La morte improvvisa di Michael Jackson, sebbene circolassero da tempo voci su una sua grave malattia, ha sorpreso il mondo della pop music e, in generale, tutto l’ambiente dello show business.
In questi ultimi mesi Jackson si stava preparando per un grande ritorno sulle scene dopo un tristissimo lungo periodo in cui era stato protagonista di una campagna mediatica che aveva messo delle solide ipoteche su alcuni suoi comportamenti, nella vita privata, poco chiari fino a presumere una vera e propria accusa di pedofilia. E sebbene da un punto di vista giudiziario egli fosse stato completamente riabilitato, anni di accuse e calunnie gli avevano fatto il vuoto intorno e molti fans avevano smesso di difendere la sua onorabilità.
Figlio e fratello d’arte, Jackson a cinque anni era un bambino prodigio, cantava e ballava benissimo, così da poter subito entrare nel luccicante e perfido mondo dello show business. Membro più giovane della band familiare Jackson Five, Michael si è nutrito di rhythm ‘ blues, di rock ‘ roll, e di tutta la black music in voga a partire dagli anni ’60 in poi. Questa componente culturale è di estrema importanza se si vuole comprendere il fenomeno musicale Jackson, poiché essa è alla base di tutte le scelte artistiche che egli farà nella sua vita.
L’idea di far veicolare la musica attraverso un personaggio “oltreumano” (nel senso nietschiano del termine) non è nuovo nel mondo musicale; l’idea, che affonda le radici nelle icone musicali create nel ‘700 dai cantanti castrati, trova nuova linfa nel rock progressive degli anni ’70, con cantanti-attori come Peter Gabriel, leader dei Genesis, o come David Bowie, fino a giungere, successivamente, a Freddy Mercury dei Queen. Questo nuovo modello è in netta antitesi con la figura del “crooner”, del sussurratore stile Bing Crosby e Frank Sinatra. Se il fascino del crooner consiste nel rappresentare l’uomo comune e di cantare in uno stile dialogico che lo mette subito in contatto con l’ascoltatore, il nuovo modello punta a divenire il vate della musica, colui che è in grado di operare una “divina mimesis” veicolando la musica da nuove, misteriose dimensioni fino a giungere fra di noi. Il cantante diventa il sacerdote di un rito misterico musicale, superando la dimensione umana. Questa idea “apollinea” (rimanendo nelle categorie di Nietsche) della musica comporta una sorta di mutazione antropologica che viene evidenziata attraverso strani e sofisticati travestimenti, attraverso un uso estremo del trucco e soprattutto attraverso posture e movimenti unici e originali. Da questo punto di vista, sicuramente Michael Jackson rappresenta l’ultimo grande erede di questa tradizione, con un'unica grande differenza rispetto al passato: questo modello non è una categoria estetica, esso non è limitato al palcoscenico, questo modello è, per lui, un modello di vita. Come nel racconto di Kafka, Jackson opera una metamorfosi, modifica il proprio volto e il colore della pelle, dedica totalmente il suo corpo e la sua vita a questo scopo “oltreumano”.
Molto probabilmente il motivo di questa scelta “integrale” consiste proprio nella sua storia personale ed umana: trovarsi dopo pochi anni dalla nascita in un mondo di adulti dove imperversa un clima di feroce concorrenza e dove il successo è la misura di tutte le cose, ha determinato un percorso in cui fra lavoro e vita privata non c’era alcuna soluzione di continuo. E questo, probabilmente, spiega anche il perché della lussuosa residenza attrezzata come un parco giochi e della sua grande sensibilità alle problematiche dell’infanzia.
Tornando agli aspetti più rilevanti del personaggio Jackson non si può evitare di riconoscere la grande originalità della sua operazione artistica: egli attinge a piene mani dalla cultura afroamericana (dimostrando che lo sbiancamento della pelle non era dovuto a una forma di rifiuto della propria identità afroamericana) attraverso un riuscito innesto nelle proprie coreografie di moduli chiaramente provenienti dalla rap dance e da una forte stilizzazione del tip tap. Non dimentichiamo che sia il tip tap che la più recente rap dance nascono come espressione autoctona delle comunità nere nei sobborghi metropolitani nord americani come una forma d’arte corporea spontanea e intimamente connessa alla musica. Jackson utilizza tutto ciò puntando ad una rappresentazione marionettistica dei movimenti, in cui anche la forte componente sessuale (mano sul pube, movimenti parossistici dell’anca) viene stilizzata e assorbita dal contesto generale.
L’oltreumano Jackson è una sorta di marionetta impazzita, un androide in corto circuito, incapace di controllarsi e di reprimere la propria aggressività (Thriller, Bad, Dangerous, Smooth Criminal), è il prodotto di una società violenta ed egoista, capace di sacrificare al dio denaro anche l’innocenza di un bambino.
Con la morte di Michael Jackson tramonta definitivamente la stirpe degli epigoni di Orfeo, colui che si illuse di modificare le leggi della natura attraverso la potenza della musica. Quando scompare un grande artista (e Jackson lo era) scompare una voce che ha contribuito a dare un senso alla realtà e che ci ha indotto a riflettere sul senso delle cose e su noi stessi: quel fantoccio pallido dai movimenti a scatti è riuscito a interpretare il proprio tempo che è stato anche il nostro tempo.
