anche quella moltitudine di atti che senza essere, a rigore, noiosi, sono tutti inutili; allora la pigrizia dev’essere considerata una fra le manifestazioni più sicure dell’intelligenza.” Henri de Montherlant
Mettiamo da parte una volta per tutte il clichè stantio che vede il pigro come un fannullone intento a dormire senza alcun tipo di pensiero e di preoccupazione. Così come assurdo è il ritratto che dipinge l’uomo pigro come un ebete infingardo in perenne stato semicomatoso. Dev’essere chiaro a tutti che la pigrizia è un atteggiamento fondato su una serie di considerazioni filosoficamente rilevanti che investono la realtà ed il nostro rapporto con essa. Prima di tutto la pigrizia è autodifesa dalla ripetitività alienante, dalla banalità dei luoghi comuni, dalla stupidità imperante, dalla lotta senza quartiere per il prestigio e il potere. La pigrizia è la dichiarazione dell’assoluta necessità della riflessione, dell’osservazione e della comprensione. L’uomo pigro non è violento né arrogante, tende ad immedesimarsi nel prossimo e a considerare sempre le ragioni degli altri. L’elemento più rilevante che caratterizza la pigrizia è il tempo: Platone lo definiva come “l’immagine mobile dell’ eternità”, Aristotele sosteneva “una parte del tempo è stata e quindi non è, mentre l’altra deve essere e non è ancora. Allora il tempo, sia quello infinito, sia quello che ti interessa prendere, è fatto di queste parti. Qualcuno potrebbe supporre, naturalmente, che ciò che è costituito da cose che non esistono, non possa essere parte della realtà”, Kant descriveva il tempo come “la forma del senso interno”, poiché tutti i nostri stati mentali sono ordinati nel tempo e senza questa prospettiva ogni oggetto si pone al di fuori della nostra esperienza. Ma ci sono esperienze umane che invece sono caratterizzate dall’essere atemporali, nel senso che pur avendo luogo nel tempo si sviluppano in una dimensione al di fuori dell’ordine naturale: ad esempio gli sguardi degli innamorati; gli occhi vanno al di là del momento, superano il mondo reale, tendono ad evocare una fusione trascendente del proprio essere con quello dell’altro. La stessa percezione del tempo, in queste circostanze, viene completamente alterata. Ecco, lo sguardo del pigro sulla realtà è lo stesso dell’innamorato; il pigro è innamorato della vita e della natura e tende ad una fusione con essa al di là del momento contingente. Egli si astiene da tutte quelle pratiche che potrebbero portare in secondo piano questa dimensione di contemplazione atemporale, egli rifiuta la schiavitù del tempo organizzato e anela alla liberazione del proprio essere che si realizza in ogni istante della vita di ognuno di noi. Il pigro tende a concentrare le azioni indispensabili alla vita quotidiana per poter lasciare più spazio possibile a ciò che ritiene essere assolutamente più importante. Egli rifiuta la velocità in quanto ottusa superficialità e banalizzazione dei nostri comportamenti e delle nostre relazioni. La lentezza del pigro manifesta la piena consapevolezza dell’agire, garantisce una ponderata riflessione che ha depurato il fare da ogni pericolosa avventatezza. Come l’ Oblomov di Goncarov, il pigro non è un ozioso infingardo, è piuttosto un antieroe, un uomo che ha scelto di non partecipare ad una società ossessionata dalla morte e sempre in corsa per inseguire un’immortalità impossibile: la sua visione umanistica della vita e della realtà gli impedisce di essere complice consapevole di una società spietata con l’individuo, basata su valori di consumo compulsivo e di velocità senza senso. Il pigro vive all’ombra di Budda e dei grandi pensatori asceti, egli sa che non si può determinare il tempo di osservazione di un fiore appena sbocciato o del mare in tempesta, egli è consapevole del fatto che l’affettività non ha tempo né spazio, egli è sicuro che la nostra percezione della realtà è l’unico strumento valido per riflettere su noi stessi e sul nostro rapporto con l’esterno. La spiritualità e la trascendenza sono strade da percorrere quotidianamente, una sorta di pellegrinaggio interiore verso un santuario misterioso, posto in un luogo misterioso.
La solerte operosità di chi sostiene con convinzione che “il tempo è denaro” è la stessa di colui che, caduto in un pozzo profondo, nuota disperatamente per restare a galla; è la stessa della formica operaia sempre in movimento, senza sapere il perché.
“Tutti lavoriamo per arrivare al riposo: è ancora la pigrizia a renderci laboriosi”. J.J. Rousseau

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il super lavoro è il rifugio delle persone che nn hanno niente da fare(o. wilde)