sabato 24 maggio 2008

UNA SEDIA VUOTA



All’improvviso, al nostro desco
una sedia è vuota. Per sempre.
Il tempo passa e con esso la speranza
di rivederla occupata. Per sempre.
Il vuoto fisico lotta contro la memoria.
La realtà piega l’affetto più temperato.
L’assenza è come una lama assassina.
Taglia in due l’anima. Per sempre.
Di gesti, di odori, di voce, di amori,
di progetti e di idee, di ricordi e racconti,
rimane una sedia vuota. Un’eco lontana.
Forse le nuvole conoscono il mistero,
ma corrono veloci sopra di noi.
E la sedia vuota ci parla in silenzio
di una sorte ingiusta che come una frusta
ci tortura l’anima.

NON TUTTI I SANTI FINISCONO IN PARADISO Quarta Puntata


Lopollo era nervosissimo, con un cadavere di mezzo si aspettava che affidassero il caso ad un ufficiale. Il cianuro era stato introdotto nella bottiglia di sciroppo col quale don Vinicio si preparava l’orzata, ogni volta che doveva affrontare un certo numero di confessioni. Mentre in chiesa era tutto un via vai di squadre investigative, il brigadiere, che aveva sottratto dalle tasche del morto un mazzo di chiavi, aprì la porticina di ferro e, attraversando il cortile, entrò nella canonica. La casa era vuota, era il momento migliore per controllarla senza problemi. Andò direttamente in camera da letto e, per primo, rovistò in tutti i cassetti e nell’armadio. In un angolo c’era un crocifisso appeso alla parete, sotto un tavolinetto con fiori freschi un cero e un libro di orazioni, di fronte al tavolino un inginocchiatoio tappezzato in velluto rosso scuro. Lopollo non sapeva che fare, improvvisamente ebbe una strana ispirazione e decise di imitare i tenente Colombo quando cerca di ripercorrere le ultime mosse della vittima. Si sdraiò sul letto e chiuse gli occhi, pensò “Bene, sono le sei del mattino, mi sveglio….” e si sedette sul letto, non sapeva se andare prima in bagno o dedicarsi alla preghiera…meccanicamente si alzò e in due passi fu davanti all’inginocchiatoio, si inginocchiò e, visto che era lì si fece il segno della croce, rialzandosi udì un forte scricchiolio. Sembrava che la tavola su cui era inginocchiato si muovesse leggermente. S’alzò di scatto, afferrò l’inginocchiatoio e lo rivoltò, in quell’istante qualcosa di solido carambolò fra le pareti di un doppio fondo. Con un coltello preso in cucina svitò l’unica vite che fermava la tavola e aprì il doppio fondo: in un sacchetto di plastica fermato con degli elastici trovò il denaro scomparso. Il problema era un altro, lui non poteva essere lì a fare quello che stava facendo, senza autorizzazioni né alcun mandato del giudice. Doveva rimettere tutto a posto e far finta di nulla, almeno fino a quando non avesse avuto le spalle coperte. Una cosa era certa: don Vinicio aveva simulato il furto per evitare che qualcuno mettesse le mani su quei soldi e quel qualcuno lo aveva liquidato…sì, ma così facendo avrebbe perso la possibilità di recuperare il malloppo…era un gran pasticcio. Tornò sui suoi passi, in chiesa rimise di nascosto le chiavi nella tasca della salma e …”Lopopolo!!” “Comandi signor maggiore” “Ha visto che razza di frittata? Basta così!!! L’indagine passa al capitano Mazza, domattina vada a rapporto da lui con tutto l’incartamento per i passaggio delle consegne” “Signorsì, sarà fatto signor maggiore”. Lopollo era tranquillo, ora, aveva ancora mezza giornata e una nottata intera per risolvere il caso. In ufficio chiamò Linsalata a rapporto. “Dunque brigadiere, la ragazza, la Filomena, fa le pulizie dal parroco, cioè dal morto…si insomma dal de cuius, poi presso la famiglia Cacace e infine dal farmacista”, interruppe Lopollo “solo in casa? Solo pulizie domestiche?” “no..no, due volte la settimana fa le pulizie anche presso l’ufficio del dottor Cacace e presso la farmacia”, “benissimo…corri in farmacia e controlla se la quantità di acido prussico dichiarata sul registro veleni della farmacia corrisponde alla realtà…” Aveva bisogno di fumare, mentre frugava nelle sue tasche alla ricerca dell’accendisigari estrasse un foglio spiegazzato…accidenti!!! Accidentaccio!!! Disse fra sé, non l’aveva rimesso a posto col danaro quel foglio…nell’agitazione della scoperta non l’aveva neanche letto…si sedette, lo dispiegò con calma e per un pelo non stramazzò per terra. Si trattava dell’esito di un’analisi clinica…don Vinicio risultava essere sterile come un mulo! Le meningi di Lopollo ripresero immediatamente a carburare. Sicuramente il prete si era sbattuto la popputa Filomena, la quale pensava di incastrarlo fingendosi gravida a causa sua. Ma Filomena era incinta sul serio, quindi il pateracchio si era consumato in un’altra alcova. Lopollo era pronto a scommettere che c’era lo zampino (metaforicamente parlando) di Agostino Cacace.
Il furbo commercialista avrebbe ricattato don Vinicio per mettere le mani sui soldi, il prete, da parte sua, potendo provare di non essere l’autore del pateracchio aveva pensato bene di simulare il furto per mettere fuori gioco i ricattatori e tenersi il gruzzolo. Il ragionamento filava fino a questo punto, poi subentrava l’omicidio. Il prete morto non giovava ai ricattatori, inevitabilmente i sospetti e le circostanze avrebbero portato a loro. Squillò il telefono. “Dimmi Linsalata….cosa? Sei sicuro? Si sono fregati tutto il cianuro della farmacia? Fotocopia il registro, fai firmare una dichiarazione al farmacista e ritorna in ufficio…veloce!!”. Filomena era piuttosto ignorante, anche se avesse saputo cos’era il cianuro non avrebbe potuto rubarlo se non le avessero detto che doveva cercare una boccetta con la scritta acido cianidrico e la sigla HCN. Era stata istruita a dovere.
