sabato 1 dicembre 2007

PROLEGOMENI ALL'ESERCIZIO DELLA SOLITUDINE


Scegliere deliberatamente di vivere in solitudine può avere tantissime spiegazioni: misantropia, cocenti delusioni sentimentali, meteorismo incontrollabile, tentazioni ascetiche, abitudine irrinunciabile a lavarsi una volta al mese, collezionare ostinatamente l’alluminio del gorgonzola, non potersi permettere che un monolocale di dieci metri quadri, bagno incluso. In ogni caso, indipendentemente dalle motivazioni, quel che conta è riuscire ad organizzare la propria vita nel modo più soddisfacente possibile. La cosa non è per niente facile, anzi, è piuttosto complessa perché bisogna fare i conti con il peggior soggetto mai conosciuto: se stessi. Non è una battuta, ma la cruda verità. Vivere da soli comporta la completa emersione del proprio Io più profondo, la totale manifestazione di noi stessi, delle nostre miserie, dei nostri difetti e delle cattive abitudini. L’assenza fisica e psicologica di un convivente (di qualsiasi natura esso sia) comporta l’inutilità di molte regole di vita che sono invece necessarie per esercitare il rispetto verso un’altra persona. Per esempio, per quanto ci si sforzi di mantenere un certo decoro avendo cura dell’igiene del bagno ci sono delle cose assolutamente fastidiose ed irritanti: le macchie di dentifricio nel lavandino, i peli di varia origine che ci danno la sensazione di essere un olmo in perenne stato autunnale, per non parlare di quelle fottutissime schegge prodotte dal pedicure che scopriamo, dopo giorni, nei posti più improbabili. Vivere da soli comporta anche imparare a gestire quei momenti inevitabili di crisi esistenziale, momenti in cui non si vorrebbe esser soli e ci si interroga angosciati sulla bontà della propria scelta; in questi momenti si manifesta l’importanza di una bella agenda piena di frizzanti numeri telefonici, ma spesso non è questa la realtà e succede di finire la serata stravaccato sul divano a fare zapping e a mangiare pizza surgelata. L’alternativa più consueta è una passeggiata con un amico più sfigato di noi (questo particolare è fondamentale) e fine dicitore di barzellette osè. Durante la crisi i pensieri vanno a coloro che dicono”beato te, che sei libero..”, vorresti rispondere che fino ad ora l’unica vera libertà di cui disponi è quella di scoreggiare senza paura di essere scoperto; intanto cominciano a montare strane paure e singolari elucubrazioni: “se morissi improvvisamente mentre mi faccio il bidè? Ritroverebbero il mio cadavere dopo giorni, putrefatto e con l’uccello in mano….che cosa orrenda! “ Oppure: “se mi accadesse un incidente nessuno saprebbe chi informare per primo, già..ma chi informare per primo? “ e qui incomincia la classifica degli affetti che, come ogni classifica, si rivelerebbe sicuramente sbagliata. Una bella doccia forse schiarirà le idee, sì la doccia è la miglior amica della solitudine, è rigenerante, è catartica, l’acqua che scorre dall’alto sembra una sorta di pioggia divina, d’acqua benedetta. E’ bello indugiare sotto i suoi sacri zampilli, dopo, alla fine, scopriamo di aver dimenticato l’accappatoio e nudi e tremanti, lasciando una scia per terra come una schifosa limaccia, precipitiamo nel delirio che credevamo di aver dimenticato. A questo punto non resta che tuffarci nel trionfo dei sensi per buttarci alle spalle tanta malinconia, ma attenzione, è assolutamente indispensabile che non ci si metta nella condizione di subire un rifiuto, perché sarebbe la classica goccia che ci farebbe cadere nella depressione più profonda. Per il momento lasciamo stare la carne viva, è meglio andare sul sicuro e un pollo allo spiedo non ha mai detto di no a nessuno.
Satolli e moderatamente ebbri, ora consideriamo la vita con il giusto grado di condiscendenza e un discreto ottimismo si affaccia nei nostri pensieri. Siamo al sicuro nella nostra tana in compagnia degli oggetti più cari e dei ricordi più lieti, l’atmosfera è perfetta, tutto è al suo posto, anche quel gigantesco fottuto mucchio maleodorante di mutande e calze sporche.

1 commento:

Dyo ha detto...

Se non fosse per mio figlio, e per alcuni particolari che noi donne nemmeno prenderemmo in considerazione, questo bellissimo post avrei potuto ( e voluto) scriverlo io.
Ciao Saverio.