lunedì 17 dicembre 2012

IO STO CON MARCO




Mentre la cosiddetta politica non cessa di mostrarsi cinica, bramosa di potere, vuota e rivoltante; mentre il mafioso, evasore fiscale, corruttore, debosciato, pagliaccio Berlusconi continua a offendere l'intelligenza e la vita degli italiani; mentre Monti gioca a rimpiattino con i leccapiedi di turno; mentre Bersani si affanna a preparare la sua vittoria sempre più meno certa; mentre Beppe Grillo e il suo popolo inseguono sgangheratamente l'occasione di entrare in Parlamento; mentre centinaia di imbecilli incompetenti tentano disperatamente di rimanere in parlamento; mentre il nostro Presidente della Repubblica è sempre più impegnato nelle beghe di governo dimenticando di assolvere al suo primo dovere: essere garante della Costituzione e della Legalità.....Un Uomo di 82 anni sta rischiando la vita nel nome di un principio.
Marco Pannella urla, attraverso il suo sciopero della fame e della sete, la totale mancanza di Legalità ne
l nostro paese. Quella mancanza di Legalità che si manifesta nelle condizioni mostruose in cui versano le carceri italiane, nella impossibilità di raccogliere le firme necessarie per presentare le liste elettorali, nelle ripetute infrazioni in cui cade un Italia che non rispetta e non applica leggi e regolamenti europei.
La storia di Marco Pannella e dei Radicali è costellata di battaglie per la Legalità e per il riconoscimento dei Diritti Civili e Umani. Una storia che è passata indenne da ogni tipo di marciume e da ogni tipo di accordo sottobanco. Ancora una volta, in questo clima politico mefitico e nauseabondo, Marco Pannella e i Radicali hanno il coraggio di intraprendere una battaglia giusta e pulita, una battaglia per il diritto di tutti e la libertà di ciascuno. E se qualcuno pensa che questa sia solo vuota retorica in una situazione densa di problemi ben più importanti, ebbene si sbaglia. Perchè niente può funzionare se non è garantito il diritto alla legalità. Uno Stato che continua ad essere in piena flagranza criminale perchè non rispetta le sue stesse leggi non potrà mai pretendere che i suoi cittadini vivano e operino nella legalità.
Grazie Marco, io sto con te.

sabato 15 dicembre 2012

UN GIORNO DI ORDINARIA FOLLIA




Ancora una volta la strage di Newtown ci mette di fronte al problema di interpretare un gesto sanguinario eclatante, particolarmente agghiacciante, assolutamente gratuito. Su La Repubblica di oggi, Vittorio Zucconi , in un gran bell'articolo, sostiene la decisiva responsabilità di una soci
età la cui giurisdizione garantisce la libera detenzione di armi da parte dei suoi cittadini. E questa è una verità assolutamente non discutibile. Ma è sufficiente a spiegare completamente ciò che è accaduto? La diffusione capillare di armi di ogni genere (comprese quelle da guerra) spiega facilmente casi di morti accidentali dovute ad un loro uso incauto o improprio (bambini e/o ragazzini che ne vengono fortuitamente in possesso o pratiche irresponsabili di coloro che le maneggiano o le puliscono alla presenza di tutta la famiglia) ma difficilmente può spiegare completamente i motivi di stragi come quella di ieri. Sicuramente la libera disponibilità di armi ha reso più facile e più micidiale l'impresa del giovane suicida, ma non ne spiega le cause. Eventi come questo non possono non farci riflettere sul concetto di violenza che si è andato affermando nell'odierna "società liquida". L'assenza di valori di riferimento certi ed immutabili, la spinta irrefrenabile a soddisfare i propri bisogni soggetti ad una crescita esponenziale, la caduta di una prospettiva storica e temporale in favore di un solo vero presente, l'esistenza di rapporti umani basati sull'egotismo del consumo, il primato dell'economia su ogni altro aspetto della nostra vita, la negazione all'accesso al consorzio umano di coloro che non possono consumare e/o non vogliono accettare le nuove regole; tutti questi elementi potenziati a dismisura dai mezzi di comunicazione di massa hanno prodotto una mutazione antropologica globale. Abbiamo imparato a vedere e a considerare la violenza e la sopraffazione come pratiche risolutorie di problemi, l'omicidio non è più la rottura di un patto (con Dio o con la Società) le cui conseguenze lacerano la coscienza fino a minarne l'essenza. Oggi le narrazioni di Macbeth o quelle di Delitto e Castigo o, andando ancora più alle origini, quelle di Edipo e di Medea, acquistano un altro sapore, un altro significato, molto più vicino a un videogioco o a un serial televisivo. E' stata espunta definitivamente la Hybris, la tracotanza dell'essere umano che si è voluto sostituire ad una legge al di sopra di lui. Il senso di onnipotenza dell'uomo era considerato il suo peccato più grave (a tutte le latitudini e in qualsiasi consesso civile e religioso), oggi l'onnipotenza è il carburante indispensabile per poter correre con successo sulla strada dell'autoaffermazione, l'unica strada che conferisce senso alla vita. Oggi tutto il mondo occidentale si interroga sui quei poveri bambini massacrati senza un perchè....Come se il perchè facesse la differenza. Come se quei bambini del Connecticut fossero più vittime innocenti di molti più bambini del Sudan, della Somalia, della Palestina, di Israele, della Siria, di tutti quei paesi in cui vengono massacrati per un orrendo, schifoso motivo. La società globalizzata, il nuovo Leviatano, pretende ed ottiene i suoi sacrifici, pensare che siano riservati solo ai paria della terra è un ennesimo atto di presunzione. Ovviamente l'epilogo di questa strage mostruosa sarà l'ennesimo racconto di un gesto di un pazzo. Io non credo che quel giovane fosse un pazzo, era sicuramente un alienato, una vittima del Leviatano. Ricorda un pò il protagonista del bel film di J. Schumacher: Un Giorno Di Ordinaria Follia (1993), con un Michael Douglas nella sua forma migliore.