In questi ultimi mesi Jackson si stava preparando per un grande ritorno sulle scene dopo un tristissimo lungo periodo in cui era stato protagonista di una campagna mediatica che aveva messo delle solide ipoteche su alcuni suoi comportamenti, nella vita privata, poco chiari fino a presumere una vera e propria accusa di pedofilia. E sebbene da un punto di vista giudiziario egli fosse stato completamente riabilitato, anni di accuse e calunnie gli avevano fatto il vuoto intorno e molti fans avevano smesso di difendere la sua onorabilità.
Figlio e fratello d’arte, Jackson a cinque anni era un bambino prodigio, cantava e ballava benissimo, così da poter subito entrare nel luccicante e perfido mondo dello show business. Membro più giovane della band familiare Jackson Five, Michael si è nutrito di rhythm ‘ blues, di rock ‘ roll, e di tutta la black music in voga a partire dagli anni ’60 in poi. Questa componente culturale è di estrema importanza se si vuole comprendere il fenomeno musicale Jackson, poiché essa è alla base di tutte le scelte artistiche che egli farà nella sua vita.
L’idea di far veicolare la musica attraverso un personaggio “oltreumano” (nel senso nietschiano del termine) non è nuovo nel mondo musicale; l’idea, che affonda le radici nelle icone musicali create nel ‘700 dai cantanti castrati, trova nuova linfa nel rock progressive degli anni ’70, con cantanti-attori come Peter Gabriel, leader dei Genesis, o come David Bowie, fino a giungere, successivamente, a Freddy Mercury dei Queen. Questo nuovo modello è in netta antitesi con la figura del “crooner”, del sussurratore stile Bing Crosby e Frank Sinatra. Se il fascino del crooner consiste nel rappresentare l’uomo comune e di cantare in uno stile dialogico che lo mette subito in contatto con l’ascoltatore, il nuovo modello punta a divenire il vate della musica, colui che è in grado di operare una “divina mimesis” veicolando la musica da nuove, misteriose dimensioni fino a giungere fra di noi. Il cantante diventa il sacerdote di un rito misterico musicale, superando la dimensione umana. Questa idea “apollinea” (rimanendo nelle categorie di Nietsche) della musica comporta una sorta di mutazione antropologica che viene evidenziata attraverso strani e sofisticati travestimenti, attraverso un uso estremo del trucco e soprattutto attraverso posture e movimenti unici e originali. Da questo punto di vista, sicuramente Michael Jackson rappresenta l’ultimo grande erede di questa tradizione, con un'unica grande differenza rispetto al passato: questo modello non è una categoria estetica, esso non è limitato al palcoscenico, questo modello è, per lui, un modello di vita. Come nel racconto di Kafka, Jackson opera una metamorfosi, modifica il proprio volto e il colore della pelle, dedica totalmente il suo corpo e la sua vita a questo scopo “oltreumano”.
Molto probabilmente il motivo di questa scelta “integrale” consiste proprio nella sua storia personale ed umana: trovarsi dopo pochi anni dalla nascita in un mondo di adulti dove imperversa un clima di feroce concorrenza e dove il successo è la misura di tutte le cose, ha determinato un percorso in cui fra lavoro e vita privata non c’era alcuna soluzione di continuo. E questo, probabilmente, spiega anche il perché della lussuosa residenza attrezzata come un parco giochi e della sua grande sensibilità alle problematiche dell’infanzia.
Tornando agli aspetti più rilevanti del personaggio Jackson non si può evitare di riconoscere la grande originalità della sua operazione artistica: egli attinge a piene mani dalla cultura afroamericana (dimostrando che lo sbiancamento della pelle non era dovuto a una forma di rifiuto della propria identità afroamericana) attraverso un riuscito innesto nelle proprie coreografie di moduli chiaramente provenienti dalla rap dance e da una forte stilizzazione del tip tap. Non dimentichiamo che sia il tip tap che la più recente rap dance nascono come espressione autoctona delle comunità nere nei sobborghi metropolitani nord americani come una forma d’arte corporea spontanea e intimamente connessa alla musica. Jackson utilizza tutto ciò puntando ad una rappresentazione marionettistica dei movimenti, in cui anche la forte componente sessuale (mano sul pube, movimenti parossistici dell’anca) viene stilizzata e assorbita dal contesto generale.
L’oltreumano Jackson è una sorta di marionetta impazzita, un androide in corto circuito, incapace di controllarsi e di reprimere la propria aggressività (Thriller, Bad, Dangerous, Smooth Criminal), è il prodotto di una società violenta ed egoista, capace di sacrificare al dio denaro anche l’innocenza di un bambino.
Con la morte di Michael Jackson tramonta definitivamente la stirpe degli epigoni di Orfeo, colui che si illuse di modificare le leggi della natura attraverso la potenza della musica. Quando scompare un grande artista (e Jackson lo era) scompare una voce che ha contribuito a dare un senso alla realtà e che ci ha indotto a riflettere sul senso delle cose e su noi stessi: quel fantoccio pallido dai movimenti a scatti è riuscito a interpretare il proprio tempo che è stato anche il nostro tempo.
Nessun commento:
Posta un commento