martedì 3 aprile 2007

FLATUS VOCIS



La voce nasce insieme all’uomo. L’atto della nascita è infatti rappresentato dal primo vagito, da quell’incredibile primo suono-respiro. La voce, quindi, prima di essere comunicazione e linguaggio è grido di presenza e simbolo di vita. La sua natura è essenzialmente corporea, ha relazione col respiro, è emanata dagli stessi organi deputati all’alimentazione e alla sopravvivenza: la voce è prima di tutto il suono della vita. In quel suono emesso dal corpo c’è tutto il nostro essere al mondo, tutta la nostra essenza vitale legata al corpo e alla mente, nella voce risiede il nostro essere, ascoltare la voce è, quindi, prima di tutto atto di condivisione della vita fra umani. La parola non esiste se non prende corpo e suono attraverso la voce; la parola non può essere Verbo (rivelazione del mistero, annuncio di salvezza) se non viene pronunciata con la voce; la parola non può articolarsi in Logos (linguaggio, conoscenza) senza il supporto della voce; la parola non può essere Pathos (testimonianza di affetto, sofferenza, pietà) se il suono della voce non le dà forma e senso. La voce è essenza rivelata, il prodigium altro non è che emissione (prod) di una voce divina (agium), il dio latino Aius Locutius fu appellato così perché volle farsi voce egli stesso, senza intermediazioni di umani sacerdoti. Aio, il verbo latino che ha valore di affermazione categorica e positiva, contiene l’asserzione della verità, è l’esercizio della voce della verità.
L’ambivalenza della voce, intesa come emissione di suono puro e suono articolato nel linguaggio, consente la realizzazione di quella magica e unica forma di espressione musicale quale è il canto. Con il canto la voce viene arditamente piegata alle regole della musica e a quelle del linguaggio per poter raggiungere un livello di comunicazione linguistico-affettiva che tende all’espressione totale di poesia e musica. Attraverso il canto i connotati della voce (tono, timbro, registro) acquisiscono valenze e significati che superano l’individualità del cantante per diventare strumenti di evocazione emotiva e di narrazione simbolica. Essi non rappresentano solo l’essenza del cantante ma diventano oggetto di identificazione affettiva dell’ascoltatore: la voce del cantante si trasfigura in quella dell’ascoltatore, passa da una dimensione privata ad una collettiva.
Le due componenti, quella linguistica (logos) e quella affettiva (pathos), si manifestano in modi, quantità e rapporti diversi, in base alle caratteristiche della composizione musicale, pur essendo sempre presenti in contemporanea. Per cui avremo composizioni in cui la parte linguistica sarà prevalente su quella affettiva e viceversa, il tutto dipenderà dall’autore, dal genere musicale e dall’esecutore, ovvero dal cantante.
La grande potenza evocativa della voce non ha paragoni nel vasto repertorio degli strumenti musicali del mondo, poiché la voce è l’unico strumento/persona; la voce cantata non emette solo suono e linguaggio ma trasporta con sé l’umanità, il senso dell’essere, la volontà di esistere. La voce cantata non solo dice, ma si dice; racconta, ma si racconta; manifesta, ma si manifesta.
In questa dimensione anche il silenzio assume un significato profondo, esso diventa parola non detta, voce non espressa; il silenzio entra, assordante, nell’espressione del linguaggio non profferito, nello spazio dell’affetto non espresso. La “voce” del silenzio racconta anch’essa una storia nata con l’uomo: il silenzio “è” quando la voce “non è”, senza la voce il silenzio non esisterebbe.

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