martedì 4 dicembre 2012

IL RASOIO DI OCCAM


La rasatura quotidiana non è una semplice prassi di igiene. Essa ci costringe a passare del tempo davanti ad uno specchio concentrando la nostra attenzione e i nostri gesti sul viso. Nonostante si facciano movimenti e posture stereotipate, lo sguardo fisso sulla nostra immagine riflessa induce inesorabilmente a “riflettere”, ovvero a produrre pensieri che hanno come oggetto noi stessi. All’inizio la riflessione è orientata verso la qualità della nostra immagine, la quale, molto spesso, è strettamente connessa alla qualità della cena consumata la sera prima e, in aggiunta, alla qualità dello spettacolo televisivo a cui abbiamo assistito. Per questo motivo non ci si deve allarmare eccessivamente se al mattino il nostro volto ha un colorito giallastro e due occhiaie spaventose, è normale se si è cenato con peperoni ripieni guardando alla tv “Grey’s Anathomy”….Dopo questa prima fase, iniziata malissimo e conclusa con una considerazione consolatoria tipo: “faccio schifo ma comunque sono vivo “, il pensiero comincia a carburare prendendo lentamente il volo. Affiorano alla mente gli impegni, le scadenze, i progetti della giornata e con essi la determinazione ad affrontare il nuovo giorno. Ma l’elenco, anche quello che riguarda un giorno festivo, contiene sempre qualche incombenza particolarmente fastidiosa se non decisamente odiosa. Cose tipo tagliarsi le unghie dei piedi, rinnovo dell’assicurazione dell’auto, quota condominiale, una coda sicura da fare in banca o alle poste, telefonare al proprio cognato (chissà perché i cognati sono sempre degli assoluti mentecatti), risultano talmente insopportabili da incupire anche la giornata più radiosa. E’ questo il momento in cui la nostra mente si lancia nelle più spericolate speculazioni filosofiche riproponendo i classici e intramontabili argomenti che riguardano il senso della vita, l’imprevedibilità del fato, la transitorietà dell’amore fino a giungere al dubbio sull’esistenza di Dio.   
In questo magma mentale dove considerazioni e interrogativi rimbalzano freneticamente fra il nostro viso insaponato, le piastrelle di ceramica e lo specchio semiappannato abbiamo una sola possibilità di ricongiungerci armoniosamente con noi stessi: il rasoio di Occam.
No, non si tratta di un nuovo modello di usa & getta a sei lame al titanio più tampone di preziosissimo unguento afrodisiaco. Il rasoio di Occam è un principio metodologico elaborato nel XIV secolo da un frate inglese, Guglielmo di Occam. Frate Guglielmo era un uomo molto colto, un filosofo dalla ferrea razionalità e, come tutti gli inglesi, molto pratico (non dimentichiamo che l’empirismo nasce proprio in Inghilterra). Egli era francamente stufo di dover leggere una gran quantità di teorie, le più astruse e complesse sulla natura, sull’universo e sulla creazione del mondo.
Occam pensava che così come la natura sceglie sempre la strada più breve e il sistema più semplice per costruire il proprio equilibrio così anche l’uomo deve limitarsi, nella propria speculazione, a cercare la spiegazione e la risposta più semplice. Nasce così uno dei principi fondamentali del pensiero scientifico moderno, una forma mentis che come un rasoio taglia di netto tutto ciò che è inutile, tutto ciò che complica senza una sostanziale necessità: “ Entia non sunt moltiplicanda praeter necessitatem “ , “ Gli elementi non sono da moltiplicare se non necessario “, “ Pluralitas non est ponenda sine necessitate “, “ La pluralità non è da considerare se non necessario “ e infine “ Frustra fit per plura quod fieri potest per pauciora “ , “ E’ inutile fare con più ciò che si può fare con meno “. Il buon Guglielmo coglie il senso profondo delle leggi della natura e, inconsciamente, anche quelle che molti secoli dopo saranno le leggi della comunicazione anticipando l’elaborazione di concetti come ridondanza ed entropia.
L’età contemporanea così ridondante di informazione, così satura di falsi bisogni, così carica di nevrosi relazionale, così oberata da vacue mitologie, così portatrice di falsa complessità, avrebbe bisogno di qualche colpo di rasoio ben assestato. Tornare al paradigma della Natura e alle sue eterne e semplici leggi.  
Noi, nel nostro piccolo, possiamo sperimentare l’efficacia del rasoio di Occam ogni mattina davanti allo specchio, sperimentare tagliando via le schegge impazzite del pensiero bulimico ed egoista frutto della logica imperante della civiltà dei consumi. Non sarà l’economia a liberarci da questa nuova schiavitù, sarà il pensiero, la conoscenza, sarà la filosofia. Purtroppo nulla si potrà fare per liberarci dai cognati, a meno che non si ricorra ad uso improprio del rasoio…
                                                                                                     Francesco Saverio Sasso        

lunedì 16 aprile 2012

UNA TAVOLA DI QUERCIA




Cristallizzato nel ricordo è il Tempo,
diverso da quello che fugge come il vento.
Non so quale sia il più importante
se quello che stringo come un’amante
o quello che non riesco ad afferrare
per poter trattener le cose rare
che improvvise accadono fra i giorni
uguali che respiro senza voglia.
Custodisco cose morte, senza senso,
ricordo voci spente, scene mute,
odori del passato, dolore non sopito.
Non c’è muschio che possa coprire
queste crepe profonde, forse oscene.
Il Tempo sospeso della memoria
è una livida tavola di dura quercia
su cui giacciono inchiodati i ricordi,
i sorrisi, gli amori e i lamenti sordi
di una vita passata a inseguire la vita.

