“Comandi, signor Capitano”, appena fuori dall’ufficio il suo volto si illuminò di un sorriso esagerato, gli avevano assegnato il suo primo caso. Fino ad allora il brigadiere Lopollo aveva svolto mansioni varie in ufficio e sulle volanti, questo era il suo primo lavoro investigativo di cui sarebbe stato unico responsabile. Nella parrocchia di don Vinicio erano stati rubati circa cinquantamila euro, raccolti per il restauro del campanile. Il denaro era stato appena ritirato dall’ufficio postale, dove erano confluite le donazioni, per essere depositato in banca. Il fatto criminoso era avvenuto durante l’assenza di un’ora del parroco, chiamato urgentemente al capezzale di un moribondo. Prima di uscire, don Vinicio aveva pensato di nascondere la somma sotto una vecchia statua di Santa Filomena che giaceva da decenni in un angolo polveroso della sacrestia. Sotto la base della statua lignea c’era un incavo che, in origine, ospitava una reliquia della Santa. Nessuno sapeva dell’esistenza di quel nascondiglio, lo stesso don Vinicio lo aveva scoperto casualmente l’anno prima quando si era preso la briga di pulire personalmente la statua dalla polvere e dalle ragnatele che l’avvolgevano. La faccenda si presentava ingarbugliata, quella mattina non era stato visto nessuno entrare in sacrestia, molte bizzoche presenti in chiesa erano pronte a giurarlo. Così come nessuno era al corrente del fatto che don Vinicio avesse ritirato il denaro dall’ufficio postale. Ma non proprio nessuno, pensava Lopollo mentre si accingeva ad aggredire un piatto fumante di pasta e ceci. Dopo i due primi bocconi, un senso di profondo piacere andava colmando il suo corpo, il dolce legume e il sapido aroma dell’olio extravergine crudo gli rammentavano la giovinezza e i profumati baci di quella ragazza del paese che per prima lo aveva stregato. Dopo un bicchiere di Nero di Troia e uno sguardo compiaciuto ai fianchi torniti e alle caviglie sottili della moglie, intenta a spiattellare, riprese il ragionamento: ci sono almeno altre cinque o sei persone che erano al corrente del prelevamento, tutti gli impiegati postali. Lo stretto lasso di tempo fra il prelevamento e il furto faceva escludere, almeno per ora, ad una notizia trapelata per pettegolezzo o semplice ingenuità, mentre faceva seriamente pensare ad un’informazione passata all’esterno con scopi poco puliti. Un impiegato “basista” che informa subito il ladro, il quale agisce immediatamente, appena se ne presenta l’opportunità. Soddisfatto della brillante razionalità dell’ipotesi, Lopollo decise di verificarla subito dopo un colloquio col parroco.
Don Vinicio Gaudioso aveva circa trentacinque anni, di bell’aspetto, indossava sempre un clergyman elegante e inforcava occhiali da vista griffati; sportivo, era appassionato del mare e durante buona parte dell’anno sfoggiava un’abbronzatura invidiabile. “Finalmente..brigadiere. L’aspettavo…fra un’ora ho il catechismo”. “Non si preoccupi…devo solo rivolgerle poche domande”. Il parroco era stranamente nervoso, sudaticcio, non profumava come al solito di eau de toilette di marca. “Don Vinicio, si ricorda chi era l’impiegato postale che lo ha servito?” “Sì certo, la signora Ippolita Splendente, impiegata gentile e brava parrocchiana, grazie a lei l’operazione è stata rapida, considerando che non avevo preavvisato”, mentre parlava si asciugava la fronte con un fazzoletto immacolato, in un angolo le cifre GV finemente ricamate. Lopollo diresse lo sguardo sulle mani bianche e delicate del prete e aggiunse “Mi dica del moribondo, chi era?” “Il ragionier Tartaglia, un uomo buono, un vero cristiano”, “Pace all’anima sua” sussurrò Lopollo, “Macchè…il cristiano è ancora vivo, non fu lui a chiedere