venerdì 23 novembre 2007

BICENTENARIO DI UN BABBEO


Fu Maxime Du Camp, scrittore francese e camicia rossa, a definire così il suo generale, Giuseppe Garibaldi. Giuseppe Mazzini scrisse di lui:”è una canna al vento”; lo storico inglese Denis Mack Smith:”rozzo e incolto”; Indro Montanelli:”un onesto pasticcione”. Chiunque volesse seriamente approfondire, attraverso letture storiche non agiografiche, la figura del nostro più grande eroe nazionale rimarrebbe profondamente deluso. Giuseppe Garibaldi fu un avventuriero, dalle idee molto traballanti e privo di qualsiasi capacità di analisi politica, per lui la lotta per la libertà consisteva essenzialmente nel menar le mani contro un avversario che cambiava continuamente, in base alle sue convinzioni del momento. Le sue eroiche imprese in America Latina consistettero in azioni di guerriglia e di pirateria al soldo di signorotti locali che si combattevano per la divisione delle immense terre di quel continente. La sua fama fu decretata da un tipografo italiano, Giovan Battista Cuneo, il quale stampò un giornale “Il Legionario Italiano” in cui si millantavano imprese eroiche e rocambolesche di quei rivoluzionari italiani comandati da Garibaldi e vestiti in rossa uniforme. La leggenda attraversò l’oceano e dall’Italia in fermento giunsero inviti a rientrare: ci sarebbe stato da menar le mani. Immediatamente Garibaldi mollò la guerra americana per tornare in Italia, con lui sessanta uomini e la sua nuova compagna, Anita, il cui marito era misteriosamente scomparso il giorno dopo in cui il generale se n’era invaghito. A Cavour e compagni era chiaro che solo un tipo come lui avrebbe potuto accettare di guidare un manipolo di disperati senza esperienza e armati di vecchi rottami. La missione era segreta e, se fosse andata male, nessuno avrebbe mai ammesso di esserne coinvolto. Il finanziamento proveniva soprattutto dall’Inghilterra attraverso i canali internazionali della massoneria. La spedizione, male armata e per niente equipaggiata, era invece dotata di casse di denaro allo scopo di poter corrompere tutti coloro che si fossero opposti e poter comprare l’aiuto ed il sostegno della mafia che controllava il territorio siciliano. Guarda caso lo sbarco avvenne a Marsala, la più importante colonia inglese in Sicilia (a causa della produzione del vino), si pensi che in quella città gli abitanti inglesi erano più dei siciliani. Guarda caso le operazioni di sbarco furono protette da due navi da guerra inglesi, le quali fecero in modo che la flotta borbonica non potesse ostacolarlo. Da quel momento inizia la più grande menzogna mai raccontata al popolo italiano: Garibaldi e i suoi eroici uomini conquistano il Regno delle Due Sicilie. In realtà non accadde nulla di eroico e men che meno di patriottico. La millantata eroica battaglia di Calatafimi non è mai avvenuta: l’esercito borbonico (cinque volte più numeroso dei garibaldini) fu costretto a ritirarsi senza combattere, i comandanti e gli ufficiali erano stati pagati per ordinare la ritirata. E così avanti fino a Napoli: uno degli eserciti meglio equipaggiati d’Europa, con una marina che era la prima del Mediterraneo, non furono sbaragliati dall’eroico esercito garibaldino, semplicemente non hanno mai avuto la possibilità di combattere. I “picciotti” che durante l’avanzata trionfale hanno incrementato le file dei “liberatori” erano molto spesso mafiosi senza scrupoli con la certezza che il nuovo ordine li avrebbe molto avvantaggiati. Uno dei garibaldini più impegnati era il buon Ippolito Nievo, messo a fare il cassiere perché l’unico in grado di non rubare. Dalle sue mani passò tutto il denaro impiegato a corrompere, a comprare, a rimborsare spese mai avvenute: non faceva domande ma annotava tutto sui suoi quaderni, fino all’ultimo centesimo. Quando,nel 1861, qualcuno in Piemonte cominciò a far circolare la voce di sue irregolarità e colpevoli omissioni si precipitò in Sicilia per recuperare i diversi bauli che contenevano tutta la contabilità della missione. Purtroppo la nave che lo portava da Palermo a Napoli sparì misteriosamente fra i flutti e con lei il Nievo e tutta la documentazione contabile. Quel naufragio “impossibile”, poiché non fu rinvenuto alcun genere di relitto, è forse la prima strage mafiosa della storia d’Italia. La Spedizione dei Mille è stato un gran colpo di teatro per impadronirsi di uno stato sovrano da parte di una monarchia in bancarotta, quale quella Piemontese, con la complicità determinante di un’Inghilterra impegnata a controllare l’economia del Mediterraneo.
Grazie Giuseppe Garibaldi, dobbiamo alla tua dabbenaggine e ignoranza se esiste una questione meridionale, se la mafia è diventata un’industria, se una dinastia di ladri e opportunisti ha potuto regnare per troppo tempo sul nostro paese. Ma verrà un giorno in cui tutti gli italiani sapranno come sono andate veramente le cose e il tuo nome, insieme a quello del sanguinario generale Cialdini e del ruffiano di stato Cavour, saranno ricordati come i tristi protagonisti di quel grande imbroglio chiamato Risorgimento d’Italia.
Negli USA hanno avuto il coraggio di ammettere che la conquista del West, della nuova frontiera, è avvenuta attraverso il genocidio dei Nativi Americani e che personaggi mitizzati come il generale Custer erano, in realtà, dei folli sanguinari. Sarebbe ora che anche in Italia sia fatta giustizia dei cosiddetti “briganti” e delle migliaia di donne, uomini e bambini del sud trucidati, torturati e deportati nel nome di re Vittorio Emanuele II, un essere senza scrupoli.
Restare nell’ignoranza di ciò che accadde prima che fossimo nati significa rimanere per sempre bambini. “ Marco Tullio Cicerone

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