domenica 25 marzo 2012

UN ANGELO SOTTO IL DIVANO




 La fiammella della candela seguiva ondeggiando i passi insicuri nella stanza fino a fermarsi, sbuffando un filo di fumo, sul piano del tavolo. La mano infreddolita aprì il cassetto ed estrasse dei fogli e una penna, poi, con un leggero tremore tirò a sé la sedia e, una volta seduta, inforcò la penna fra le dita pallide. In quello stesso istante un rumore sordo e il friccichìo di una lampadina diedero il bentornato alla corrente elettrica.
- Ecco…è tornata…strano come ci si abitui alle cose…fino a quando la luce non va via non ci si rende conto di quanto ci è ormai indispensabile. Non è solo il buio, ma tutto il resto, tutto quello che riteniamo normale, all’improvviso ci è negato: il caldo o il freddo, la televisione, lo stereo, il frigorifero, l’ascensore, il computer, tutto….è tutto bloccato. In un primo momento siamo infastiditi, poi, col passare del tempo, ci sentiamo smarriti, inermi, incapaci di qualsiasi iniziativa. Ci assalgono i dubbi, le paure…e se pensiamo alla torta gelato nel congelatore, allora è panico allo stato puro. Il solo pensiero della panna e del cioccolato liquefatti in un brodo marroncino in cui vagano immerse le rosse ciliegie candite e una melma giallastra che in passato era stato leggero pan di spagna, provoca un ribrezzo simile a quello per un atto sacrilego…Ma tutte queste sensazioni non potrebbero essere delle epifanie? Rivelazioni del mistero dei misteri…Dio non ci guarda dall’alto di candidi nembi, ma scorre veloce nei fili dell’impianto elettrico!! Non risiede, ieratico, nei barocchi tabernacoli delle nostre cattedrali…ma è presente nei nostri contatori…una presenza nervosa, fluttuante, dinamica, alternata…sì alternata…nell’approvare e disapprovare le nostre azioni, e ogni volta che decide di punirci va via…manca…si assenta….paralizzando la nostra vita….costringendoci a riflettere e offrendoci la possibilità di pentirci. Lo dicono le sacre scritture che Dio è Luce!! Che Dio è Potenza!! Potenza….Watt….Luce…. Ohm …OM! Il mantra più sacro della religione indù, il suono primordiale che ha dato origine alla creazione.
Le mani, tornate tiepide del giusto colore incarnato, con la solita rituale gestualità, accesero una sigaretta e ritornarono a posarsi sul foglio bianco. 
- Basta! Devo tornare alla realtà! Oggi si tirano le somme e si chiudono i conti, sono stanca…non ce la faccio più! Ieri ho compiuto cinquant’anni e cosa mi ritrovo? Un matrimonio fallito, due figli imbecilli, una madre alienata, artrosi cervicale, menopausa conclamata e  un callo sul mignolo. Non
è un callo qualsiasi il mio: quel piccolo ispessimento della pelle è peggio di un cilicio…mi ricorda che sono fatta di carne e ossa, che sono di passaggio in questa valle di lacrime ma soprattutto mi ricorda che i callisti sono tutti appartenenti ad una setta satanica…
Ieri mi hanno telefonato i miei due figli per farmi gli auguri….vivono a Milano …uno è broker e l’altra è commercialista….che schifo! Anni di sacrifici e di solitudine per allevare due mentecatti che parlano solo di soldi e che chiamano le automobili con l’articolo maschile: IL mercedes, IL bmw….la natura è stata spietata con me…ho contribuito con ben due esemplari all’aumento del tasso di imbecillità nazionale…Non c’è senso in tutto questo….ecco… il senso, quello vero, quello profondo, in tutto questo non c’è  e non trovo motivi per andare avanti. In passato mi bastava un tramonto sul mare o un cielo azzurro per ritrovare la forza di proseguire e di sperare…..Poi ho realizzato che è tutto un imbroglio, la bellezza e la maestosità della natura altro non sono che manifestazioni della nostra incapacità, del nostro fallimento, dell’assoluta inutilità della nostra esistenza.Ammiriamo attoniti la bellezza del creato immaginando dietro quegli scorci l’amorevole presenza di un regista benigno e misericordioso, invece quello che stiamo guardando è solo l’intervallo fra i due tempi di un film dell’orrore di cui siamo attori e spettatori. Il regista non c’è e se ci fosse sarebbe una carogna. Le amiche mi dicono: “Ma come? Con due bei figli sistemati a Milano sei ancora qui? Vai a stare da loro, tienili vicini…goditeli!!”. Sono pazze! Ho fatto la loro serva per vent’anni, li ho visti crescere e diventare dei perfetti consumatori…ho assistito alla lenta ma ineluttabile atrofia della loro personalità: una metamorfosi mostruosa…non li riconosco più…..E secondo loro dovrei andar lì a spiattellare e lavare mutande per due deficienti? Sono felice che se ne siano andati….Nonostante il liceo classico dicono “Giunior”, “Midia” e altri squallidi strafalcioni, alla domenica fanno il “brunch”, che poi è un termine alla moda per dire che si alzano alla mezza per fare colazione con la parmigiana….No..non li sopporto…non sopporto più nessuno ormai….è ora di chiudere questa partita. Ma è necessario che scriva qualcosa…non per giustificare il mio gesto…ma perché sia chiaro che non sono impazzita né sono stata travolta dalla depressione. 
Fissava il foglio bianco con la penna fra le dita e nel momento in cui stava per iniziare a scrivere il telefono squillò.
-  Pronto…pronto…mamma! Sei tu?....Che cosa è successo?...Cosa? Le cozze arracanate di zio Colino? E chi è zio Colino? Mamma!!! Sono le sette del mattino, ti rendi conto? Non mi ricordo di nessuno zio Colino! Non lo conosco! No! Non so riconoscere le cozze tarantine dalle altre cozze! La ricetta? Che ricetta? Non so come si fanno le cozze arracanate!! Non mi piacciono! No! Non ne voglio! ….Mamma!!....Don Dino? E chi è don Dino? Aah…il parroco….no!....No!...Non voglio benedire la casa! Basta!! Lasciami stare! Non voglio niente…sto bene così…va bene…va bene…ci sentiamo stasera …sì…ciao…
Riattaccò la cornetta con rabbia e si mise le mani fra i capelli stringendoli forti fra le dita.
No…non voglio ridurmi così….la vecchiaia ti trasforma…forse è l’ombra della morte che si staglia sul breve percorso che rimane da fare….forse è l’egoismo di chi sente le ore contate…o forse è un senso di rivalsa, una forma di vendetta….