sabato 2 febbraio 2008

NOIA

L’immagine di una gioventù sbracata e indolente non è cosa tipica dei nostri tempi. Ricordiamo alcuni personaggi de “I Vitelloni” di Federico Fellini e soprattutto il ritratto corrosivo della gioventù della provincia pugliese descritto nel primo film di Lina Wertmuller “I Basilischi”. Insofferenti del clima opprimente e represso nel quale crescevano, i giovani pugliesi dei primi anni ’60 si sfogavano fra loro parlando e progettando seduti al solito caffè. Ma tutta questa energia “eversiva” si esauriva nell’impatto contro un’atavica disillusione trasformandosi in comoda accettazione delle regole dominanti. Una gioventù stanca prima ancora di lottare, una gioventù che sublimava la propria tensione per il progresso della politica e del costume in interminabili discussioni, nell’esercizio di una retorica vuota, inconcludente, ipocritamente rassegnata.
Dopo cinquant’anni cosa è cambiato nella nostra gioventù? Bar, pubs e locali sono iperaffollati, soprattutto nel fine settimana dalle ore 22 in poi; la spinta aggregativa fra i giovani è sempre molto forte, amano passare il tempo libero in compagnia per potersi dedicare tutti insieme alla loro attività preferita: annoiarsi. I gruppi e le comitive bivaccano tristemente nei locali praticando la noia più assoluta fra un bicchiere e l’altro. Dopo qualche ora, giunti all’apice del godimento noioso, si spostano in un altro locale dove riprendere ad annoiarsi in modo accanito e a bere in modo risoluto. La gioventù contemporanea ha perso anche la voglia di esprimere il proprio punto di vista, non vuole neanche illudersi di discutere sui problemi e sulle questioni che la riguardano. Unica parola d’ordine: ammazzare il tempo. Dopo una lauta cena con mammà e papà, una bella doccia corroborante e digestiva, inforcano indumenti e calzature griffate, prendono l’auto personale, regalo per il compimento dei venerabili diciott’anni, dotata di impianto stereo sfondatimpani e via verso il luogo di ritrovo della comitiva. Riuniti tutti insieme appassionatamente, si comincia a gonfiare la noia collettiva. Potrà sembrare strano, ma lo scopo della socializzazione non consiste nella ricerca di evitare la noia bensì nell’esigenza di condividerla, come se fosse una condizione ineluttabile e ineludibile per tutti. Quindi la socializzazione giovanile dei nostri tempi non risponde all’esigenza di superare attraverso il gruppo particolari problematiche e tensioni comuni, si tratta piuttosto di una sorta di rito di appartenenza al gruppo nel quale ognuno conferma l’identità di una condizione che è condivisa da tutti. La cosa ricorda, per certi aspetti, la consuetudine della middle upper class britannica di passare il tempo libero al club. Al club si beve, si mangia, si legge, si gioca, si conversa, ma il tutto è sempre e comunque fatto nella convinzione che non c’è altro di meglio da fare e che le uniche cose serie della vita sono il lavoro, le istituzioni e il saper vivere in società. Facendo le dovute differenze, anche per i nostri giovani le uniche cose serie della vita sono il lavoro (quando lo si riesce ad avere), il saper vivere in società (saper “ammazzare il tempo”) e soprattutto lo “stare bene”, ovvero sentirsi accettati dagli altri e non avere per la testa pensieri o fissazioni moleste. In passato la noia era il tipico problema della giovane borghesia, assuefatta ad ogni esperienza e cinicamente disillusa su ogni reale possibilità di cambiamento. Oggi non è più così.
La noia imperversa in tutti gli ambienti giovanili, di qualsiasi strato sociale, perché essa rappresenta l’effetto collaterale del consumismo da una parte, dall’altra essa è, sua volta, la molla che spinge alla ricerca continua (e a volte fatale) dello sballo ad ogni costo. La nostra gioventù è stata allevata nel culto devastante di evitarle la sofferenza, lo shock, la repressione, la negazione e la frustrazione. E’ stata allevata secondo gli insegnamenti del tubo catodico: la vita è bella perché puoi avere quello che vuoi e puoi essere amato e popolare se sai essere bello e alla moda. L’importante è far parte del gruppo, non essere mai isolati, perché solo nel gruppo ci si sente protetti e compresi. Vedere folti gruppi di giovani che attendono il loro turno nel pub ricorda certe immagini di grandi stormi di uccelli che volteggiano compatti nell’aria per scoraggiare il predatore. Meglio vivere mimetizzati fra un gruppo di simili che doversi esporre in prima persona. Meglio annoiarsi in compagnia che da soli, e poi anche il luogo ha la sua importanza, sicuramente i più frequentati sono quelli dove ci si annoia meglio, dove la rottura di balle è garantita al cento per cento. E noi poveri gonzi stagionati che si credeva che il must della noia fosse l’oratorio o i pomeriggi estivi assolati in cui tutti riposano tranne te. Poveri illusi, la vera noia è solo quella che sei disposto a pagare pur di provarla.


1 commento:

Dyo ha detto...

Temo la noia non abbia età, Saverio. Ricordo di essermi sempre annoiata, in vita mia. Il primo ricordo in tal senso risale a quando ero addirittura in età prescolare. Poi finivo per inventarmi qualcosa, ma quando mi prendeva la noia era un guaio.
I giovani di oggi?
Hai ragione, ma magari il problema fosse solo quello.