giovedì 30 agosto 2007

LA FAMIGLIA


“Tutto ciò che una madre e un padre possono attribuirsi a merito, è di non aver guastato il proprio figlio in modo palese.” Margaret Mead
Nell’odierna società dei consumi la famiglia ha subito una rapida evoluzione senza riuscire a raggiungere un nuovo equilibrio stabile. Il rapporto fra genitori e figli è profondamente contaminato da modelli, aspirazioni e bisogni indotti dai mass media per aumentare i profitti delle grandi industrie dell’alimentazione, della moda, delle telecomunicazioni e del tempo libero. I figli, vittime inconsapevoli della quotidiana carneficina massmediale, diventano i carnefici dei propri genitori, i quali, a loro volta, allevandoli nella perversa cultura dominante, ne rimangono vittime attonite e stupefatte. Il padre e la madre, autoinvestiti della loro missione sacrale, quasi sempre sono disposti a concedere e a contrattare solo su alcuni tipi di richieste purchè i figli dimostrino di attenersi a determinate direttive di fondo che sono assolutamente non negoziabili; il problema è che non si sono resi conto di aver allevato una bomba ad orologeria che, prima o poi, gli scoppierà fra le mani. L’ideologia del tutto e subito, del divertirsi ad ogni costo, del denaro come feticcio, del successo riconosciuto da status symbol, della cultura dove non vi sono domande senza risposta, della famiglia come prototipo di un supermarket, del lavoro come fonte di guadagno e non di affermazione personale, è ormai penetrata a fondo nelle giovani generazioni determinando i comportamenti e le riflessioni conseguenti. La famiglia contemporanea vive in una dimensione astorica, come se fosse sempre stato così, come se i rapporti parentali si fossero sempre basati sugli stessi principi. Naturalmente così non è, i genitori di adesso sono stati figli e nella loro memoria sono sicuramente rimaste le tracce indelebili del conflitto e della ribellione giovanile. La storia e la psicologia ci dicono che i figli devono ribellarsi, devono lottare per le loro idee e i loro bisogni, al di là della qualità delle loro convinzioni. Se ora lottano per un panino in più da McDonald’s o un paio di pantaloni griffati la colpa non è certo la loro: quali sono i loro modelli? Un padre che lavora tutto il giorno per cambiare automobile o programmare le vacanze da un anno all’altro, una madre che sfacchina tutto il giorno per ingozzare la prole vorace e viziata sperando di poter fare la chioccia anche quando i figli avranno compiuto cinquant’anni. Naturalmente tutto questo è rafforzato dai modelli virtuali che colano abbondanti da quella piaga purulenta che è la televisione; un vero e proprio pus mediatico che infetta le menti e gli animi, che nel tempo trasforma un giovane essere umano in uno zombie dell’acquisto compulsivo, in un fesso che non capirà mai che paga,e molto, per fare la pubblicità agli stilisti (è pazzesco, se si pensa che appena cinquant’anni fa i famosi “uomini sandwich” venivano pagati per girare la città con la pubblicità addosso, e ora c’è un’inflazione di “uomini e donne sandwich” che pagano di tasca loro per percorrere il pianeta allo stesso scopo). Diciamolo chiaramente una volta per tutte: come può un genitore che veste una T shirt dove campeggia a carattereri cubitali D&G, o simili, contrastare la richiesta del figlio di indossare mutande con elastico griffato a vista? Come fanno un padre e una madre che hanno regalato il primo cellulare all’ottavo compleanno del figlio, esimersi dal regalargliene uno nuovo ogni anno? La vera autorità famigliare è rappresentata dal denaro, non dai genitori che ne dispongono, ma dal denaro in sé stesso: la banconota è la vera e unica icona della famiglia. Esso rappresenta l’appagamento, la felicità spensierata, il bene supremo a cui tendere e per il quale vale la pena lottare. I genitori sono paragonabili ai dei novelli dottor Frankenstein, hanno creato e allevato un mostro (in senso etimologico: monstrum, prodigio), un essere forte e potente che vuole tutto e subito, arrogante e violento, spesso senza scrupoli. Ma come accade nel romanzo di Mary Shelley, questa forza distruttiva si blocca davanti alla disarmante dolcezza della semplicità provando autentica commozione. E qui il fallimento della famiglia si svela drammaticamente: la mancanza assoluta di quella che i latini chiamavano auctoritas et gratia, credito e protezione, ovvero l’autorevolezza di una protezione affettiva concreta, di un impegno continuo nella comprensione e nel rispetto dell’individualità orientato verso l'evoluzione della persona.
“La santa famiglia!...Il luogo dove si presume che fioriscano tutte le virtù, dove bambini innocenti sono costretti con la tortura alle prime ipocrisie, le volontà sono spezzate dalla tirannia dei genitori, il rispetto di sé mortificato.” August Strindberg

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