sabato 23 febbraio 2008

MOTO DISCENDENTE


L’altra notte dei gatti in calore mi hanno svegliato. Ascoltando i richiami d’amore ho pensato che è possibile considerare una sorta di fisica vettoriale dell’affettività dove la direzione del moto affettivo indica e qualifica l’oggetto d’amore. Nella mia esperienza di vita è mancato quel moto discendente che è tipico dell’amore per i figli. Per una serie di motivi, che non ha senso spiegare ora, ho rinunciato all’esperienza della paternità, ho rinunciato a quel carico di responsabilità e di amore che ci si assume mettendo al mondo dei figli. Potrei dire, e sono in molti a pensarlo, che così ho evitato una quantità enorme di grattacapi, di delusioni, di responsabilità gravi; invece dico che così mi sono negato una parte molto importante della vita e dell’esperienza umana. E siccome non l’ho fatto nel nome di un bene superiore o di una categoria morale, non ho alcuna giustificazione che possa avere un senso compiuto. Le cose sono andate così, il solito eterno miscuglio fra libere scelte ed eventi casuali: un’ibrida risultante tra il volere e l’accadere. Molto più prosaicamente, è accaduto come quando si perde l’ultimo treno della giornata: un pò per pigrizia, un pò per sfortuna, un pò per stupidità.
Ascoltando i gatti ho pensato che sicuramente fra due mesi il circondario sarà allietato dalla presenza di quattro o cinque gattini in più. Una cosa naturale, semplice, che si ripete da milioni di anni. Per noi umani non è così, la procreazione deve essere programmata e controllata a garanzia di una qualità della vita migliore, sia per i genitori che per i figli. Questa è civiltà. La stessa civiltà che deriva direttamente dall’antica pratica romana di gettare i neonati malati e deformi giù dalla Rupe Tarpea. La stessa civiltà che mi ha consentito di non avere figli.
Attualmente assistiamo ad un dibattito piuttosto agguerrito sulla procreazione, sulla bioetica, sull’aborto. Ma ho l’impressione che tutto ciò rifletta più delle posizioni politiche ed ideologiche che non un’autentica tensione morale verso queste problematiche. Ritengo sia molto più scandaloso lasciare morire di fame e di stenti milioni di bambini del terzo mondo che preoccuparsi della fine di embrioni sovrannumerari. Rivendicare l’umanità e i diritti di cellule ancora indifferenziate piuttosto che lottare affinché bambini in carne e ossa possano nutrirsi, essere curati e allevati dignitosamente, è osceno. Vuol dire limitare la questione alla sola dimensione prenatale, una volta nati che vadano pure alla malora. Tutto ciò è mostruoso ed evidenzia la cattiva coscienza di coloro che sostengono di battersi per la vita. Con i soldi impiegati per creare e mantenere quel circo Barnum del Comitato di Bioetica si sarebbe potuto salvare da morte certa una discreta quantità di bambini del terzo mondo. Col denaro che si intende stanziare per pagare assistenti sociali e psicologi allo scopo di far cambiare idea alle donne che ricorrono alla legge 194 si potrebbero salvare delle vite umane reali, già esistenti e sofferenti per la mancanza del minimo indispensabile. Io penso che la lotta per la vita non sia una squallida disquisizione filosofico-teologica. La lotta per la vita è sottrarre materialmente alla morte persone in carne e ossa, esseri umani disperati e torturati dalla fame. La Bioetica è la nuova frontiera dell’inquisizione, è l’ennesimo tentativo di secolarizzare la spiritualità, è un progetto di pesante ingerenza nella ricerca scientifica e nel diritto di autodeterminazione dell’uomo. Ogni bambino ha diritto a vivere e crescere , ogni donna ha diritto di disporre di se stessa, ogni essere umano ha diritto di morire con dignità. Non ci possono essere deroghe al diritto naturale. Pare che la stessa Chiesa dimentichi un fatto fondamentale: Cristo ha scelto di morire. Questa volontaria scelta sacrificale è un fatto storico inconfutabile che, al di là della fede, conferma la libertà dell’uomo di scegliere il proprio destino sulla propria incontestabile responsabilità. Quando Piergiorgio Welby ha rivendicato il proprio diritto a non essere più curato e assistito ha deciso di percorrere la stessa strada di Cristo, il quale rinunciò a difendersi affinchè si compisse il suo destino.


1 commento:

Dyo ha detto...

Magnifico post, Saverio.
Condivisibile, per lo meno da parte mia, dall'inizio alla fine.
A proposito dei figli avuti e non avuti, posso affermare con molta onestà che il mio non l'avevo previsto. Non subito dopo il matrimonio, cioè. Ma ad insistere fu suo padre, lo stesso padre che poi, dato che eravamo in crisi, non volle averne altri, condannando il bambino ad essere solo a vita.
Alla fine le cose vanno come devono, Saverio.
Se è vero che non hai gioito per essere diventato padre (a parte il fatto che Charlie Chaplin ha continuato a procreare fino ad 80 anni)è anche vero (perdona la banalità) che adesso puoi disporre liberamente del tuo tempo. E di te stesso.
Non recrimino, certo, ma a volte mi piacerebbe poter respirare...
Notte.