è la nemesi della famiglia: ti sposi, fai dei figli, li cresci, li curi, fino a quando ti mandano affanculo, contemporaneamente accudisci i vecchi che ti assillano e ti mandano affanculo. Così aspetti la vecchiaia per pareggiare i conti: per vedere i tuoi figli mandati affanculo dai tuoi nipoti e contemporaneamente assillarli anche tu…. senza pietà. Che bella cosa! La famiglia…il clan…una rete fitta di rapporti determinati dalla biologia e moderati da una morale tribale. Il luogo dove gli interessi hanno la faccia ipocrita dell’affetto, dove gelosia e prevaricazione sublimano in reciproco sostegno. La famiglia è quella cosa per la quale ti ritrovi ad avere cognati, nipoti, generi e nuore disgustosi, gente con la quale normalmente non vorresti avere alcun contatto e invece accade di doverci passare insieme interminabili giornate all’ombra di un panettone o di uno spiedo di castrato….E i nomi? Non parliamo dei nomi….ci sarebbe da scrivere un intero trattato di sociologia…In passato la regola del clan imponeva il nome dei genitori del padre, cosicchè nelle nutrite famiglie di allora tutti i primogeniti dei figli maschi portavano lo stesso nome. Ora le regole del clan sono cambiate, si sono adeguate alla società dei consumi, ora il nome non viene più ereditato ma creato, o comunque appioppato secondo i canoni estetici dello spettacolo e televisivi. Sono scomparsi Orazio, Gaetano, Pantaleo, Rosario, Addolorata, Annunziata e sono comparsi Gaia, Allegra, Deborah (con l’acca), Noemi…….Io mi rifiuto di avere a che fare con una che si chiama Allegra Perchiazzi o un bietolone palestrato con lo sguardo da cerebroleso al secolo Kevin Chiumarulo….Mio nonno si chiamava Santo, era celebre in paese per essere un ubriacone e bestemmiatore…ma il suo nome pareggiava il conto. Mio figlio si fa chiamare Tony…..invece è Ignazio, come il nonno paterno, un fiero e rozzo bracciante, una specie ormai estinta….Anch’io sento di essere estinta…..sono di una generazione di passaggio….ho assistito alla scomparsa della cultura contadina….sono il prodotto di una televisione ancora non imbarbarita che pretendeva di accompagnare la crescita culturale e civile della società. A scuola usavamo la biro ma eravamo seduti sui vecchi banchi neri col buco per il calamaio. Quelle tavole di legno istoriate dai graffiti di generazioni di bambini del passato sono state il mio primo incontro con la storia, con un passato sconosciuto dove si doveva rimanere immobili a braccia conserte, dove una macchia d’inchiostro era una bacchettata sicura sulle mani tremanti rosse di geloni. Dove i bambini poveri avevano le scarpe sfondate e i capelli tagliati a zero per via dei pidocchi. Non dimenticherò mai quelle facce, quei corpicini magri, quella energia e quella forza interiore di essere come noi, che non avevamo le scarpe sfondate né le cartelle di cartone….
Improvvisamente sentì una voce da fuori…un richiamo ripetuto: “Pssss….pssss….Anna!”
- Ma chi è?.....Arrivo….arrivo!
Si dirige verso la finestra…la apre…rimane sulla soglia.
-         Professore!...Buongiorno….è mattiniero oggi…la prostata? Capisco, sì..sì..con rispetto parlando. Dovrebbe fare una bella passeggiata, c’è un bel sole…ah! Male al ginocchio, mi spiace…ha fatto colazione? Bravo…bravo…il latte fa bene! Come no? Lei non prende il latte….vabbè caffè o un thè…come?...peperoni sott’olio!...accidenti…almeno lo stomaco funziona bene…come?...non capisco…sono belli i miei fiori sul balcone? Ma non ci sono fiori…ah….pomodori? Lei dice i pomodori appesi! Sì..le piacciono? Per il baccalà….e certo! Per il baccalà a brodetto ci vuole il pomodoro appeso…è assolutamente indispensabile. Guardi è una questione di affinità elettive, il baccalà è un grosso merluzzo secco, un concentrato di sapore marino, il suo complemento ideale è il pomodoro appeso, un concentrato di sapore della terra….sì bravo! Il brodetto di baccalà è una metafora…una sorta di riproduzione del brodo primordiale che ha dato origine alla vita! Grazie professore!...E’ sempre un piacere parlare con lei…grazie…arrivederci…buona giornata!
Chiuse la finestra. Rimase a guardare fuori attraverso i vetri stringendo le spalle e abbracciando se stessa. Si avvicinò alla credenza e guardò le fotografie incorniciate. Due bambini sulla spiaggia. Due giovani sorridenti dopo la sessione di laurea. E un’immagine più vecchia, dai colori ormai sbiaditi dal tempo: una giovane donna con lo zaino in spalla seduta sul bordo della fontana di Trevi.
-Metafore…poesia. C’è stato un tempo in cui abbiamo creduto nella potenza della poesia, nella capacità di cambiare il mondo attraverso il canto di Majakovskij, di Neruda, di Allen Ginsberg. E’ stato bello crederci così appassionatamente….è stato devastante scoprire che era solo un sogno…una grande illusione. E’ stato versato del sangue, ci sono state vite spezzate, distrutte da
micidiali anestetici contro una realtà feroce e senza pietà. Abbiamo sognato una vita nuova, migliore, più giusta. Abbiamo fallito, ho fallito. Cos’altro in cui credere se non nell’amore? Mi ci sono buttata a capofitto…Ero sicura che l’amore avrebbe riempito i miei vuoti….che un compagno sincero avrebbe dato un senso profondo alla mia vita…anche qui mi sono illusa…solo dopo tanto tempo ho cominciato a capire che non è certo l’amore a dare un senso alle cose…no…. L’amore è una scialuppa di salvataggio che ti soccorre per non naufragare nel mare del non senso…
E’ aiutarsi reciprocamente a rimanere a galla…è un patto di mutuo soccorso, una sorta di assicurazione sulla vita dell’anima. Essere indispensabili a qualcuno infonde una grande forza, sentirsi scelti…sentire fra le mani la vita dell’altro…riuscire a penetrare (anche se non completamente) in un altro mondo interiore…sono esperienze fondamentali e indispensabili….. Poi accade che qualcosa si spezza e comincia a mancare l’equilibrio….emerge un senso profondo di insoddisfazione…viene meno la comprensione reciproca, quel parlarsi con gli sguardi….e si comincia a parlare molto…troppo…senza capirsi. Credo che esista un momento preciso in cui si smette di amare….quando si ricomincia a pensare al singolare….quando disotterriamo il nostro Io primordiale….quando l’armonico venirsi incontro diventa insopportabile compromesso….L’amore non riempie la vita, la rende sopportabile. L’amore è un velo posto sugli occhi dell’anima…sfuma i duri contorni della realtà…attenua la luce accecante della violenza e della perfidia umana.
All’improvviso si mise a scrivere alternando brevi pause di riflessione e intense boccate di fumo.
Scriveva velocemente ma in modo chiaro e comprensibile.
-         E’paradossale! Non ci si sente così vivi come quando si desidera la morte!!...La voglia di morire è così forte che la senti scorrere nel corpo….ti scuote tutta…si avvinghia ai visceri come una tenaglia incandescente…poi sale…sale…ti blocca il respiro….ti sfonda il    cervello!! Mai come in questo momento comprendi la vita…e realizzi che il desiderio di morte, quello autentico, può solo provarlo chi è esasperatamente vivo….in questi momenti pensi che l’unica ragione per vivere è proprio questo sentimento di morte…questa certezza che ormai sei in grado di spegnere l’interruttore dell’esistenza quando e come vuoi.  Quando incominci a pianificare la cosa non manca un certo entusiasmo….sistemare le pendenze…scrivere il testamento…scegliere il modo….
Il cicalino del citofono ruppe improvvisamente la concentrazione che regnava nella stanza.
-  Sì, chi è? …Non capisco scusi…aah! La fine del mondo….sì eccome! L’aspetto con ansia da tanto tempo! Finalmente una buona notizia….grazie….sì, ho capito benissimo…lei è stato così gentile da venire a informarmi che la fine del mondo è vicina...e io la ringrazio della buona nuova…sì…sì….lo so…ho capito che lei è un testimone di Geova, ma io non sono razzista…io penso che ognuno sia libero di credere in quello che vuole e adorare quello che gli pare, persino un gatto morto!...No….no….dicevo per dire…non se la prenda….non ho nulla contro la sua religione anche se non capisco perché dobbiate vestirvi come dei polacchi in vacanza….ma no! Non faccia così….signore….signoree!