di me…ma il nipote…credeva che lo zio fosse lì per spirare” “…Umm, il nipote…lo conosce lei ?” “Ma certo….Agostino…Agostino Cacace, il commercialista, celebrai il suo matrimonio tre anni fa, ero appena arrivato in parrocchia, fu una bellissima cerimonia…proprio di questo si parlò mentre ero allo sportello”, Lopollo ebbe un guizzo, la fronte si aggrottò e con lo sguardo fisso disse “Lei ieri parlò del matrimonio di Cacace con l’impiegata postale?” don Vinicio, sorridendo rispose “L’impiegata postale è la moglie di Cacace!! La signora Ippolita Splendente in Cacace..”. Il brigadiere non rispose, i suoi occhi scavalcarono la testa impomatata di gel del prete e si fermarono sulla statua in fondo. Gli occhi leggermente scheggiati di Santa Filomena pareva restituissero lo sguardo, da quando era stata declassata e non più venerata come santa mai nessuno l’aveva più presa in considerazione, mai più candele né fiori né suppliche imploranti. A volte solo una lieve folata d’incenso, catturata dalle correnti d’aria che si formavano fra la chiesa e la sacrestia. Lopollo pensò: anche le icone decadono per una necessità superiore, come l’uomo. Salutò il prete e guadagnò l’uscita. Ora sapeva cosa fare.
Don Vinicio Gaudioso aveva circa trentacinque anni, di bell’aspetto, indossava sempre un clergyman elegante e inforcava occhiali da vista griffati; sportivo, era appassionato del mare e durante buona parte dell’anno sfoggiava un’abbronzatura invidiabile. “Finalmente..brigadiere. L’aspettavo…fra un’ora ho il catechismo”. “Non si preoccupi…devo solo rivolgerle poche domande”. Il parroco era stranamente nervoso, sudaticcio, non profumava come al solito di eau de toilette di marca. “Don Vinicio, si ricorda chi era l’impiegato postale che lo ha servito?” “Sì certo, la signora Ippolita Splendente, impiegata gentile e brava parrocchiana, grazie a lei l’operazione è stata rapida, considerando che non avevo preavvisato”, mentre parlava si asciugava la fronte con un fazzoletto immacolato, in un angolo le cifre GV finemente ricamate. Lopollo diresse lo sguardo sulle mani bianche e delicate del prete e aggiunse “Mi dica del moribondo, chi era?” “Il ragionier Tartaglia, un uomo buono, un vero cristiano”, “Pace all’anima sua” sussurrò Lopollo, “Macchè…il cristiano è ancora vivo, non fu lui a chiedere di me…ma il nipote…credeva che lo zio fosse lì per spirare” “…Umm, il nipote…lo conosce lei ?” “Ma certo….Agostino…Agostino Cacace, il commercialista, celebrai il suo matrimonio tre anni fa, ero appena arrivato in parrocchia, fu una bellissima cerimonia…proprio di questo si parlò mentre ero allo sportello”, Lopollo ebbe un guizzo, la fronte si aggrottò e con lo sguardo fisso disse “Lei ieri parlò del matrimonio di Cacace con l’impiegata postale?” don Vinicio, sorridendo rispose “L’impiegata postale è la moglie di Cacace!! La signora Ippolita Splendente in Cacace..”. Il brigadiere non rispose, i suoi occhi scavalcarono la testa impomatata di gel del prete e si fermarono sulla statua in fondo. Gli occhi leggermente scheggiati di Santa Filomena pareva restituissero lo sguardo, da quando era stata declassata e non più venerata come santa mai nessuno l’aveva più presa in considerazione, mai più candele né fiori né suppliche imploranti. A volte solo una lieve folata d’incenso, catturata dalle correnti d’aria che si formavano fra la chiesa e la sacrestia. Lopollo pensò: anche le icone decadono per una necessità superiore, come l’uomo. Salutò il prete e guadagnò l’uscita. Ora sapeva cosa fare.
Continua.
2 commenti:
Il nome Lopollo parrebbe non deporre bene. Io non sottovaluterei le bizzoche.
Si tratta di un giallo "ruspante"..
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