Si attaccò al telefono “Linsalata, dove sei? Bene, fai una deviazione, vai a casa di Filomena e portamela qua subito!”. Linsalata trovò Filomena impiccata al gancio del lampadario, sul tavolo un biglietto scritto a matita:”chiedo perdono per i miei peccati, chi ha tradito ha pagato. Amen”. Appena Lopollo lo lesse esaminò gli occhi del cadavere e schizzò in macchina, in pochi minuti arrivò all’ufficio di Agostino Cacace. Nonostante l’ora tarda, la porta era aperta, la sala d’aspetto era vuota, bussò due volte.
La scena era orribile, il commercialista giaceva al centro della stanza in un lago di sangue. Era stato avvelenato con un bicchiere di Amaretto di Saronno corretto al cianuro e successivamente evirato. La parte mutilata era stata messa nel bicchiere vuoto. Dopo qualche minuto arrivò Linsalata, ansimando disse ”caspita, quella Filomena ha fatto un macello!!” tossì ripetutamente “meno male che è finita…”. Lopollo lo guardò, “finita un accidente!! “ “Ma scusi brigadiere, la rea confessa si è suicidata…prima si è voluta vendicare di chi l’aveva messa nei guai”. “Linsalata! Sei tu che hai fatto il profilo di Filomena. Avanti…vediamo se lo ricordi..” l’appuntato incredulo alzò gli occhi al cielo “mmmm…Filomena Sdragapede, anni venticinque, altezza un metro e sessanta, capelli castano chiari, occhi marroni, segni particolari nessuno…tranne una fortissima miopia roba da dieci decimi, praticamente senza lenti è quasi cieca” “Appunto” disse Lopollo battendo il pugno sul tavolo. “Dimmi appuntato, come fa una semicieca a suicidarsi in quel modo dopo aver scritto un biglietto? Filomena portava lenti a contatto, senza le quali non avrebbe potuto fare granchè… sul suo cadavere non ci sono lenti a contatto e sulla scena del suicidio non ci sono neanche dei dannati occhiali da vista…” Linsalata trasecolò “brigadiere! Ma allora qui abbiamo un killer!” “Esatto, qualcuno ha ammazzato tre volte e vuole farci fessi!!”
Il brodo era buono, caldo, profumava di casa, di serenità. Porzia lo guardava mangiare compiaciuta. “Che mondo orrendo! Quanta cattiveria! Ma caro, ci pensi alla povera moglie di Cacace?” Lopollo saltò dalla sedia, il brodo gli era andato di traverso, tossiva, era paonazzo. Tornò di corsa nell’ufficio del commercialista da cui si era momentaneamente assentato per rifocillarsi. “Avete informato la moglie?”chiese all’appuntato, “No brigadiere, non è in casa…pare sia da ieri ad un convegno sindacale, all’hotel La Baia, sul litorale a circa centocinquanta chilometri da qui. Stavo per andarci io, ora” “lascia stare Linsalata, è compito mio..
Ippolita Splendente, ormai vedova Cacace, sedeva con un bicchiere in mano su un dondolo da giardino, in un angolo poco illuminato del parco dell’hotel. Lopollo le andò incontro deciso a giocarsi tutto per tutto. “Buonasera signora, brigadiere Lopollo” “Si?...è successo qualcosa?” “No…non è accaduto nulla..”, la donna non riuscì a trattenere una smorfia d’imbarazzo, continuò il brigadiere “Nulla che lei non sappia già…” gli occhi rivelavano un’angoscia incipiente “Ah!! Vuol dire del povero don Vinicio, si è saputo anche qui..” “Già del mulo don Vinicio, della talpa Filomena e del cappone Agostino…” il silenzio era quasi solido, la signora si raschiò la voce “Non capisco, che sta dicendo?”, si sedette davanti a lei e guardandola negli occhi disse “Lei non era al corrente che Filomena senza lenti non ci vedeva per niente, lei non poteva sapere che don Vinicio era sterile, lei ha dovuto uccidere il prete perché la vendetta di Filomena doveva colpire i suoi due amanti, una messa in scena che avrebbe spiegato l’altro delitto e il suicidio”, la donna era pallida, lo sguardo era freddo ”Mma..” balbettò, “ No..mi lasci finire, la prego. Quando lei ha scoperto che l’interesse di suo marito non riguardava solo i cinquantamila euro ma anche la risoluzione del pateracchio di Filomena, ha deciso di farla pagare a suo marito, all’amante e al compare in clergyman.”. Improvvisamente la sua calma si ruppe “ Uno squallido terzetto…due porci e una troia…”. Incalzò Lopollo “ mi spieghi come ha fatto a convincere Filomena a rubare il cianuro” “Le ho detto che esisteva un modo, un farmaco, per procurarsi un aborto sicuro a casa propria, lei credeva che io sapessi solo del prete”. Lopollo si accese una sigaretta e fumò in silenzio, a momenti gli sembrava di sentire il battito violento del cuore della donna, poi lei gli sorrise e sorseggiando dal bicchiere disse “ Amen”, Lopollo chiuse gli occhi, il vento girò all’improvviso, sentì un odore di mandorle amare, gli riaprì di colpo, la donna giaceva riversa sul dondolo. Era la prima volta che fra tanti morti non riusciva a trovare una vittima. “Clienti dell’inferno”, bisbigliò allontanandosi.
Fine

