domenica 30 maggio 2010

LA VENDETTA DI MARX


All’indomani della caduta del muro di Berlino nessuno avrebbe potuto pensare che nel giro di qualche decennio molti aspetti nodali dell’analisi marxiana si sarebbero rivelati esatti. La sbornia causata dal fallimento del “socialismo reale” aveva liquidato in un solo colpo non solo un’esperienza storica che aveva avuto effetti devastanti ma anche un pensiero filosofico e un ricchissimo bagaglio di esperienze e di prassi politica e sociale. Si è voluto confondere, molto spesso in malafede, il tramonto delle ideologie, ovvero la fine di orizzonti ideali di riferimento, con l’inadeguatezza di ogni criterio di analisi e di interpretazione della realtà e della storia. Si è inneggiato al libero mercato come all’unica, concreta e positiva forma di organizzazione della società e dell’economia. Si è voluto favoleggiare sulla bontà etica e morale della libera iniziativa e del consumo diffuso. È stato inculcato all’umanità tutta il culto della religione liberista attraverso i riti misterici di moltiplicazione del denaro celebrati nei nuovi templi denominati Borse d’Affari.
Non ci è voluto molto tempo perché l’inganno si disvelasse: il dio magnanimo liberista si è rivelato un Moloch sanguinario e senza pietà. Nel nome del facile guadagno di pochi ha voluto il sacrificio di moltitudini di persone che, in poco tempo, hanno perso lavoro e dignità. Per non parlare del sacrificio richiesto alla Natura attraverso la distruzione sistematica delle risorse vitali del pianeta.
L’economia mondiale è in mano a pochi speculatori senza scrupoli che, organizzati in comitati d’affari, usano la politica per incrementare le loro ricchezze a scapito di chi, per vivere, deve lavorare senza sosta. In questi ultimi anni l’economia mondiale non riesce a trovare un equilibrio che possa determinare un “nuovo ordine” planetario, poiché i cosiddetti “investitori” (ovvero coloro che puntano a guadagnare scommettendo sui ricavi delle multinazionali e sull’economia degli stati) hanno un unico criterio di comportamento: guadagnare il più possibile indipendentemente dagli effetti economici e sociali che queste speculazioni generano. Coloro che si arricchiscono vendendo e acquistando azioni e obbligazioni commerciano in carne umana poiché determinano il destino di milioni di persone tra lavoratori e le loro famiglie. Queste dinamiche economiche, che si realizzano in un mercato globalizzato, sono di portata sopranazionale e quindi si svolgono al di sopra di ogni possibile controllo della politica. Così accade che una delle funzioni più importanti della politica, ovvero la capacità di indirizzare e di favorire lo sviluppo economico di uno stato, diventa impossibile, anzi, si realizza l’esatto contrario: la politica è costretta ad inseguire le rotte dell’economia per evitare o per attutire tutte quelle conseguenze che sono nefaste per l’assetto sociale di una comunità. In passato la politica è riuscita ad influenzare l’economia (pensiamo alla Grande Depressione e alla ricostruzione post bellica) muovendo sapientemente idee e risorse pubbliche, ma nell’attuale assetto economico planetario le cose girano diversamente. L’industria è diventata “mobile” e si sposta nel pianeta inseguendo luoghi e mano d’opera a basso costo, la società dei consumi ha messo radici nella cultura e nell’immaginario dell’uomo spingendolo a inseguire falsi miti e status symbols attraverso il debito, gli stati sono diventati mega aziende e vengono “quotati” in base al debito pubblico e alle obbligazioni che sono costretti ad emettere, le banche sono diventate il nodo cruciale di questo sistema attraverso una perversa organizzazione di raccolta e ridistribuzione della liquidità per cui, non solo vendono denaro ma si sono specializzate nel vendere i debiti di coloro ai quali hanno venduto denaro. Chi volesse leggere (senza preconcetti) gli scritti di Karl Marx si accorgerebbe che moltissima parte di ciò che viviamo in questi giorni era stata prevista e, con essa, era stato disegnato uno scenario economico e sociale in cui le contraddizioni del capitalismo evoluto sarebbero emerse in un modo violentemente evidente.
E se, da una parte, ora non ha alcun senso fare l’apologia del marxismo, dall’altro, è inevitabile dover ammettere che il capitalismo non può rappresentare il miglior sistema di convivenza dei popoli e delle persone. Urge puntare alla costruzione di un pensiero critico autenticamente libero fondato sui diritti fondamentali di ogni essere umano, conoscere e riconoscere tutte quelle dinamiche del potere che, in modo più o meno subdolo, creano nuove forme di schiavitù e di consenso. Ma soprattutto è assolutamente necessario salvare le nuove generazioni dal pernicioso condizionamento della società dei consumi: è in gioco la salute del pianeta e il futuro dell’umanità.

2 commenti:

ap ha detto...

Sono contrario e chi non lo è di una società fondata su usa e getta con le discariche stracolme di cose inutile e inquinanti , ma è anche vero che il consumismo crea posti lavoro anche sporchi. Essere o avere questo è il dilemma.

Saverio ha detto...

La società dei consumi è spietata perchè dà spazio solo a chi è in grado di consumare. Grazie ad essa l'occidente consuma l'80% delle risorse del pianeta, tutti gli altri sopravvivono o muoiono di fame e malattie curabili.
Ma la cosa più agghiacciante è il condizionamento delle giovani generazioni a un modello di vita dove l'essere si manifesta nell'avere. Stiamo assistendo ad un processo di omologazione attraverso il quale si vive e si lavora per spendere e consumare.
Grazie, a presto