venerdì 11 gennaio 2008

LA COMMEDIA CATODICA


Il successo della Lectura Dantis di Roberto Benigni è andato oltre ogni rosea aspettativa. Onore a Roberto Benigni innanzitutto, ma non solo; infatti questo successo non è imputabile solo alla bravura affabulatoria, alla sensibilità e all’intelligenza del tanto amato comico toscano, c’è sicuramente qualcos’altro che spinge l’utente televisivo a seguire con convinto entusiasmo lo spettacolo in seconda serata. La Commedia dantesca contiene al suo interno una enorme forza seduttiva che si sprigiona al massimo della sua intensità solo quando viene declamata; la potenza della parola, la musicalità del verso, l’incisività e il colore delle immagini, si compiono nella parola detta, nel suono espresso, nell’umana consistenza del flatus vocis. Dante compone pensando alla parola detta, non solo letta. Egli vive ed agisce in un periodo in cui la cultura orale è ancora viva e brillante dell’indispensabile componente sonora; la rivoluzione tipografica di Gutenberg, che trasformerà l’oralità in cultura visiva, è ancora da venire. Nonostante il fatto che la Commedia sia l’opera letteraria più studiata nella scuola italiana e che quindi goda di una popolarità assolutamente superiore rispetto a qualsiasi altra opera della letteratura nazionale, ogni qual volta ne viene riproposta la lettura essa gode di un grandissimo interesse da parte di un pubblico estremamente eterogeneo. E’ evidente che è impossibile sottrarsi alla seduzione dei versi di Dante, così come è impossibile non rimanere coinvolti nella narrazione di una storia così avvincente. La poesia dantesca va ascoltata, l’affabulazione è indispensabile sia per l’intima comprensione del testo che per l’effetto evocativo del suono delle parole. Secondo la più autentica tradizione orale, il mistero della parola si compie solo quando essa viene pronunciata, la forza della parola si realizza nell’essere detta (benedicere/maledicere), la stessa Parola di Dio (in quanto Verbo) esercita il suo tremendo potere solo se affermata. Una componente fondamentale del successo di Benigni consiste anche nel commento che egli fa di ogni canto, prima di procedere alla lettura. Pur rifacendosi al lavoro di dotti e brillanti dantisti, Benigni punta alla spiegazione più semplice ed accessibile mostrando di non volersi perdere in problematiche esegetiche, riservate agli studiosi, ma senza sottrarsi all’indicazione di quei passaggi in cui Dante tira in ballo la filosofia e la teologia. Benigni attinge a piene mani alla propria vis comica, attraverso la mimica facciale e di tutto il corpo si impegna nell’illustrare i versi danteschi e nello spiegare le parole e le similitudini; quel che colpisce lo spettatore non è solo la grande efficacia della sua arte quanto soprattutto la sincera passione e l’autentico entusiasmo che riesce a trasmettere. Questa è una chiave assolutamente nuova, altre letture fatte nel passato da attori prestigiosissimi come Vittorio Gassman, Enrico Maria Salerno, Giorgio Albertazzi, seppur costruite su una finissima attenzione della dicitura e del costrutto, risultavano più fredde e distaccate là dove Benigni, invece, manifesta apertamente un’entusiastica adesione emotiva che produce l’effetto di avvicinare lo spettatore alla poesia e, di conseguenza, rendere vivo ed attuale il racconto dantesco. Il progetto di Benigni è quello di riuscire a realizzare una sorta di vulgata, una traduzione essenzialmente emotiva in cui l’uomo contemporaneo può identificarsi nel momento in cui riesce a cogliere la forza poetica, l’impeto narrativo e la tensione morale e spirituale profusi da Dante Alighieri. E in effetti, al di là della grandezza assoluta della poesia, dalle letture di Benigni emerge una figura dantesca assolutamente moderna, di un’attualità quasi sconcertante, insomma un Dante che avremmo tutti voluto studiare a scuola e che invece ci hanno insegnato ad odiare a causa di docenti catalettici e programmi fossili.
Nel panorama escrementizio della televisione italiana lo spettacolo di Benigni rappresenta una vera e propria eccezione e nonostante costituisca una prova evidente che la qualità può essere anche quantità pare che il futuro non ci riservi delle inversioni di tendenza nella programmazione televisiva. Dobbiamo rassegnarci a vedere serial tv sempre più insulsi, quiz per dementi e spettacoli in cui la classe politica dimostra di aver perso ogni pudore nel mostrare il proprio vero volto: facce da culo con cervelli di plastica. Meglio spegnere la televisione e uscire “a riveder le stelle”.

3 commenti:

Dyo ha detto...

Come sopra, Saverio. Ma a me Benigni non è simpatico, e questo, forse, vizia il mio ascolto.

mariasole ha detto...

Non vorrei sembrare un'adulatrice di Saverio ma sono d'accordo con lui..la lettura di Dante di Carmelo Bene o Gasman sarà perfetta..sarà da intellettuali..ma nn mi arriva al cuore e nn mi fa capire..prendi il canto di Paolo e Francesca letto da Carmelo Bene fa quasi paura..come qualcosa di tremendo invece letto da Benigni è un inno all'amore quell'amore che a torto o ragione cerchiamo sempre nella vita anche se nn lo ammettiamo..e nn condanna anche se ci troviamo all'inferno..ma ti dice che siamo umani..ha pietà...insomma nn farò la figura dell'intellettuale ...ma preferisco Benigni

frammentidivita ha detto...

Roberto Benigni è un GRANDE.