venerdì 16 maggio 2008

NON TUTTI I SANTI FINISCONO IN PARADISO Terza Puntata


Prima di andar via, il brigadiere fece un giro nel cortile della canonica. Lungo il vialetto che conduceva alla porticina della sacrestia non c’erano tracce apparenti. Provò ad aprire la porta ma era chiusa, la maniglia era stranamente imbrattata di qualcosa, c’erano attaccati piccoli frammenti simili ad un guscio d’uovo. Guardò fra l’erba cresciuta lungo il battente e intravide i resti di una lumaca schiacciata. Ma certo! La lumaca era attaccata alla parte interna della maniglia, qualcuno aprendo la porta l’aveva involontariamente schiacciata con la mano, quella porta era stata aperta molto di recente. Lopollo aveva bisogno di schiarirsi le idee, la faccenda si stava sviluppando diversamente rispetto alle sue supposizioni. Ritornò in ufficio dove apprese che non c’era nulla di rilevante nei tabulati telefonici dei coniugi Cacace. Mentre, seduto alla scrivania, pensava e ipotizzava udì una voce squillante “Appuntato Linsalata, comandi brigadiere!” “Cosa c’è adesso?” “Il signor capitano mi ha comandato di affiancarla” “Ah! Il capitano ritiene che abbia bisogno di un supporto…” “Veramente non ha parlato di supporto…ha detto contorno” “Contorno?” “Sissignore, ha detto che per Lopollo ci vuole Linsalata, come contorno….e si è messo a ridere”, Lopollo scattò in piedi irritato, l’appuntato continuò “Dice anche, il signor capitano, che se non vede risultati fra un paio di giorni aggiungerà alla squadra Delvino e Panebianco….”, il brigadiere era furibondo “Basta così, si procuri i tabulati telefonici e i movimenti bancari di don Vinicio Gaudioso e li analizzi tutti”. Bisognava rintracciare la nipote della perpetua senza altri indugi, mentre si accingeva a entrare in macchina squillò il cellulare “Pronto Lopopolo!” “Comandi signor maggiore” “Ascolti…il vescovo è mio amico personale e stamani parlando del più e del meno mi ha detto di aver ricevuto una richiesta da don Vinicio, una specie di licenza, dice che vuole andare in ritiro spirituale per una settimana….Ha capito? Lopopolo sveglia!! Chiarisca questa cosa…” “Mi metto subito al lavoro, grazie…”.
Filomena Sdragapede aveva vent’anni, una bella ragazza che parlava poco, in mezz’ora di conversazione Lopollo era riuscito solo a farsi rispondere in modo preciso ma troppo sintetico, “Signorina abbia pazienza, le ho detto che queste domande sono la prassi normale in questi casi…lo so ..magari le sto facendo perdere tempo e intanto c’è un bel giovanotto che la sta aspettando..” la giovane arrossì violentemente e bisbigliò “No.. no ..che dice? Non c’è nessuno”, cominciò a sudare e il rossore si trasformò in un colorito terreo, ansimando disse “Non mi sento bene…devo vomitare..” prontamente il brigadiere l’accompagnò in bagno e disse alla zia Carmela di assisterla, ritornò in sala da pranzo e attese. Sul tavolo, la borsetta della giovane era un invito troppo forte. L’aprì, nel portamonete quattro banconote nuove di zecca da cinquecento euro, in fondo alla borsa una scatola. Era un test di gravidanza usato e il responso era positivo. Lopollo rimise tutto in ordine e andò via.
In auto fece qualche telefonata: “Pronto.. sono Lopollo mi passi Linsalata…”questa storia dei cognomi lo irritava moltissimo ”Ascolta, voglio sapere tutto su Filomena Sdragapede e don Vinicio Gaudioso, mettiti subito al lavoro..” Si accese una sigaretta e compose il numero di casa “Porzia…ciao, sono in giro per lavoro, non so se riesco a passare per pranzo…una bella insalata? Vedrò, ma non aspettarmi..” A quell’ora la chiesa era chiusa così passò dalla casa del sacrestano, il quale fu felicissimo di consegnare le chiavi al brigadiere pur di finire in pace la sua pasta e cavoli. Lopollo si sedette su una panca e mentre si guardava intorno pensava che forse i suoi sospetti erano eccessivi, che forse avrebbe dovuto continuare a indagare a largo raggio piuttosto che seguire subito una pista precisa. Effettivamente pensare ad una tresca tra il parroco e la nipote della perpetua e a una simulazione di furto operata dai due amanti era un po’ grossa e non c’erano, al momento, prove tangibili. Decise di dedicare a questa pista il resto della giornata e se non fosse emerso niente di particolare, il giorno dopo avrebbe ripreso a indagare su altre ipotesi. S’alzò per dirigersi in sacrestia, percorse qualche metro lungo la navata laterale quando scorse sul pavimento una figurina, un’immaginetta devozionale ai piedi del confessionale. La raccolse, ebbe un fremito.. era santa Filomena, una vecchia immaginetta sgualcita. Immobile, la fissava e mentre la fissava sentiva uno strano odore, amaretto, no mandorle amare… di scatto si girò di lato e aprì la tendina del confessionale. Don Vinicio vi giaceva seduto, morto stecchito, nelle mani un libro di orazioni, le labbra livide erano dischiuse, l’odore si fece più intenso, era acido prussico.
Continua