Era ancora con la cornetta del citofono in mano quando il telefono riprese a squillare.
- Pronto…si sono io…no….no…..no…no….no…NO! Ma scusi lei è scemo?...Le sto dicendo che non mi interessa…la televisione mi fa schifo…non la guardo mai…è vero sono abbonata alla Rai da tanti anni ma ora uso la tivù solo per vedere dvd pornografici…no…non scherzo…non mi dica che lei non vede film pornografici….magari in allegra compagnia…pronto…pronto!
Riattaccando guardò l’orologio a muro…Incredula controllò sul suo orologio  da polso.
- Accidenti!! Fra mezz’ora deve passare l’amministratore del condominio….madonna mia! No..non ce la faccio…ho bisogno di calma e silenzio…
Afferrò la cornetta e compose nervosamente un numero.
-         Pronto…mi passa il ragioniere per favore?...Pronto Cataldo…sono Anna…senti….purtroppo devo uscire urgentemente…non possiamo vederci….non ti preoccupare lascio la mia quota al portinaio…sì dimmi….chi?...La signora Sdragapede?...Sì ho capito, quella bizzoca del piano di sotto….Catà..ma sei normale? E secondo te io a notte fonda scendo un piano per rubare uno zerbino lercio? Ma lo sai da quanto tempo sta lì quello zerbino? Sono almeno cinque anni!...Sì..sì..hai capito bene…quello ormai non è più un tappetino…si è fuso con le mattonelle di sotto…è diventata un’aiuola sintetica…l’uomo delle pulizie non lo tocca più…lo innaffia…è sicuro che un giorno o l’altro spunteranno i funghi….Bè..Cataldo ti devo lasciare….ciao…ciao.
 Sedette stancamente sulla sedia. Tirò fuori un’altra sigaretta e l’accese. Rilesse quanto aveva scritto muovendo la testa per accompagnare il senso di quelle parole feroci. Poi lo sguardo deviò fissando un quotidiano che giaceva sul tavolo da parecchi giorni.
-         Non è necessario pensare alle guerre, ai massacri, alla cieca violenza che incombe ad ogni latitudine….no…l’umanità è figlia di Caino, è segnata da una maledizione incancellabile che la conduce alla barbarie….non servono i telegiornali per convincersene…è sufficiente frequentare le assemblee condominiali. Esse sono l’arena dove si scontrano gli odi, le gelosie, le prevaricazioni, l’arroganza che scaturisce dalla più cupa imbecillità. Vengono sempre organizzate in orari assurdi e si svolgono in luoghi che assomigliano ad antri infernali: seminterrati umidi e bui, sottoscala fetidi, garage spettrali progettati per favorire rapine e stupri….chiunque dopo un quarto d’ora passato in questi luoghi diventerebbe idrofobo…emergono rabbie ancestrali, archetipi mostruosi, fobie profonde, odi atavici. Sembra che ogni condomino abbia bevuto la perfida pozione del dottor Jeckyll…nonostante  le temperature da tundra siberiana il grado di sudorazione è al massimo…la ipersalivazione produce orrende schiumazze agli angoli della bocca….l’occhio è vitreo…sotto il cristallino la pupilla è dilatata come quella di un narcotrafficante colombiano….il respiro è frequente e produce litri di vapore acqueo puzzolente che si deposita sui vetri e sulle lenti degli occhiali…uno spettacolo raccapricciante….E questa sarebbe l’umanità? E io dovrei essere solidale con questi soggetti? Dovrei essere disponibile a comprendere tali bifolchi? Ho per caso mai ricevuto da questa umanità solidarietà e comprensione? Porte in faccia ho ricevuto!...Isolamento, silenzio e pettegolezzi….questo mi hanno dato! Fino a quando sono stata la moglie di….è andato tutto bene…poi…dopo la separazione non sono stata più nessuno….telefono muto…..amici spariti…la solitudine più nera…l’indifferenza ….l’indifferenza è una lama affilatissima….ti svuota lentamente dei visceri, come fa un imbalsamatore….rimangono le tue sembianze…ma insieme al cuore, ai polmoni e all’intestino…hai perso anche l’anima…
 Si alzò, andò alla credenza dove riempì un bicchiere d’acqua. Lo bevve. Ne riempì un’altra metà.
- E’ stato allora che ho cominciato a bere………non sono diventata un’alcolista perché avevo dei figli da crescere…non me lo potevo permettere. Ma quando i ragazzi erano fuori col padre ne ho prese di sbornie! L’alcol non aiuta per niente a dimenticare né a sopportare….l’alcol ti illude di diventare un altro…un altro essere che ti guarda e assiste divertito alla tua marcescenza… una sorta di scimmia appollaiata sulle spalle di te stesso che gesticola e biascica frasi senza senso. Gli stati di allucinazione non risolvono niente…alla fine ritorni ad essere te stessa…la tua mente è superiore a qualsiasi trattamento: alcol, droghe, autoipnosi…nulla riesce a debellare quel brulicare di pensieri che a volte diventa quasi doloroso. Sarebbe stato logico…e lo è stato per molti, passare dall’alcol ai farmaci…sonniferi, ansiolitici, antidepressivi…la lista è lunga e ce n’è per tutti i gusti…ma non fa per me…se proprio si decide di vivere in uno stato di anestesia mentale è molto meglio darsi agli spinelli…ma tutto ciò non è la vita….la vita è altrove…
Come colpita da un’improvvisa visione andò di scatto verso il centro della stanza.
-         L’ultima volta che ho sentito la vita scorrere dentro di me…..quando è stato? Ricordo…anni fa….ero a Napoli…a Capodimonte…ho girato nel museo per un’intera giornata…i miei occhi divoravano la bellezza, la mia mente si nutriva di emozioni profonde e indefinibili…ero in uno stato di trance continua che rimbalzava da un angolo all’altro delle sale…sentivo nelle mie mani la grandezza di un’umanità tutta tesa a raccontarsi, a descrivere, a sognare…non simulacri di tempi lontani…ma energia pulsante…viva! In quelle ore ho avvertito una sensazione di immedesimazione fortissima con quel senso della vita che forse è l’unico che ci è consentito creare e coltivare: sognare e sognarsi.  Tracce…viviamo per lasciare solo delle tracce…un’esile forma di quello che siamo stati, una flebile eco di quello che abbiamo detto, un pallido ricordo di ciò che abbiamo fatto. Ma mai nessuno potrà sapere del mio primo bacio, della mia prima alba, della mia prima lacrima…nessuno saprà mai delle mie scoperte, delle mie inquietudini, dei miei desideri più profondi, delle mie fantasie…quando muore qualcuno che ti è stato molto vicino soffri tremendamente non solo e non tanto per la perdita…per il vuoto intorno a te…..ti disperi perché scompare un mondo…un mondo che tu non conoscevi completamente ma di cui percepivi pienamente l’esistenza e l’unicità…un sistema complesso di relazioni, di ricordi, di esperienze, di sentimenti, di idee, tutto ciò che è la vita…cessa….e tu rimani attonita a guardare un involucro vuoto…una sembianza che hai amato perché viva e che ora si manifesta solo come una carcassa che si avvia al disfacimento.
Dalle scale del palazzo provenivano schiamazzi, urla, rumori di porte che sbattono e di corse su e giù per i gradini. Suonavano alla porta, il campanello sembrava impazzito.
-  Ma che succede! Chi è??
Continuavano a bussare. Dall’esterno una voce femminile:”Anna! Anna! Apri ti scongiuro..apri!!”
Corse alla porta e spalancò l’uscio.
