Secondo la cultura romana in ogni luogo albergava una divinità a tutelarne l’integrità, a sancirne la sacralità e a rivelarne, ove necessario, il senso profondo. Il Genius Loci era lì a ricordare che l’ordine cosmico e le leggi della natura obbedivano ad una forza creatrice superiore che rendeva ogni cosa ed ogni luogo depositari di una parte del sacro mistero della vita ed era lì a custodire la ragione intima e superiore che giustificava l’esistenza e l’essenza di quel luogo. “Deus, in cuius tutela hic locus est” questa era l’invocazione che apriva il rituale dedicato al Genius Loci, un rituale indispensabile per ingraziarsi il nume tutelare e poter intraprendere qualsiasi tipo di attività in un determinato luogo. Non era una forma scaramantica e apotropaica di inaugurare l’attività umana bensì il riconoscimento di una dimensione trascendente a cui dover sottostare e una promessa solenne di non tradire la funzione e il significato autentico di quel luogo.
Dopo più di duemila anni, al di là del primitivo significato magico-religioso, questa figura simbolica continua a rappresentare qualcosa di filosoficamente rilevante per la nostra civiltà; innanzitutto ci ricorda che i luoghi e la natura che in essi si manifesta non sussistono solo a causa di una serie di leggi e di circostanze dettate dal caso, dalla geologia e dall’evoluzione delle specie, quanto soprattutto dalla percezione che noi abbiamo della realtà e dal significato che culturalmente ed emozionalmente vogliamo attribuirle. I luoghi, così come li percepiamo e li definiamo, sono tali in quanto noi li abbiamo classificati in un determinato modo e l’uso che ne facciamo e il godimento che possiamo trarne dipende unicamente dal nostro modo di agire e di fruire. In altre parole non facciamo altro che mettere in pratica un’idea, un’opinione condivisa che esprime una cultura, un modo di essere e di agire basato su bisogni materiali e spirituali. Mai come al giorno d’oggi, i luoghi e gli scenari naturali vengono descritti con termini come: magico, santuario naturale, affascinante, incantevole, straordinario, fatato; una serie di parole che esprimono e trasudano sacralità, stupore trascendente. E’ come se, dopo secoli di cieca barbarie, avessimo riscoperto l’esistenza e l’estrema importanza del Genius Loci, l’indispensabile anello di congiunzione tra l’uomo e la natura, il simbolo e il garante di un patto tra cultura e leggi universali che non può essere infranto, l’unico, vero baluardo contro il delirio d’onnipotenza dell’uomo. Quello che ancora non è maturato è il senso diffuso che deve avere questa consapevolezza, non riusciamo a vedere tutto inserito in un’unica logica: crediamo che vi siano luoghi da rispettare (almeno teoricamente) e luoghi da deturpare impunemente. E’ molto radicata la convinzione che un luogo poco o per niente antropizzato sia il posto ideale per schiamazzare impunemente, praticare giochi di vario genere, gozzovigliare, ed altre amene attività vacanziere: la versione contemporanea dell’antica tradizione della “gita fuoriporta”, che nel passato era collegata a particolari festeggiamenti e pellegrinaggi di tipo religioso. E’ praticamente inesistente la coscienza ecologica in relazione all’inquinamento acustico, per la maggior parte dei vacanzieri è inconcepibile paragonare l’immondizia con lo schiamazzo continuato o col radiolone a tutto volume. Certo è indispensabile sperare che nel futuro le cose cambino e che l’autocoscienza si sviluppi in tutti noi, nel frattempo cerchiamo di sopravvivere e soprattutto teniamo presente che un casinista caciarone adulto è un nemico pubblico, un essere spregevole e pericoloso; evitiamo che ne crescano altri: al bambino caciarone non lesinar lo sganassone. Vi sembra barbarico e poco pedagogico? Può darsi, in realtà sarebbero i genitori a meritare un po’ di calci nel sedere, ma non servirebbe, troppo tardi. Pensiamo alle giovani generazioni: a volte un ceffone può cambiare il destino, perché non provare?
Dopo più di duemila anni, al di là del primitivo significato magico-religioso, questa figura simbolica continua a rappresentare qualcosa di filosoficamente rilevante per la nostra civiltà; innanzitutto ci ricorda che i luoghi e la natura che in essi si manifesta non sussistono solo a causa di una serie di leggi e di circostanze dettate dal caso, dalla geologia e dall’evoluzione delle specie, quanto soprattutto dalla percezione che noi abbiamo della realtà e dal significato che culturalmente ed emozionalmente vogliamo attribuirle. I luoghi, così come li percepiamo e li definiamo, sono tali in quanto noi li abbiamo classificati in un determinato modo e l’uso che ne facciamo e il godimento che possiamo trarne dipende unicamente dal nostro modo di agire e di fruire. In altre parole non facciamo altro che mettere in pratica un’idea, un’opinione condivisa che esprime una cultura, un modo di essere e di agire basato su bisogni materiali e spirituali. Mai come al giorno d’oggi, i luoghi e gli scenari naturali vengono descritti con termini come: magico, santuario naturale, affascinante, incantevole, straordinario, fatato; una serie di parole che esprimono e trasudano sacralità, stupore trascendente. E’ come se, dopo secoli di cieca barbarie, avessimo riscoperto l’esistenza e l’estrema importanza del Genius Loci, l’indispensabile anello di congiunzione tra l’uomo e la natura, il simbolo e il garante di un patto tra cultura e leggi universali che non può essere infranto, l’unico, vero baluardo contro il delirio d’onnipotenza dell’uomo. Quello che ancora non è maturato è il senso diffuso che deve avere questa consapevolezza, non riusciamo a vedere tutto inserito in un’unica logica: crediamo che vi siano luoghi da rispettare (almeno teoricamente) e luoghi da deturpare impunemente. E’ molto radicata la convinzione che un luogo poco o per niente antropizzato sia il posto ideale per schiamazzare impunemente, praticare giochi di vario genere, gozzovigliare, ed altre amene attività vacanziere: la versione contemporanea dell’antica tradizione della “gita fuoriporta”, che nel passato era collegata a particolari festeggiamenti e pellegrinaggi di tipo religioso. E’ praticamente inesistente la coscienza ecologica in relazione all’inquinamento acustico, per la maggior parte dei vacanzieri è inconcepibile paragonare l’immondizia con lo schiamazzo continuato o col radiolone a tutto volume. Certo è indispensabile sperare che nel futuro le cose cambino e che l’autocoscienza si sviluppi in tutti noi, nel frattempo cerchiamo di sopravvivere e soprattutto teniamo presente che un casinista caciarone adulto è un nemico pubblico, un essere spregevole e pericoloso; evitiamo che ne crescano altri: al bambino caciarone non lesinar lo sganassone. Vi sembra barbarico e poco pedagogico? Può darsi, in realtà sarebbero i genitori a meritare un po’ di calci nel sedere, ma non servirebbe, troppo tardi. Pensiamo alle giovani generazioni: a volte un ceffone può cambiare il destino, perché non provare?
1 commento:
As usual, ti salvo e ti porto al mare con me.
Un bacio.
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