giovedì 31 gennaio 2013

LINCOLN DI STEVEN SPIELBERG





Non può essere casuale che questo film giunga nelle sale cinematografiche in un periodo di oscura disillusione verso la politica, verso il ruolo degli ideali, verso la tensione etica, verso il peso della responsabilità storica, verso il senso di giustizia e di uguaglianza. Spielberg (ispirato dal libro di Doris Kearns Goodwin Team Of Rivals: The Political Genius Of Abraham Lincoln) decide di narrare le vicende ed i retroscena che portarono, nel 1865, all’approvazione del tredicesimo emendamento della costituzione degli Stati Uniti che proclamava l’abolizione della schiavitù.
L’idea dell’autore è quella di mostrare come sia possibile che un ideale, nonostante le pastoie, lo squallore, l’orrore e la profonda ingiustizia della condizione nella quale si dibatte l’esistenza umana, possa trasformarsi in un reale cambiamento, in una storica occasione di concretizzarsi e di modificare per sempre la realtà. La tensione morale ed ideale di Lincoln consiste nella assoluta consapevolezza che solo l’abolizione della schiavitù darà senso all’immane carneficina della guerra civile e costituirà il cambiamento che aprirà un nuovo grande scenario di evoluzione della società, del diritto, dell’economia e delle coscienze del giovane popolo americano. Una necessità ineluttabile di fronte alla quale niente e nessuno dovrà e potrà opporsi. Lincoln è conscio che dovrà scendere a patti e a bassi compromessi per ottenere i voti del Congresso necessari all’approvazione di un emendamento costituzionale. Egli è anche un uomo pratico e non si pone la questione se la bassa politica possa “sporcare” il suo progetto; distribuire posti, incarichi e denaro per conquistare la maggioranza non rappresenta un problema morale poiché la moralità è insita in quell’emendamento che darà nuova dignità alla costituzione americana e a tutti coloro che sono morti per difendere il principio di uguaglianza. Il film non concede nulla alla facile celebrazione di uno dei più grandi e amati presidenti degli Stati Uniti. Ci viene presentato un Lincoln assolutamente credibile, con le sue fragilità (nel rapporto con la moglie e col figlio più piccolo), le sue contraddizioni (nell’ostinato divieto di arruolarsi al figlio maggiore), la sua semplicità, il tutto riassunto in una figura estremamente carismatica, capace di conquistare le menti più ostili al suo disegno. Attraverso uno straordinario montaggio e una superba fotografia ricca di chiaroscuri (a ricordare il clima di quegli anni tremendi) e di riferimenti all’iconografia di fotografi e pittori che documentarono gli episodi salienti di quella lunga guerra civile,  Steven Spielberg realizza un film-saggio che vuole andare oltre il racconto storico. La storia (così come in Schindler’s List) diventa un paradigma di un’umanità capace di dare corpo vivo agli ideali più alti esercitando la volontà, l’abnegazione, ma anche la menzogna e l’espediente; una prassi machiavellica senza scrupoli messa in atto per raggiungere uno scopo di immensa portata umana. La pietas si arma di arroganza e fredda determinazione per farsi spazio in un mondo ostile, cinico, governato dall’avidità e dal pregiudizio. Un altro aspetto estremamente interessante del film è l’efficacissima descrizione dell’ambiente e degli equilibri politici che governano le forze ed i partiti del Congresso, dove l’essere radicale e conservatore non corrisponde alla militanza nel partito democratico e in quello repubblicano. Il rigido schematismo destra-sinistra si frantuma in correnti estremamente eterogenee all’interno dei singoli partiti, correnti strettamente legate alla storia e alle esigenze dei vari territori di riferimento. Il Congresso è un coacervo di interessi, di equilibri, di odi, di brame, ma anche l’unico luogo in cui la democrazia e gli ideali più alti possono condensarsi e scendere a permeare la vita comune del popolo. Esso rappresenta l’unica grande possibilità per coloro che credono nell’alta funzione della politica di modificare la realtà secondo principi di uguaglianza attraverso il concreto riconoscimento dei diritti umani e di giustizia uguale per tutti. Con questo film, Spielberg lancia un messaggio potente di rivendicazione del diritto dei popoli ad autogovernarsi, messaggio quanto mai opportuno in questo clima di paludosa inazione della politica nei confronti del pressante attacco dell’economia globalizzata. Forse c’è ancora un margine di ripresa del primato della politica, ma esso passa attraverso la consapevolezza che è giunto il momento di abbandonare il pantano degli interessi privati per dedicarsi completamente al cambiamento della realtà seguendo gli ideali dell’umano progresso verso una società più giusta per tutti. La politica “sporca” continuerà ad esistere ma il suo ruolo sarà marginale rispetto alla forza morale che sarà impiegata per cambiare la società.