-         Filomena! Che è successo?...Chi?....Scappato!!...Dove?....Ma chi?...Calmati!...E’ scappato tuo figlio Giggino?...Noo…allora è Birillo…non ti agitare! Avrà sentito qualche cagna in calore!! Come no? Ma caspita!! Me lo vuoi dire che cazzo è successo?.......Co..nooo…mi stai dicendo che è scappato il capitone!..Quell’anguillone schifoso che avevi nella vasca da bagno da due giorni!!!...E’ scappato il capitone….quello che tuo marito ha avuto il coraggio di portare vivo da Comacchio!! E questa è una tragedia!! Hai ragione…tuo marito ci aveva messo l’impegno!! Ma io te l’avevo detto…capitoni e buoi dei paesi tuoi…non ti fidare…il capitone di Bologna è senza vergogna! Qui ci vuole un esperto…dove sta tuo figlio…Giggino! Vieni qua!   Corri alla piazza…cerca un vecchio marinaio, si chiama Peppino…lo chiamano Grangitello…sì Peppino Grangitello…digli il fatto e portalo qui…lui sa come fare…..corri Giggino….corri! Ecco fatto…non ti preoccupare…e tieni la porta di casa chiusa. Calmati e poi fammi sapere…ciao…ciao.
Chiuse la porta. Lentamente e pensierosa ritornò al tavolo. Si sedette.
-         Può un capitone depresso mettere in crisi un matrimonio? Certamente! Qualsiasi cosa può mettere in crisi un matrimonio…..quel che accade dopo è pena….tenebra…ore dolenti …annientamento. Ci si lascia…per poi rivedersi dopo tempo..sei lì in attesa che la legge metta un timbro sul tuo personale fallimento…ogni tanto lanci uno sguardo verso colui che ti aveva riempito la vita….ma non lo riconosci…è un estraneo…un’altra persona…è una sensazione orrenda…in quel momento non ti viene in mente nulla…non hai ricordi di alcun genere….il vuoto…percepisci solo la presenza di quel muro che nel tempo hai contribuito ad alzare e che ora è alto e insormontabile. In realtà non sai se quest’ombra cupa che incombe sul tuo cuore è il prodotto del fallimento o della rabbia per aver buttato via un pezzo della tua vita. La presenza di tanta altra gente nelle tue stesse condizioni non produce  nessun effetto…la cosa non fa sentire meno unica la tua esperienza….anzi….sotto un certo aspetto, il tuo senso di diversità viene acuito dalla visione di quei volti, di quelle posture, di quei discorsi….non ti senti parte di quell’umanità…eppure ne sei accomunata in una vicenda tutto sommato molto simile. Forse è proprio in quei momenti che sorge in te la consapevolezza che la tua presunta diversità potrà manifestarsi dopo…quando sarai uscita dal palazzo di giustizia…e riprenderai a vivere la tua vita…magari una vita sbilenca…ma sicuramente tua…Non hai rimorsi…non hai rimpianti…hai la rassegnata certezza che doveva finire così….cammini sul marciapiedi, ti immergi nella folla anonima…vedi la vita che scorre intorno a te incurante del tuo sguardo vuoto…è in quel momento che realizzi, ancora una volta, l’assoluta banalità della vita, hai la sensazione di osservare un formicaio….ti sembra di vedere una formica isolata dal gruppo…ferma…quasi paralizzata…guardare quel movimento febbrile agitando le antenne…poi lentamente riprende a muoversi…a sfiorare le altre formiche…fino a quando non si lancia nella scia e scompare fra le altre…quella formica sei tu. Ora il semaforo è verde…attraversi la strada e ricominci a pensare…è tutto finito…i sospiri, le parole, gli sguardi…li ha portati via il vento….   Lo stesso vento che prima gonfiava la vela sul tuo cuore e che ora asciuga le lacrime prima ancora che possano sgorgare dai tuoi occhi bassi e spenti…
Era tornato il silenzio. Fissava il foglio sul tavolo. Quel pezzo di carta riassumeva tutta la sua vita..il suo sconforto era freddo, lucido.. Si alzò di scatto e andò verso la finestra.
- Aria…aria…..ci vuole un po’ d’aria!
Spalancò la finestra. Respirò profondamente. Ad un tratto ebbe uno scatto e sorrise serenamente.
-         Professore!! Ancora sul balcone! Prenderà freddo!..Sì…sì…ho sentito….trova la cosa così eccitante? Professò!! Non è evaso mica Totò Riina…..un povero capitone….tra l’altro del nord…da quelle parti non usano metterli nella vasca da bagno!! No…no…siete fuori strada…non è perché al nord usano fare la doccia e non il bagno….e che su… comprano e mangiano. Già…noi qui no…già comprare è stata una bella fatica…occorre una pausa…poi c’è la veduta…e anche quella è d’obbligo. Si chiamano i vicini di casa, gli amici, i parenti…tutti a contemplare il capitone che sguazza nella vasca in attesa di essere vestito di foglie d’alloro e arrostito sui carboni. Che dite professore? Non sento…Un retaggio del paganesimo? Un rito sacrificale? E forse avete ragione…sì…solo che lui…il capitone nordista….non conosce i nostri usi e non si è rassegnato….ma dico io….come ha fatto a scappare dalla vasca? E’ vero!!...E’ come dite voi…non c’è dubbio! Filomena ha riempito troppo la vasca…ecco com’è successo!! Professore ….ma voi ve ne intendete di capitoni? Aaah….ecco…ora mi spiego…avete insegnato a Lesina per cinque anni…ne avete mangiate di anguille!!...Bè..professore…vi devo lasciare…sì…ho una cosa molto importante da fare…sì…sì…ci vediamo…  
Chiuse la finestra. Indugiò davanti alla finestra chiusa. Si passò la mano sulla fronte. Si avvicinò lentamente alla credenza, prese in mano un ritratto e l’ osservò come fosse la prima volta.
-  Ero graziosa da giovane….a diciott’anni hai il tuo futuro nelle mani…il cuore gonfio di speranze…il corpo è pronto ad affrontare qualsiasi sfida…hai di fronte un immenso orizzonte da esplorare….La gioventù ha la forza di essere senza passato, mai un istante a voltare indietro il capo, tutto è sempre e solo davanti a te. Anche il modo di vedere le cose è proiettato verso una dimensione che deve ancora venire…vivi nello scorrere del tempo, ti lasci travolgere dall’impeto incessante del domani…il verbo che coniughi più spesso è il futuro…i desideri e i progetti sono intrisi di assoluta certezza…le cose andranno nel verso che hai deciso…senza alcun dubbio. Questa lucida sfrontatezza è meravigliosa! Ti spinge a cercare, a conoscere, a capire, a rifiutare i consigli, a rischiare in prima persona, a esporti come mai era successo prima…Il potente e magico flusso vitale che ti scorre dentro non può essere arginato in alcun modo, deve straripare per arrivare a fecondare gli angoli più nascosti di te stessa. Ti assale una rabbia sacra…non puoi fare a meno di rivoltarti contro le convenzioni ottuse, contro l’ipocrisia degli adulti, contro l’ingiustizia che regna sul pianeta, contro la falsa complessità di certi sistemi, contro le contraddizioni della religione, contro l’assenza di Dio, contro la mercificazione di ogni cosa. Ti senti un novello Davide, capace di buttar giù la tracotanza di Golia con una semplice fionda. A diciott’anni sei un cristallo di rocca…durissimo e trasparente…i raggi del sole ti attraversano rifrangendo una luce unica, accecante. A diciott’anni cavalchi la vita con la sicurezza di chi saprà sempre dominarla….   
Ritornò al tavolo. Riordinò i fogli con cura.
- Ecco….ho scritto tutto quello che c’era da scrivere….ora sono libera da ogni incombenza…posso procedere….sono serena….calma….tranquilla….
Squillò il campanello alla porta. Tre volte.
- Ancora?...Adesso basta! Ho bisogno di calma!!........Mah!
