mercoledì 4 aprile 2007

L'ECCEZIONE E LA REGOLA






Ma le mie urla
Feriscono
Come fulmini
La campana fioca
Del cielo

Sprofondano
Impaurite

“Solitudine” di Giuseppe Ungaretti


La solitudine è uno stato mentale, una dimensione dello spirito. Ci si sente soli in un supermercato, mentre si fa la fila alla cassa e tutti guardano sbigottiti il tuo carrello che contiene solo carta igienica e pizza surgelata. Ci si sente soli in un cinema, il lunedì pomeriggio al primo spettacolo. Ci si sente soli a messa, quando si scambia il segno della pace con gente della quale non te ne frega nulla. Ci si sente soli di notte, mentre si divora un pessimo panino con le acciughe. Ci si sente soli dopo una telefonata all’amico lontano. Ci si sente soli quando non si è creduti. Ci si sente soli quando ti sembra che la vita si sia dimenticata di te. Ci si sente soli quando si girovaga sul web per passare il tempo che non passa. Ci si sente soli quando ci si sforza di essere allegri per non essere costretti a dare spiegazioni che non ci sono. Ci si sente soli quando si accende il televisore per non sentire il silenzio che ti assedia. Ci si sente soli quando si incontra un’altra solitudine e non c’è nulla da dire.
Ognuno di noi è un mondo a parte. In ognuno di noi sono serbati ricordi ed esperienze che mai nessun altro potrà condividere. Pensieri intimi, fantasie innominabili, piccoli e grandi segreti. Siamo soli nel momento della nascita e in quello della morte, dovremmo essere abituati a questa ineluttabile condizione monadica. E invece no, ogni volta ci ribelliamo e facciamo di tutto per spezzare questo destino, illudendoci che un giorno ci riusciremo. Canzoni, poesie, romanzi, teatro, cinema, tutti hanno cercato di esorcizzare questo demone, questa scimmia infernale appollaiata sulla nostra spalla. Per molte persone questo stato può essere causa di profondo disagio e di nevrosi, per altre è fonte di reddito (psicoterapeuti, dietisti, artisti, lenoni, agenzie di incontri, siti web, ed altro), per la maggioranza è un peso da sopportare non senza difficoltà. Forse l’aspetto più pericoloso di questa condizione consiste nella presunzione che la propria solitudine sia più pesante e insopportabile di quella degli altri, che il proprio fardello sia il più grosso, che nessuno sia in grado di capirci.
In realtà siamo grotteschi. La nostra presunzione ci trasforma in macchiette sempre preoccupate a raggiungere “la felicità”, come deformi fenomeni da baraccone ostentiamo il nostro sublime dolore e innalziamo penose invocazioni per un destino meno crudele; come marionette ci sbattiamo in ogni modo per sfuggire all’eccezione della solitudine in una regola fatta di vita serena e gioiosa. Ma non abbiamo capito nulla, o ci ostiniamo a non volerlo capire, non vediamo che la solitudine è la regola e che la sua eccezione consiste in brevi momenti di gioia e serenità. Se avessimo il coraggio e l’intelligenza di considerare questa realtà forse vivremmo molto più intensamente e consapevolmente quelle poche eccezioni che la vita ci concede; la regola, la solitudine, sarebbe più sopportabile e molto meno dolorosa. Parole inutili.


Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.

“Ed è subito sera” di Salvatore Quasimodo

2 commenti:

Dyo ha detto...

E' vero ma ammetterlo fa molto male, perchè si è portati ad illudersi che la solitudine sia solo un incidente di percorso, un periodo che prima o poi finirà, un male ingiusto e transitorio. Invece è così per tutti, ma solo alcuni ne prendono coscienza.
Notte.

l'invisibilenelvisibile ha detto...

Cosa vorrei vedere appartata nella mia solitudine ??un tramonto sull'adriatico d'estate, l'alba di un giorno sereno, l'orizzonte senza ostacoli sul mare, vorrei vedere un sorriso di un bambino,vorrei vedere quello che gli altri non vedono e poi ascolatre il silenzio di una notte, il pensiero della persona che mi è accanto.
Maria.