mercoledì 14 maggio 2008

NON TUTTI I SANTI FINISCONO IN PARADISO Seconda Puntata


Giunto in ufficio, Lopollo organizzò il lavoro di controllo dei tabulati telefonici di don Vinicio e della coppia Cacace. Poco dopo giunse la convocazione del maggiore comandante. “Venga, venga…Lopopolo, ha già pranzato?” “Lopollo, signor maggiore” “Ah!! Bene, e com’era al forno o allo spiedo?” “Cosa?” “Il pollo…mi ha appena detto che ha mangiato del pollo..” “No, mi scusi, non ho mangiato del pollo, è che io” “Ho capito, ho capito”interruppe il maggiore “c’è un bel pollo a casa sua che l’aspetta, va bene sarò breve…mi parli dell’indagine”. A questo punto gli sembrò inutile proseguire nel chiarimento dell’equivoco e preferì fare un conciso rapporto della situazione. “Bene, Lopopolo , prosegua nei controlli e mi tenga al corrente. Può andare, vada a spazzolarsi il suo bel pollo!!Ahahah!” “Grazie signore, ma vorrei precisare che io mi chiamo Lopollo e non Lopopolo”, il maggiore lo fissò per un attimo “Mi dica…per caso lei è parente del maresciallo Laquaglia?” il brigadiere stupefatto “Nno..no signore” “E del capitano Fagiano?” “No…neanche”, il maggiore si alzò “Bene, bravo, si accomodi e mi tenga al corrente….si ricordi che io apprezzo molto l’humour….bravo Lopopolo, bravo!”. Rientrando in ufficio, il brigadiere rimuginava nervosamente l’assurda conversazione col maggiore, pensava che le sue possibilità di carriera erano praticamente nulle con un superiore che non conosceva neanche il suo nome.
Dai tabulati telefonici emerse un primo dato interessante, l’impiegata postale chiamò il marito dopo aver consegnato il denaro al prete. Ora bisognava concentrare l’attenzione sul marito, il commercialista. Egli era a casa dello zio quando arrivò don Vinicio per l’estrema unzione quindi il furto era stato commesso da un altro, un complice. Era necessario individuare tutti i numeri chiamati da Cacace dopo la telefonata della moglie. A proposito di moglie, era ora di chiamare la sua Porzia, “Cara sono in ufficio…sì, cosa c’è di buono oggi? Cosa? Pollo allo spiedo….sì, caspita…no, purtroppo non ce la faccio, mangerò un panino…ci vediamo stasera”.
“Mi dica, dottor Cacace, cos’è accaduto a suo zio per spingerla a chiamare don Vinicio”, lo studio di Agostino Cacace era molto elegante, “Brigadiere, cosa vuole che le dica…era cianotico, nonostante gli avessi messo la mascherina d’ossigeno, mi sono spaventato…anche l’infermiera che lo assiste continuamente era molto preoccupata”, “Cosa pensa del furto?” “Che è stata una porcata, accidenti cinquantamila euro, roba da mangiarsi le orecchie…” “Vada avanti…mi dica tutto” “Caspita brigadiere…ha scoperto il nostro piccolo accordo…complimenti”, Lopollo abbozzò, temendo di scoprire la sua totale sorpresa “Avanti, forza!”, Cacace giocherellava con la penna fissando il pavimento “Ecco…come sa sono titolare di una piccola finanziaria, la “Maxicoppon”, e stavo convincendo don Vinicio ad investire da me la sommetta in questione, piuttosto che depositarla in banca”, “Quindi avevate un accordo…” “Non proprio…diciamo che don Vinicio non mi aveva detto di no, che ci stava pensando”, incalzò Lopollo “Solo che quella mattina era il momento decisivo, don Vinicio aveva ritirato il denaro” “Esatto, fu mia moglie ad avvisarmi, non c’era un minuto da perdere…” “Così pensò di utilizzare suo zio per poter immediatamente convincere il prete”, Cacace annuì e sussurrò “Quel fetente mi ha detto di no…”
La canonica era alle spalle della chiesa, un piccolo appartamento con un cortile interno, da quel cortile era possibile accedere alla sacrestia attraverso una piccola porta in ferro. La perpetua di don Vinicio si chiamava Carmela, aveva circa settant’anni e zoppicava per l’artrosi: “No maresciallo, io non so niente…” “Brigadiere, prego” e la donna preoccupata ”Mi scusi tanto, maresciallo brigadiere, io sono ignorante …comunque quel giorno io non c’ero, la mattina sono andata dal callista e il resto della giornata a casa mia a bestemmiare il callista.. Dovete sapere che i callisti bravi non esistono più….ora trovi solo gli strizzacipolle, fanno male assai e sono cari assai. Ma io nacqui con questo destino: i piedi dovevano fare una cattiva riuscita” “Ho capito, quella giornata don Vinicio è rimasto solo” “Solo? Chi l’ha detto?” rispose sbigottita ”In tanti anni di servizio..MAI il mio parroco è rimasto solo…MAI…se lo ricordi …quando Carmela non può, Carmela provvede.. sempre !!” Lopollo si spazientì “E allora? Avanti..come ha provveduto?” “Mia nipote, mia nipote ci mandai a pulire e a cucinare, come faccio sempre quando non posso…E’ brava ma nipote!! Rispettosa e ubbidiente…la mia bella Filomena!!” Lopollo ebbe un sussulto e impallidì.
Continua.