 Furibonda spalancò l’uscio di casa e una luce bianca abbagliante la investì in pieno. Istintivamente si protesse gli occhi e fece qualche passo indietro.    
- ...Madonna mia!!
cadde per terra investita dalla luce e da strani suoni. Fissò la porta spalancata con la bocca aperta. . Dopo qualche istante si alzò in piedi, corse verso la porta e la chiuse col chiavistello. Si girò su se stessa appoggiando le spalle alla porta sbarrata e osservò attentamente tutta la stanza. Lentamente si abbassò per guardare sotto i mobili, con cautela si aggirò per la stanza alla ricerca di qualcosa sul pavimento. Ad un tratto diede un colpo di reni e afferrò con entrambe mani qualcosa sotto il divano.
- Eccoti qua!! Maledetto!! Che vuoi da me? Schifoso! Fai vomitare….lurido di polvere e ragnatele attaccate addosso!! Che vuoi bestia? Dovrei schiacciarti quella testa schifosa di bava e sudiciume! E ora che faccio? Devo approfittare di questo momento…prima che riprenda forza….
Corse nell’altra stanza per ricomparire subito dopo con un secchio e un paio di guanti di gomma. Infilò i guanti, ebbe un attimo di esitazione…poi si abbassò, afferrò il capitone e lo mise repentinamente nel secchio. Appoggiò il secchio sul tavolo, si sfilò i guanti e li gettò per terra, guardò dentro il secchio con disgusto poi di scatto andò via e ricompare subito con una caraffa d’acqua che svuotò nel secchio.
- Adesso va meglio! Avevi bisogno d’acqua! Ma…ma come hai fatto!? La porta…no..no..io ho aperto la porta…ma…il campanello ha suonato! Ha suonato tre volte…sì..ne sono sicura…poi quella luce…quei suoni strani!! Ma chi sei?? Cosa vuoi da me??
Indietreggiava tremante, andò alla credenza e si versò un bicchiere, beve tutto d’un fiato.
- Ero giunta al momento cruciale, serena, tranquilla….avevo liberato la mente…era il momento giusto…pensato….desiderato…per tanto tempo…e accade sta cosa strana…misteriosa….ho paura…ma è mai possibile che un’anguilla…..Dio! Mi sembra di impazzire!!
Si avvicinò al tavolo e guardò nel secchio.
-         Tu vuoi vivere!! Lo sento! Non ti arrendi al tuo destino…vuoi tornare a nuotare nel mare…vuoi tornare dove sei nata! Il mar dei Sargassi! Tu devi ritornare lì, per riprodurti…è la vita che te lo ordina…questa forza…questa energia….è la vita che scorre in te! Ma questa forza ti ha portato nel posto sbagliato…qui c’è il nulla…qui la vita si è autosospesa..in attesa di finire…Tu mi chiedi di salvarti…io…che non sono stata capace di salvare me stessa…che non sono riuscita a trovare un solo buon motivo per continuare a vivere….che sento la vita come fastidio, come peso insopportabile, come un’offesa alla stessa dignità umana…. Noi umani abbiamo imparato a misurare le cose…analizziamo lo stesso flusso vitale che ci attraversa…la vita ci prende ma noi la manipoliamo, la modifichiamo, l’allunghiamo, la spezziamo…noi siamo padroni di noi stessi e di tutto quello che ci circonda….Tu non ti chiedi il perché…tu non sai ciò che è bene e ciò che è male. In quella vasca da bagno sentivi la morte che si avvicinava….hai tentato di fuggire da quella          sensazione….sei finita qui!.....Sei finita qui….…sei finita qui?...No…non sei finita qui……sei venuta qui!....Il campanello ha suonato tre volte….sì…tre volte…ma chi sei?? Le cose non stanno così…potresti….potresti….essere qui apposta per me! Ma è ridicolo! E’ grottesco! Un’anguilla arriva qui…piomba qui…per fermarmi…per bloccarmi….naaa! Mi rifiuto di pensarlo! ..l’anguilla ex machina…arriva a salvare un’idiota che sta per fare l’unico gesto sensato della sua vita!! E chi saresti? Un angelo! Un angelo-biscione…ma dove s’è mai visto? Non è possibile….ho pregato tanto….ho bestemmiato…..ho pianto….ho urlato contro il cielo….e dopo una vita disperata….arriva….arriva…l’angelo del mar dei Sargassi!! Senza ali, senza chioma, senza parola…..sono confusa, non capisco…ma sento….sento una forza che mi invade e mi scioglie….
Si lasciò andare sulla sedia. Si passò le mani fra i capelli e sul viso.
-         Forse….sì….forse devo smetterla di misurare…di analizzare….di considerare…di guardare indietro…dovrei lasciarmi andare  e seguire il ritmo…il pulsare della vita…le albe e i tramonti non sono metafore…il mare non è uno specchio….il cielo non è un coperchio….e le nuvole….le nuvole..cosa sono le nuvole? Gas e vapori modellati da un estroso architetto…no…non è così….le nuvole sono gli abitanti del cielo….un popolo bizzarro e pacifico che si muove col vento e si diverte a guardare in basso e a imitare ciò che vede: distese d‘acqua, distese d’erba, foreste, ghiacci,deserti, città e uomini che brulicano come formiche impazzite. Amo le nuvole e il vento che le muove…il vento che asciuga la pelle e scompiglia i capelli. Il mio angelo conosce bene le nuvole che si specchiano nel suo mar dei Sargassi, verde di grandi alghe e pullulante di vita……Penso che ogni vivente abbia il suo mar dei Sargassi…un posto dove è nato e dove va a compiere il suo ciclo vitale…ssì…il ciclo vitale….non so quanto durerà ancora…il mio ciclo…la mia vita…so solo che, per il tempo che mi resta, non mangerò mai più un capitone….   
 Afferrò i fogli e li stracciò con cura. Guardò nel secchio e sorrise, andò verso la finestra e guardò fuori. Sussultò alla vista di qualcosa, aprì subito la finestra.
- Professore! Professore!...Posso farle una domanda?....Grazie….ecco….non so come dire..diretta? Sì una domanda diretta…ecco….Dio esiste?....Sì mi rendo conto….una domanda impegnativa…sì capisco….no…no…un momento…che c’entra la sciatica?...Ah…ecco…se le avessi fatto questa domanda ieri….ieri lei era a letto con la sciatica…mi avrebbe risposto di no…oggi invece che sta molto meglio…qui fuori, col cielo azzurro e i passeri che cinguettano…oggi lei mi risponde di sì….Ma professore..che razza di filosofia è questa? La metafisica dipenderebbe da un callo dolorante? No?...Che dice?...Una ragione suprema….sì credo di capire…una ragione suprema…noi diciamo che Dio esiste quando abbiamo trovato una ragione suprema…il dolore obnubila la mente…ci spinge verso il basso…ci impedisce di pensare a una ragione suprema…quando siamo liberi dal dolore possiamo riflettere. ..avere l’illuminazione. Ma professore…una ragione suprema può essere qualsiasi cosa: un’entità superiore ma anche l’amore, la bellezza, la conoscenza…sì…ho ragione? La ragione suprema è collegata alla vita. La ragione suprema ci sintonizza sul flusso della vita spingendoci ad abbandonarci ad esso fino in fondo…fino all’ultimo istante…E gli angeli? Esistono gli angeli? Sì dal greco Anghelos…Messaggero..gli angeli sono coloro che ci aiutano a comprendere la ragione suprema..Ho capito…finalmente ho capito…cosa fa? Rientra? …I ceci sul fuoco…anch’io devo andare…accompagno un amico in partenza…no…né treno né aereo…lui viaggia solo via mare….sì…grazie professore…arrivederci.
 Chiuse la finestra. Andò allo specchio, mise cipria e rossetto. Sorrideva. Infilò il soprabito. Tornò allo specchio a provare un paio di cappelli fino a quando non trovò quello giusto. Sorrideva. Prese il secchio e lo infilò con cura in un grande sacchetto. Un’ultima occhiata allo specchio e uscì di casa.
        

