mercoledì 16 gennaio 2008

IL REGNO DI NAPOLI



Lo spettacolo scandaloso di fine anno, Napoli e dintorni sommersa dai rifiuti, non è che una logica e tristissima conclusione di un lento percorso di distruzione delle risorse, della cultura e dell’orgoglio del Mezzogiorno d’Italia. Dal 1860 fino ad oggi si è perseguita una politica di rapina e di affossamento del sud a favore dello sviluppo industriale del nord. Con la scusa dell’unità d’Italia si è consumato un feroce ladrocinio calpestando ogni tipo di diritto internazionale; con la complicità della nuova classe dirigente italiana si è poi organizzato un efficiente sistema di bugie e falsità storiche, tuttora in auge nelle nostre scuole, allo scopo di giustificare in chiave risorgimentale e di libertà tutta la sporca vicenda dell’unità d’Italia. L’annosa questione meridionale, i cui effetti possiamo ammirare sparsi nelle strade di Napoli e dintorni, nasce proprio con la conquista e l’annessione del Regno delle Due Sicilie. Col furto sistematico e la spoliazione di uno stato sovrano i cui titoli erano quotati alla borsa di Parigi, acquistati e scambiati in tutta Europa.
Nel 1860, Giuseppe Garibaldi come entrò a Palermo pretese che il Banco di Sicilia gli versasse la modica cifra di 2.178.818 ducati, dei cinque milioni ivi custoditi. In cambio rilasciò un foglietto “per ricevuta di spese di guerra” e l’impegno che il nuovo stato avrebbe restituito il tutto. La ricevuta è ancora conservata nell’archivio storico della banca, ma non è stata mai onorata.
In quel periodo Napoli era la terza città d’Europa, nelle sue province si lavorava il ferro, la ceramica, i filati. Le fabbriche di Pietrarsa e l’Opificio Reale costituivano il più grande complesso siderurgico dell’Europa del Sud, vi lavoravano 1.000 operai e altri 7.000 vivevano dell’indotto. La fonderia Orotea di Palermo, della famiglia Florio, era famosa nel mondo per i suoi prodotti di precisione, impiegava 600 operai. Venne smantellata perché fosse sostituita dall’Ansaldo di Genova. Il settore tessile era alla totale avanguardia in Europa, lo stabilimento di Piedimonte d’Alife, dello svizzero Egg, contava 1.300 operai, 36 filatoi e 500 telai. La maggiore filanda del nord, la Conti di Milano, impiegava solo 415 operai. A Scafati, Pallenzano e Salerno vi erano le industrie di Mayer e Zollinger, a San Leucio fu creata su 80 ettari di terra la più prestigiosa seteria d’Europa nonché unico esempio di comune operaia. A Napoli Guppy & Pattison avviarono una fabbrica di macchine a vapore che occupava 1.200 operai. Il cantiere navale di Castellammare occupava 2.000 persone. La flotta del regno delle due Sicilie contava 40.000 uomini di equipaggio. Il Napoletano era la regione italiana più industrializzata con 1.189.000 operai pari al 37% degli attivi, contro i 345.000 del Piemonte, pari al 17% (dati del censimento in occasione dell’Unità d’Italia). Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie rappresentava un gettito economico di 443,2 milioni, mentre il Regno di Sardegna ne poteva contare solo 27. Il meridione d’Italia, da solo, batteva il doppio delle monete di tutti gli altri stati in Italia. Nel giro di tre anni (1860-1863) l’erario di Napoli passò a zero, da Torino furono mandati 4 milioni per far fronte ai bisogni più immediati. In poco tempo il nuovo stato mise in ginocchio l’economia arrivando a far pagare, nel 1866, a ventidue milioni di italiani il doppio di tasse di quanto avevano pagato diciannove milioni di prussiani. Nell’ultimo anno di regno borbonico, la Sicilia pagò 32 milioni di tasse. Nel 1861 i Savoia aumentarono le tasse del 56% raggiungendo i 50 milioni. Nel 1866 70 milioni, nel 1890 200 milioni. Nell’Italia unita lo stato spendeva mediamente 50 lire per ogni cittadino del Nord e 15 lire per quello del Sud. Furono investiti per la bonifica idraulica 267 milioni nel triangolo Torino-Verona-Grosseto e 3 milioni in tutto il regno delle due Sicilie.
Inutile continuare, è evidente che il sud d’Italia è stato conquistato e depredato di tutte le sue grandi ricchezze da una dinastia di reali d’accatto, usurpatori e opportunisti, buoni solo ad affamare la gente. Fenomeni come la mafia e la camorra diventeranno cruciali grazie al ruolo che gli verrà riconosciuto da Garibaldi e dai suoi compari nel reclutamento di “picciotti” per risalire la Sicilia e per sedare la pubblica opinione chiaramente filoborbonica nella città di Napoli. Non sarebbe male se oltre a ripulire le strade si procedesse a ripulire i libri di storia, le menzogne che ci hanno raccontato sono molto più schifose di tonnellate di rifiuti.

1 commento:

Dyo ha detto...

Infatti, Saverio, mentre leggevo stavo pensando che questo tuo scritto, così com'è, potrebbero, anzi dovrebbero inserirlo nei libri di storia. E distribuirlo, anche gratuitamente, nelle scuole del nord. Anche a mo' di volantino.
Lo stampo.