lunedì 12 maggio 2008

NON TUTTI I SANTI FINISCONO IN PARADISO Prima Puntata


“Comandi, signor Capitano”, appena fuori dall’ufficio il suo volto si illuminò di un sorriso esagerato, gli avevano assegnato il suo primo caso. Fino ad allora il brigadiere Lopollo aveva svolto mansioni varie in ufficio e sulle volanti, questo era il suo primo lavoro investigativo di cui sarebbe stato unico responsabile. Nella parrocchia di don Vinicio erano stati rubati circa cinquantamila euro, raccolti per il restauro del campanile. Il denaro era stato appena ritirato dall’ufficio postale, dove erano confluite le donazioni, per essere depositato in banca. Il fatto criminoso era avvenuto durante l’assenza di un’ora del parroco, chiamato urgentemente al capezzale di un moribondo. Prima di uscire, don Vinicio aveva pensato di nascondere la somma sotto una vecchia statua di Santa Filomena che giaceva da decenni in un angolo polveroso della sacrestia. Sotto la base della statua lignea c’era un incavo che, in origine, ospitava una reliquia della Santa. Nessuno sapeva dell’esistenza di quel nascondiglio, lo stesso don Vinicio lo aveva scoperto casualmente l’anno prima quando si era preso la briga di pulire personalmente la statua dalla polvere e dalle ragnatele che l’avvolgevano. La faccenda si presentava ingarbugliata, quella mattina non era stato visto nessuno entrare in sacrestia, molte bizzoche presenti in chiesa erano pronte a giurarlo. Così come nessuno era al corrente del fatto che don Vinicio avesse ritirato il denaro dall’ufficio postale. Ma non proprio nessuno, pensava Lopollo mentre si accingeva ad aggredire un piatto fumante di pasta e ceci. Dopo i due primi bocconi, un senso di profondo piacere andava colmando il suo corpo, il dolce legume e il sapido aroma dell’olio extravergine crudo gli rammentavano la giovinezza e i profumati baci di quella ragazza del paese che per prima lo aveva stregato. Dopo un bicchiere di Nero di Troia e uno sguardo compiaciuto ai fianchi torniti e alle caviglie sottili della moglie, intenta a spiattellare, riprese il ragionamento: ci sono almeno altre cinque o sei persone che erano al corrente del prelevamento, tutti gli impiegati postali. Lo stretto lasso di tempo fra il prelevamento e il furto faceva escludere, almeno per ora, ad una notizia trapelata per pettegolezzo o semplice ingenuità, mentre faceva seriamente pensare ad un’informazione passata all’esterno con scopi poco puliti. Un impiegato “basista” che informa subito il ladro, il quale agisce immediatamente, appena se ne presenta l’opportunità. Soddisfatto della brillante razionalità dell’ipotesi, Lopollo decise di verificarla subito dopo un colloquio col parroco.
Don Vinicio Gaudioso aveva circa trentacinque anni, di bell’aspetto, indossava sempre un clergyman elegante e inforcava occhiali da vista griffati; sportivo, era appassionato del mare e durante buona parte dell’anno sfoggiava un’abbronzatura invidiabile. “Finalmente..brigadiere. L’aspettavo…fra un’ora ho il catechismo”. “Non si preoccupi…devo solo rivolgerle poche domande”. Il parroco era stranamente nervoso, sudaticcio, non profumava come al solito di eau de toilette di marca. “Don Vinicio, si ricorda chi era l’impiegato postale che lo ha servito?” “Sì certo, la signora Ippolita Splendente, impiegata gentile e brava parrocchiana, grazie a lei l’operazione è stata rapida, considerando che non avevo preavvisato”, mentre parlava si asciugava la fronte con un fazzoletto immacolato, in un angolo le cifre GV finemente ricamate. Lopollo diresse lo sguardo sulle mani bianche e delicate del prete e aggiunse “Mi dica del moribondo, chi era?” “Il ragionier Tartaglia, un uomo buono, un vero cristiano”, “Pace all’anima sua” sussurrò Lopollo, “Macchè…il cristiano è ancora vivo, non fu lui a chiedere di me…ma il nipote…credeva che lo zio fosse lì per spirare” “…Umm, il nipote…lo conosce lei ?” “Ma certo….Agostino…Agostino Cacace, il commercialista, celebrai il suo matrimonio tre anni fa, ero appena arrivato in parrocchia, fu una bellissima cerimonia…proprio di questo si parlò mentre ero allo sportello”, Lopollo ebbe un guizzo, la fronte si aggrottò e con lo sguardo fisso disse “Lei ieri parlò del matrimonio di Cacace con l’impiegata postale?” don Vinicio, sorridendo rispose “L’impiegata postale è la moglie di Cacace!! La signora Ippolita Splendente in Cacace..”. Il brigadiere non rispose, i suoi occhi scavalcarono la testa impomatata di gel del prete e si fermarono sulla statua in fondo. Gli occhi leggermente scheggiati di Santa Filomena pareva restituissero lo sguardo, da quando era stata declassata e non più venerata come santa mai nessuno l’aveva più presa in considerazione, mai più candele né fiori né suppliche imploranti. A volte solo una lieve folata d’incenso, catturata dalle correnti d’aria che si formavano fra la chiesa e la sacrestia. Lopollo pensò: anche le icone decadono per una necessità superiore, come l’uomo. Salutò il prete e guadagnò l’uscita. Ora sapeva cosa fare.
Continua.