  

mercoledì 14 marzo 2012

NESSUNO LI PUO' GIUDICARE




La società dei consumi ha ormai invaso tutto il pianeta. Certo esistono grandi parti del mondo in cui si muore ancora di fame e/o si sopravvive a malapena, ma tutto ciò è funzionale al sistema globale: le aree depresse servono come serbatoio di manodopera a costi bassissimi per produrre merci che saranno altri a consumare. Il consumo è l’unico indicatore dell’efficienza di un sistema ed è l’unica garanzia dell’affidabilità economica e sociale di una comunità. Il diritto di cittadinanza viene riconosciuto solo al consumatore, chi non consuma non è nessuno e non può godere di alcun tipo di diritto politico, sociale e umano. Il consumatore non è colui che sceglie sulla base dei propri orientamenti e necessità impiegando il denaro che guadagna col proprio lavoro. Il consumatore è colui che riesce a soddisfare il proprio bisogno di possedere assecondando gli stimoli che gli vengono imposti dalla società e dai mezzi di comunicazione di massa. Il consumatore diventa tale, a pieno titolo, nel momento in cui reclama il proprio diritto a soddisfare il bisogno di possedere e lo trasforma in realtà. Attualmente, agli inizi del terzo millennio, un essere umano è consumatore riconosciuto già all’età di cinque anni. A quell’età è in grado di esprimere compiutamente e risolutamente il proprio diritto a soddisfare i vari bisogni che urgono nella sua testolina. I genitori di questo fanciullino, già per conto loro impegnati in altri consumi, sono coloro che garantiranno la piena soddisfazione dei suoi bisogni. D’altro canto la cosa non li disturba particolarmente, ancora quando il figlioletto era un poppante lo vestivano con capi firmati e dopo, quando cominciava a fare i primi passi, lo acconciavano col gel sui capelli e giubbotti jeans per soddisfare la loro gioia senza minimamente pensare che il piccolino, ridotto in quell’arnese, pareva un povero mentecatto in erba.
La famiglia, i genitori, i nonni (che sono genitori al quadrato) sono una gallina dalle uova d’oro per la società dei consumi. Alla base di tutto c’è una profonda, quanto micidiale, mistificazione secondo la quale l’affetto si misura col possesso e il rifiuto è negazione dell’amore. Le ricorrenze e le festività hanno senso solo se mercificate, solo se oggettivate in qualcosa di concreto. Il ruolo dei genitori in tutto ciò è duplice, incarna sia il carnefice che la vittima. Il genitore carnefice è colui che sfoga sui suoi figli le frustrazioni ed i rifiuti subiti nel lontano passato illudendosi che erano dovuti a ristrettezze economiche. Cosa in parte vera, ma solo in parte. Nel ventesimo secolo il rifiuto era non solo un mezzo per affermare la propria autorità, ma anche una scelta educativa che tendeva ad insegnare il senso più vero delle cose e la loro relativa importanza. Il genitore vittima è colui che si rende conto di essere entrato in una spirale consumistica spietata e che cerca inutilmente di porre un freno. Non solo non ci riuscirà, ma sarà prima sbeffeggiato e poi disprezzato dai suoi figli.
I genitori del terzo millennio sono ormai degli esseri catatonici rassegnati alla inevitabile mutazione antropologica dei propri figli. Hanno dovuto abdicare, rinunciare ad ogni autorità e trasformarsi in finanziatori, autisti, cuochi e lavapiatti. In questo sfascio generale mantengono ad ogni costo l’orgoglio paterno e materno nelle doti fisiche, morali e intellettuali della propria progenie. Non si rendono conto che i loro ragazzi si friggono il cervello con dosi massicce di tv spazzatura, che vivono in uno stato di ignoranza direttamente proporzionale alla loro presunzione, che a diciotto anni fanno quello che facevano i loro avi da vecchi, contadini e operai, chiusi nelle cantine ad alleviare il dolore del mancato riscatto col vino scadente. Fanno veramente pena quei genitori che irrompono agguerriti nella scuola a perorare la causa di un ciuccione che non conosce il congiuntivo, fanno pena perché non ammettono che un “estraneo” possa giudicare mentre loro non possono farlo più. Possono sopportare che i figli li mandino a quel paese solo perché pensano che, in fondo, sono migliori di loro; scoprire dalla pagella di essere diventati lo zimbello di un cretino ignorante è devastante. Poi ci sono gli insegnanti, i quali, essendo per la maggior parte genitori anche loro, si trovano in una situazione estremamente imbarazzante. Purtroppo si trovano a vivere una condizione schizofrenica poiché in quanto genitori sarebbero portati alla immedesimazione ma poi, in quanto professionisti dell’educazione, sono costretti a giudicare il lavoro di alunni che al posto del cervello hanno un totano.
Ormai è chiaro, la famiglia si è trasformata in un allevamento di totani e i genitori dovrebbero prenderne atto una volta per tutte. Dovrebbero smetterla di sfogare le proprie frustrazioni con gli insegnanti invocando una competenza che loro per primi non hanno.  La completa emancipazione e la totale autonomia che i figli brandiscono minacciosamente davanti agli occhi increduli dei loro genitori è uno squallido feticcio che la società dei consumi ha diffuso attraverso i mezzi di comunicazione di massa allo scopo di omologare e sfruttare al massimo i giovani consumatori. In realtà, mai come ai nostri giorni, i giovani dipendono strettamente dalla famiglia. La loro è dipendenza economica, dipendenza affettiva e dipendenza da ritmi di vita e usanze famigliari che li rendono liberi da ogni tipo di responsabilità, esenti da collaborazione nelle faccende domestiche e serviti e riveriti in ogni viziaccio che hanno deciso di praticare.
Nel nostro paese dove la retorica de “i figli so figli” e “i figli so piezz’e core” è molto diffusa e praticata risulta più difficile analizzare i comportamenti e i valori delle nuove generazioni svezzate dal consumismo più spietato. Nessun genitore si è mai fermato a riflettere sulla perfida cancrena ideologica che veicola la frase “usa & getta” o sulla mistificazione dell’assoluta necessità di soddisfare ogni tipo di bisogno. Questi ragazzi si aggirano nella realtà come fossero in uno sterminato luna park, fra loro condividono ma non socializzano, fanno sesso ma non si amano, la loro cifra non è l’egoismo ma l’egotismo. Abbiamo di fronte le prime giovani generazioni perfettamente funzionali alla società in cui viviamo, dove niente è più importante del presente.I genitori ringraziano Dio quotidianamente per aver ricevuto tale progenie e difendono con ogni mezzo chiunque osi mettere in discussione le doti e le grandi qualità che i figli possiedono. Nessuno li può giudicare. Forse, un domani, sarà la storia a dire l’ultima parola, a patto che sia rimasto ancora qualcuno in grado di scriverla.  
        



giovedì 1 marzo 2012

LUCIO DALLA




Quando muore un artista tutta l’umanità perde qualcosa di importante e di unico. Mai come in questo tempo segnato da vecchie e nuove malvagità, da gigantesche indifferenze, dal catastrofico fallimento di un sistema economico e sociale, dalla codardia e becero asservimento della politica, quando si forma un vuoto nell’arte e nella cultura ci si sente tutti molto più soli e confusi.
Con la scomparsa di Lucio Dalla viene meno la figura di un musicista che, nell’arco di cinquant’anni, ha saputo segnare in modo indelebile la nostra vita, la nostra storia, i nostri sentimenti. Non c’è italiano che non conservi fra i propri ricordi una sua canzone, non c’è italiano che non lo ricordi con sincero affetto e grande ammirazione. Dalla aveva il dono di riuscire a toccare le nostre corde più profonde nonché quello di essere sempre capace i interpretare poeticamente la realtà che cambia, il flusso della vita e della storia.
Nonostante provenisse da una formazione musicale jazzistica egli è stato uno dei grandi rappresentanti della musica italiana, è stato un innovatore, un modernizzatore, ma non ha mai tagliato il cordone ombelicale della tradizione, non ha mai pensato di doversi cimentare con una lingua che non fosse l’italiano né ha mai voluto lasciare la sua Bologna, con i suoi portici e la sua gente. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di capire quanto fosse curioso della vita e soprattutto quanto fosse semplice, fatto di quella semplicità di tutti i grandi uomini che sfidano ogni giorno la complessità della vita per dare una forma poetica alle emozioni.

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