lunedì 26 marzo 2007

IL CAFFE' DEL COMMERCIALISTA



La giornata era incominciata male. Sveglia con batterie esaurite, caffè esaurito, carta igienica esaurita, credito del cellulare esaurito, portinaio esaurito (affacciato alla guardiola fissava ebete le formiche che pascolavano sui resti dei suoi disgustosi panini maionese-prosciuttocotto), anche la benzina era esaurita, giusto il fondo del serbatoio sufficiente per raggiungere lo studio del mio commercialista. “Finalmente!! La stavamo aspettando..”, questo fu il saluto di Agata, attempata segretaria del mio commercialista, una donna normale fino a quando non sorride: in quel momento potreste sentirvi male. I suoi denti finti sono la prova evidente di come un dentista maldestro possa terrorizzare l’umanità, guardare il sorriso di Agata è un’inquietante esperienza nell’incertezza cromatica dello smalto dentale: dentoni variamente colorati di tutte le sfumature del beige si rincorrono e si accavallano quasi per uscir fuori da quella bocca sfortunata e porre fine alla loro esistenza di mostri generati da un epigono del dott. Frankenstein e da un odontotecnico pluriripetente, miope e daltonico. Mi infilo subito nello studio. Giovanni (il mio commercialista) sta cercando di inzuppare un enorme maritozzo zuccherato in una tazzina di caffè. Per non assistere all’indegno stupro di quella povera tazzina di caffè volgo lo sguardo verso la parete su cui campeggiano a monito perenne per aver scelto un simile commercialista: una foto della “magica Bari” autografata da Cassano, un quadro d’argento sbalzato raffigurante uno scorcio della “vecchia Bari”, un’icona da bancarella del santissimo “Nicola da Bari”, una gigantografia dello stadio “San Nicola”. Mi viene spontaneo “Giovà, ma tu non sei nato a Bitonto?”, biascicando mentre sugge il maritozzo nero e mezzo spappolato dal caffè “ma tu stai guardando il muro barese…di fronte, dall’altra parte ci sta il muro bitontino” ed emette un suono raccapricciante dovuto al risucchio di un mollicone in bilico sulle sue labbra. “ Ah, capisco…il muro bitontino…allora quello alle tue spalle è il muro del pianto!!!” Non l’avessi mai detto…istantaneamente una risata convulsa lo assale a tradimento proprio mentre stava per sorbire il fondo della tazzina deflorata, denso di poltiglia marrone; per evitare il sicuro soffocamento sputazza sulla scrivania i poveri umori di quella violenza contronatura che aveva perpetrato. “Hai visto? Accidenti a te!! La dichiarazione del commendatore, madonna mia..e quello viene fra poco per firmarla”, “Giovanni! Me ne frego del tuo commendatore, fammi firmare la mia..ho fretta”, “la tua? E osi chiamarla dichiarazione dei redditi la tua? Dichiarazione di fallimento…questo è il nome della tua dichiarazione, fai schifo!” “Vabbè, chiamala come vuoi..dammela che firmo” “e non si può..”, facendo di no col capo e manifestando uno strano ghigno ”non l’hai fatta ancora? E perché mi hai mandato a chiamare urgentemente? Sei scemo?” “Caro il mio scribacchino, devo comunicarti che tu guadagni troppo poco…” “e c’era bisogno che me lo dicessi tu? So benissimo che guadagno poco…” “non hai capito, tu guadagni troppo poco, il fisco non ci crede, dice che non è possibile” “mi fa piacere che il fisco si interessi della mia situazione…è vero, io guadagno troppo poco, sono sulla soglia della povertà..” “Francè…sei scemo? Il fisco dice che tu evadi, gli studi di settore sui redditi dei giornalisti sono molto più alti e quindi sei un evasore”. “Io evasore? Ma se non ho neanche i soldi per la benzina! Benzina? Che dico, per la carta igienica…ti sei mai pulito il culo con la carta dei giornali?” “Francesco mi dispiace, ma per la legge tu guadagni di più e quindi pagherai le tasse sul minimo consentito”. Quest’ultima frase mi fece salire il sangue alla testa…non capivo più nulla, le bestemmie si accavallavano impazzite nel mio cervello impedendo il regolare deflusso verso la bocca, emettevo suoni senza senso, gli occhi roteavano impazziti da un lato all’altro della stanza, dal muro barese a quello bitontino. Lui, Giovanni, mi fissava esterrefatto con la bocca aperta, era repellente: aveva un baffo di zucchero del maritozzo e il labbro inferiore imperlato di molliche marroni. Ad un tratto mi calmai: “Giovanni, prepara la mia dichiarazione, quella vera, e fammela firmare, è un ordine!” “Francè, ti metti nei guai…faranno un controllo!” “Benissimo!! Che controllino, vengano a casa mia , non c’è nulla…persino il frigorifero si lamenta di notte, non ha nulla da raffreddare!!” Mi alzai e guadagnai l’uscita, Agata mi osservò preoccupata…”non mi sorrida!!La prego..potrei diventare violento!!” “Si calmi Francesco..ecco un pensiero per lei”.
In auto scartai il pacco: quattro rotoli di carta igienica extra morbida… Grazie Agata, sei una donna sensibile. Anche la carta da culo può essere messaggera di qualcosa, meglio non indagare…

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