sabato 10 maggio 2008

CARMELO BENE - Majakovskij ,Suicidio di un Poeta

COL POETA MUORE LA POESIA

MARIA CALLAS - Ponchielli, La Gioconda - Suicidio

FARLA FINITA IN MODO PLATEALE

INCONTRI COL SUICIDIO


“In quell’isoletta del Mediterraneo , assai prima dell’alba, sul sentiero che mi portava verso la parte più scoscesa della scogliera, facevo qualche riflessione da portinaio in vacanza: se quella villa fosse mia la dipingerei color ocra, farei mettere un altro steccato, ecc. Nonostante la mia idea, mi aggrappavo alle inezie: contemplavo le agavi, bighellonavo, eludevo con qualche digressione l’urgenza del mio proposito. Un cane si mise ad abbaiare, poi mi fece festa e mi seguì. Nessuno, che non l’abbia provato, può immaginare il conforto che vi dà un animale quando viene a tenervi compagnia, se gli dei vi hanno voltato le spalle.”
Queste parole di E.M.Cioran sono maledettamente vere. E chiunque abbia frequentato quella categoria di pensiero attinente all’inutilità della vita e alla necessità del suicidio, lo può capire.
Pensare di essere in grado di uccidersi, di poter liberamente disporre dell’atto autodistruttivo è, sotto molti aspetti, confortante. L’idea di poter agire in questa prospettiva in qualsiasi momento infonde un senso di pace, di serenità: è il sapere di avere la soluzione sotto mano, sempre a disposizione. Anzi, verrebbe da pensare che se non si avesse quest’idea ci si ammazzerebbe subito…L’esistenza sarebbe veramente insopportabile. Accade anche di essere coinvolti in particolari momenti in cui il desiderio del suicidio è fortissimo e istantaneo, come quando ci si è lasciati trascinare ad un concerto Heavy Metal o siamo stati invitati a mangiare da McDonalds. Ma non bisogna mai cedere a questi impulsi, l’autentico aspirante suicida deve riflettere e soppesare, deve crogiolarsi nell’idea, poter assaporare quei rari momenti in cui è possibile essere soli e in cui la vita ci sembra abbia un senso. Agire d’istinto è pericoloso, può significare farla finita indossando una maglietta Dolce & Gabbana e allora il nostro gesto apparirebbe ovvio, quasi obbligato. Oppure cosa penserebbe la gente se qualche ora prima avessimo acquistato una ricarica di 50 euro per il cellulare o una confezione famiglia di profilattici? Quello che è un gesto morale diverrebbe squallida testimonianza dell’alienazione telefonica o addirittura ultimo gesto di un impotente cronico.
Si potrebbe obiettare che ad un serio aspirante suicida importa ben poco quel che accadrà e che si dirà dopo. Sarebbe così se nessuno si occupasse della nostra prematura dipartita, invece saranno in molti a parlarne e a trasformare un atto privato in un pubblico evento. Naturalmente molto dipende dalla tecnica che si è deciso di adottare per uccidersi. Infilare le mani in un tostapane immersi nella vasca da bagno o fare harakiri mentre si precipita dal dodicesimo piano non passeranno certo inosservati. Bisogna evitare gesti plateali ed essere molto discreti, c’è chi ha scelto la visione nostop di tutte le puntate di Beautiful, chi si è nutrito per un mese esclusivamente di uovo Kinder, chi ha mangiato per una settimana solo ricette de La Gazzetta Del Mezzogiorno, chi ha preferito ascoltare nostop l’opera omnia di Riccardo Cocciante, chi si è rinchiuso in una scarpiera piena di Adidas usate. Originale il caso di colui che volle farla finita mangiando solo pollo Amadori, non è morto ma ha cambiato sesso.
Fare attenzione all’abbigliamento, predisporre un sobrio abito scuro è la cosa migliore, finire nella bara in bermuda arancioni e maglietta pubblicitaria “Pizzeria da Gianni” non è dignitoso.
Una raccomandazione importante, bisogna evitare di lasciare lettere e biglietti d’addio, rate insolute, conti non saldati dal pizzicagnolo, filmetti piccanti, appuntamenti dal callista.
La nostra dipartita, se deve essere perfetta, non deve lasciare strascichi né incombenze varie: tutto deve essere a posto e sistemato. Se dovesse avanzare del denaro convertitelo in travel check, l’ultimo viaggio potrebbe essere lungo e scoprire alla fine di essere finiti al cospetto di Allah con in tasca un panino di mortadella sarebbe molto imbarazzante.

