giovedì 11 marzo 2010

TRENT'ANNI DOPO


Grazie a Facebook ho potuto reincontrare dei vecchi e cari amici. Sono passati trent’anni da quando, nel 1980, ho condiviso con loro i mesi, la noia, l’ineluttabile coercizione e l’opprimente atmosfera di totale imbecillità del servizio militare. Eppure quell’esperienza ha prodotto qualcosa di misteriosamente positivo: un sodalizio umano che il tempo non è riuscito a cancellare. Anzi, la sensazione è che il tempo abbia “fossilizzato” quell’affetto, quella solidarietà, quella comunanza di idee e quel senso umoristico che, in qualche modo, ci hanno salvato dal condizionamento e dalla sofferenza esistenziale che un ambiente gretto e autoritario, come la caserma, cerca violentemente di imporre. Le strade diverse e le varie sfide della vita che ognuno di noi ha affrontato in tutti questi anni non hanno scalfito minimamente quella parte profonda di noi che abbiamo “messo in comune” per un periodo neanche tanto lungo della nostra giovinezza. La sensazione, bella e stupefacente, è stata quella di riprendere un discorso dopo una pausa, senza avere il bisogno di riannodare i fili della comunicazione e dell’empatia, senza avere la necessità di doversi “sintonizzare” nuovamente.
La necessità, l’urgenza maggiore, non è stata tanto quella di ricordare il passato comune, che pure è cosa buona e giusta, quanto quella di raccontare quello che siamo ora, di confrontare i punti di vista sulla vita, di condividere idee, speranze e disillusioni. Il servizio militare ci ha colti impreparati a dover affrontare situazioni e persone spiacevoli così come meccanismi di potere e vuota retorica e la nostra reazione, istintiva e disperata, è stata quella di “fare quadrato” per salvaguardare la nostra dignità e la nostra salute mentale. Abbiamo reagito ad un ambiente ostile attivando quelle risorse interiori decisive che sono l’affettività, la solidarietà, l’onestà intellettuale e l’umorismo. Risorse che abbiamo continuato a usare durante il resto della vita e che ci hanno consentito di preservare il nostro cuore e la nostra mente dai condizionamenti di una società sempre più spietata e cinica.
Giacinto, Riccardo e Roberto (in ordine alfabetico) sono persone speciali, trasudano umanità, hanno saputo preservare un afflato interiore positivo che li rende immuni dalla nuova peste che ammorba l’umanità: il cinico individualismo. Sono stato fortunato ad averli ritrovati.

1 commento:

ap ha detto...

Dopo trent'anni di assoluto silenzio è sicuramente emozionante e bello fare una rimpatriata con persone che hanno condiviso momenti di tristezza perchè lontani da casa e momenti di goliardia all'insegna del divertimento a tutti i costi- Momenti di confronti di come eravamo e di come si è divenuti.Piero