lunedì 20 agosto 2007

RINUNCE

“ Il mondo intero aspira alla libertà, eppure ogni creatura ama le sue catene. Questo è il primo paradosso e il nodo inestricabile della nostra natura. “ Shri Aurobindo.
E’ proprio così, il vero e sostanziale punto di crisi nell’esercizio della nostra libertà individuale è collocato nella sfera degli affetti. La libertà politica, quella di pensiero, i molteplici condizionamenti, più o meno subdoli, tipici della società dei consumi, non sono nulla se li paragoniamo alla potenza inibitoria e autolimitante di un legame affettivo. L’obiezione sorge spontanea: questo tipo di limitazione è una scelta personale non imposta da niente e nessuno e quindi, tutto sommato, rappresenta una libera scelta di limitare la propria libertà. Ma è proprio così? Siamo così sicuri che la nostra volontaria rinuncia sia una libera scelta? Possiamo veramente affermare che non siamo stati, in qualche modo, pesantemente condizionati o, addirittura, inconsciamente ricattati e “costretti” a fare quella determinata scelta? Il nostro stesso comportamento autolimitante, fino a che punto non è strumentale ad una sorta di equilibrio dinamico fra le proprie rinunce e quelle del nostro partner? A ben guardare, a volte sembra una vera partita a scacchi in cui ogni giocatore cerca di sacrificare i pedoni piuttosto che perdere pezzi ben più importanti: meglio fare tante piccole rinunce piuttosto che essere costretti a perdere su questioni “strategiche” di portata molto più rilevante. Una seconda obiezione è inevitabile: è normale che in un rapporto affettivo si crei una rete di comportamenti reciproci in cui ognuno rinuncia a qualcosa per amore dell’altro e per percorrere l’impervia strada della condivisione. Il problema è che, nonostante si sia animati dalla più totale dedizione all’altro, inconsciamente ci si aspetta che anche il partner abbia lo stesso tipo di comportamento. Invece non è così, molto spesso veniamo travolti da delusioni cocenti che rivelano un terribile squilibrio della bilancia del “dare e avere”. Così veniamo a scoprire, tralasciando i casi di “avarizia affettiva”, di non essere in sintonia con l’altro su questa delicata questione, anzi, scopriamo nel tempo punti di vista assolutamente opposti ai nostri. Per un uomo rinunciare a vedere la partita in tv per andare a fare una passeggiata in centro può essere una grandissima prova d’amore, ma lei se ne rende conto esattamente? Per una donna rinunciare alla cinquecentesima puntata della soap preferita per accompagnarlo a comprare una motosega in ferramenta è un sacrificio enorme, quasi eroico, ma lui comprende tutto ciò? Per non parlare delle frequentazioni forzate delle rispettive famiglie d’origine: il pranzo dalla suocera, il compleanno del cugino, la visita mensile a zio Tonino, moribondo da ben cinque anni…E il cibo? Vogliamo parlare del brodetto di merluzzo che lei adora tanto e che invece lui considera alla stregua di una tortura vietnamita? Poi ci sono gli amici: i nostri sono simpaticissimi, i suoi dei rompiballe approfittatori sempre affamati. Potremmo continuare all’infinito, dalla scelta delle vacanze al futuro scolastico dei figli, dal colore della cravatta al modello della nuova auto, dal concetto di astinenza sessuale all’orario in cui andare a dormire. Lentamente, ma irrimediabilmente, ciascuno crede fermamente di essere “creditore” verso l’altro, ignorando che, invece, il suo debito sta crescendo con interessi da usura e che mai, campasse cent’anni, potrà saldare. Quello che accade è paradossale: le piccole e grandi rinunce fatte per amore si trasformano in una ingarbugliatissima matassa di reciproche aspettative, di obblighi complessi che mai alcun chiarimento potrà sbrogliare.
E’ a questo punto che si materializza in noi una orribile sensazione di sprofondamento, come nelle sabbie mobili, ed il pensiero corre alla parola libertà. Mentre continuiamo a sprofondare comprendiamo che abbiamo liberamente scelto di scavarci la fossa, che abbiamo liberamente creduto che saremmo stati capiti, apprezzati e ricompensati della nostra grande generosità.
E’ vero più che mai il proverbio: “amor omnia vincit”, l’amore vince su ogni cosa: sulla libertà e sull’istinto di sopravvivenza. Rinunciare alla rinuncia è un atto di libertà, rinunciare per amore è un atto di codardia.

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