venerdì 9 maggio 2008

MARCO TULLIO GIORDANA - I Cento Passi

IL CORAGGIO DI UN UOMO

IN MEMORIA DI PEPPINO IMPASTATO


Nella notte fra l’8 e il 9 Maggio 1978 fu barbaramente massacrato Peppino Impastato. Per quest’omicidio sono stati condannati, fra il 2001 e il 2002, i mafiosi Tano Badalamenti e Vito Palazzolo. Il primo all’ergastolo, il secondo a 30 anni di reclusione. Perché giustizia fosse fatta (giacchè il caso era stato archiviato ben due volte) furono necessarie le proteste e una petizione popolare. Inquirenti e magistratura, in quella circostanza, diedero prova che i sospetti della loro collusione con la mafia non erano affatto infondati. Peppino Impastato, con la sua breve vita e con la sua tragica morte, rappresenta un esempio grandissimo di coraggio e di impegno civile. Dalle antenne di una piccola radio locale egli ha sfidato apertamente la mafia e il suo sistema di potere, attraverso la parola e l’informazione libera ha avuto il coraggio di colpire e delegittimare una società basata sul terrore e sugli affari sporchi. Peppino Impastato è un eroe e un esempio. Se fosse possibile fare una graduatoria dei martiri che si sono battuti contro la mafia, egli sarebbe al primo posto; poiché Impastato non era un magistrato né un poliziotto, non aveva compiti istituzionali da svolgere né giuramenti da osservare, non era un servitore dello Stato. Eppure, se non fosse per il film “I Cento Passi”, la sua storia e il suo coraggio sarebbero sconosciuti alla maggioranza degli italiani. In questi giorni sono pochi coloro che lo hanno ricordato, abbondano, invece, le celebrazioni dell’anniversario dell’omicidio di Aldo Moro. Non ha senso paragonare due eventi così tragici (accaduti quasi contemporaneamente), ma evidentemente si preferisce dibattere sui misteri ancora irrisolti dell’”affaire Moro” piuttosto che far conoscere la verità di omissioni e complicità che investono la magistratura siciliana impegnata nelle indagini sulla morte di Peppino Impastato. Una magistratura collusa e funzionale al sistema mafioso che non è stata mai portata allo scoperto e per la quale mai nessuno ha pagato. La vicenda di Peppino Impastato ci ricorda che esiste una macchia incancellabile sulla magistratura siciliana che il sacrificio di molti giudici onesti non potrà mai riscattare fino in fondo. Un’altra grande lezione ci giunge da quella tragica notte di trent’anni fa: la mafia, l’ingiustizia, la prevaricazione, si combattono giorno per giorno nella vita quotidiana di ognuno di noi, rifiutando omertà e compromessi, comportandosi come uomini liberi.

giovedì 8 maggio 2008

JERRY LEWIS - Does the Dishes

UN ALTRO PEZZO DI GENIO

DEAN MARTIN/JERRY LEWIS - That's Amore'

FASCINO ITALIANO

JERRY LEWIS -The Ladies Man

LA DONNA CACCIATRICE

APPUNTAMENTI MANCATI


Appuntamenti mancati
Treni sbagliati
Relazioni finite
Notti infinite.
Il domani si dissolve
in impalpabile incertezza,
come leggera brezza
che asciuga la fronte
incisa dai rimpianti
e invecchiata da odiosi ricordi.
Siamo quello che non vorremmo.
Camminiamo per inerzia su una strada
che non è più quella prescelta.
Il silenzio del mattino,
rotto dai primi cinguettii,
ha in sé la risposta.
Ma il ricordo della notte,
frastornata, umida d’angoscia,
e di desideri mai assopiti
ha calato un velo sulla coscienza.
Così, nudi di noi stessi,
ci adattiamo a vivere
una vita che non ci appartiene.

martedì 6 maggio 2008

DR HOUSE - Ha un parassita..

CINICO,GENIALE,RISOLUTIVO

FENOMENOLOGIA DEL DR. HOUSE





E’ stato detto e scritto che il successo planetario del serial televisivo Dr. House M.D. è dovuto essenzialmente alla trovata degli autori di creare un personaggio che riunisse due figure centrali dell’immaginario dell’entertainment televisivo (il medico brillante e l’investigatore geniale) in una dimensione completamente nuova. Il medico-investigatore infatti, non è per niente nuovo al mondo della fiction televisiva, nuova è invece la dimensione in cui opera House: non il mondo del crimine ma la stessa scienza medica. Il male che combatte il protagonista è la malattia nascosta, forme rare e subdole di patologie difficilmente diagnosticabili. All’apparenza le analogie fra House e Holmes sono tante e piuttosto evidenti: carattere estremamente introverso, modo di fare poco ortodosso, assuefazione ad un farmaco oppiaceo, un assistente di nome Wilson (Watson), un’ostinazione e una determinazione senza limiti nella ricerca del male, segni evidenti di una sofferenza fisica ma soprattutto morale nei confronti della vita, costantemente minacciata dalla malvagità della malattia.
Sotto questo aspetto House è estremamente attuale, la sua figura è perfettamente funzionale all’ideologia dominante nella società contemporanea: la salute, l’efficienza fisica, è il Bene, la malattia, la sofferenza fisica, è il Male. La patologia non è un mero incidente biologico, un inaspettato evento che interrompe il normale ciclo fisiologico del nostro corpo: essa è un segno del Male, essa rappresenta il Maligno che irrompe nella nostra vita allo scopo di distruggerla. Ogni volta House è impegnato in un estenuante duello contro un avversario subdolo, il quale fa di tutto per non essere scoperto. La malattia è quasi personificata, pare abbia un’identità e una coscienza, un disegno preciso, una volontà distruttiva; nel racconto filmico la malattia è un’entità.
Questa particolare caratteristica della fiction fa scivolare la figura del protagonista dall’intenzionale dimensione di nuovo Holmes verso un’altra figura dell’immaginario letterario e cinematografico: il mad doctor, lo scienziato pazzo e geniale che pretende di modificare le eterne leggi della natura.
Dal Golem del rabbino Loew all’Homunculus di Paracelso (narrato da Goethe nel Secondo Faust); dal Frankenstein di Mary Shelley al Dottor Jeckill di Stevenson; per non parlare poi dei vari Dottor Mabuse e Dottor Caligari del cinema espressionista tedesco. Questi scienziati sono ossessionati dall’eterno dualismo Bene/Male, all’interno del quale è celato il segreto della vita eterna. La loro ambizione è quella di svelare gli arcani che regolano la Vita attraverso la scienza e il loro intelletto.
Nella letteratura e nel cinema il mad doctor lavora per sostituirsi al Creatore, varcando il confine della Scienza per precipitare nel Mistero, a due passi dall’Inferno.
House, con l’inseparabile bastone che si trasfigura in una sorta di bacchetta magica o di bastone della Vita (di biblica memoria), incarna la figura del mad doctor contemporaneo. Egli agisce al di sopra della congregazione medica (infatti non ne porta il segno: il camice bianco), egli è lo sciamano della nuova religione: la Scienza. I mezzi sofisticatissimi della scienza moderna (che ricordano la macchina di Frankenstein) vengono impiegati da lui per scandagliare il corpo del paziente in cui si annida il perfido Male, la sua ferrea volontà (spesso osteggiata e ostacolata) punta dritto allo scopo: dare nuova Vita ad una persona misteriosamente ridotta a non avere più alcuna speranza né alcuna dignità.
Il mad doctor del XXI secolo non ha più bisogno di cimentarsi col Trascendente, il Maligno è la malattia e il Bene è la salute. Stretto osservante dell’ideologia dominante, House restituisce alla società uomini e donne che rischiavano la perdizione della patologia grave, gente destinata alla morte o alla menomazione. I suoi pazienti sono dei novelli Lazzaro e lui è il grande Taumaturgo.
Il grande successo della fiction consiste nel fatto che tutto quello che viene raccontato è assolutamente plausibile e realistico, la fantasia e l’iperbole sono completamente bandite e per lo spettatore è facilissimo immedesimarsi nei personaggi e nelle storie. Rimane il protagonista, House, nel quale è impossibile immedesimarsi, lo si può solo amare e ammirare: House è il prototipo contemporaneo dell’Oltreuomo (non Superuomo) di Nietsche. Una suprema evoluzione di coscienza e conoscenza che cambierà il destino dell’umanità.
Nella pausa gradite un po’ di pubblicità, ma non cambiate canale.

lunedì 5 maggio 2008

ORAL SEX

LA MIOPIA E' UNA GRAVE MALATTIA

Il Buongiorno Si Vede Dal Mattino

NON E' SEMPRE UN BUONGIORNO

Zombies walk

POST COENA...DEAMBULARE

GIANCARLO GIANNINI - Edgar Allan Poe - La maschera della Morte Rossa

EPIDEMIE METAFORICHE